5 febbraio 2023

L'arte, il materiale più duraturo nell'edilizia

Scriveva Giò Ponti che il materiale più duraturo nell'edilizia non è il legno, o il cemento, né il mattone o il vetro, ma l'arte.

Mettete dell'arte negli edifici ed essi dureranno per sempre.

E se lo diceva l'uomo che ha costruito il più alto grattacielo in calcestruzzo del mondo, il Pirellone, beh direi che dobbiamo almeno prenderci la briga di chiederci perché.

Qualche sera fa ho partecipato alla inaugurazione di una mostra di arte contemporanea all'interno di uno dei più grandi studi di ingegneria milanesi, e questa mi è parsa da subito la prima risposta a quella apparente contraddizione che associava l'arte contemporanea alla ingegnerizzazione delle architetture. Contraddizione perché abbiamo la netta impressione che la tecnologia e l'evoluzione dei materiali stia progressivamente sostituendo l'estro creativo, con una decisa omologazione di tutte le nuove costruzioni che sono molto più legate al risparmio e alla efficienza che non alla bellezza.

Per la verità l'arte ormai tende a mescolarsi con un po' di tutto, e questo è certamente un bene.

Ma del resto, se ci pensiamo, da quando l'uomo ha iniziato a costruire, ci ha messo arte. Anzi per la verità l'uomo ha usato l'arte ancora prima di costruire: quando ancora abitavamo spelonche e caverne, già sentivamo il bisogno di decorarne le pareti dipingendo animali. Addirittura molto prima di quanto avevano immaginato con i nostri Camuni (la cui rosa è simbolo della Lombardia) o con le grotte di Lescaux: sull'isola di Sulawesi è stato trovato un cinghiale dipinto 45.000 anni fa, cosa che rende l'arte spaventosamente antica, e che soprattutto ci conferma che la necessità di abitare dell'uomo ha sempre coinciso con la sua necessità di decorare i luoghi in cui si riparava dai pericoli della natura.

Poi l'uomo uscì dalle caverne, si pose come incredibilmente unico protagonista dentro alla natura e iniziò a disegnare attorno a sé un perimetro nel mondo, all'interno del quale tutto era solo per lui e dove la natura e le sue minacce non dovevano avere spazio: era nata la città, anche se ancora in forma di piccolissimo villaggio.

La città nasce attorno all'uomo e al suo completo servizio, e la storia delle città coincide de facto con la storia della edificabilita' di quelle città. Basti pensare che oltre la metà dei nostri archivi sono archivi di edilizia …la storia di una città è la storia dei suoi palazzi, chiese, case. E che le più grandi città coincidono con le più grandi civiltà, e sono sempre sorte in grandi pianure e vicino all'acqua, perché li si poteva edificare.

E con il progredire della nostra capacità costruttiva è aumentata esponenzialmente la nostra necessità di decorare quelle realizzazioni, fino a concepire come opere d'arte totali delle intere costruzioni: tombe,palazzi, templi, cattedrali …che se sono arrivate fino a noi nei secoli lo devono proprio all'arte, unico "materiale" che possa conferire a un edificio l'obbligo morale della sua conservazione, al punto che le evoluzioni e la tecnologia di secoli dopo vengono utilizzati per preservare ciò che è stato costruito in altri tempi e che ha completamente superato lo scopo per il quale era stato costruito.

A volte addirittura è proprio il cambiamento della "destinazione d'uso" di un edificio a salvarlo dalla rovina: successe a Roma dopo il crollo dell' Impero quando edifici nati per celebrare la gloria della città o dei suoi patrizi vennero trasformati in granai e salvati dall'abbandono. Altri ancora sono invece stati così perfettamente concepiti da essere giunti a noi nonostante i ripetuti tentativi di demolirli: è il caso del Colosseo, che è crollato perché dopo la rovina di Roma uno dei commerci che consentiva ai pochi abitanti rimasti di sopravvivere era quello dei chiodi di metallo che tenevano insieme i blocchi di pietra del gigantesco anfiteatro, e che una volta sfilati per venderli facevano crollare i massi al suolo. Gran parte della Roma imperiale è crollata per pura mancanza di manutenzione: la leggenda nera che vede i barbari Goti invadere e distruggere la Caput Mundi è falsa, i barbari semplicemente svuotarono Roma dei suoi abitanti ed essa collasso' su stessa perché le mancavano le decine di migliaia di operai che la manutenevano giornalmente.

Oggi noi viviamo una serie di contraddizioni non poco singolari: abbiamo raso al suolo la campagna per coltivarla intensivamente tanto che non si trova più un bosco, e però cerchiamo di realizzare dei boschi dentro le città che invece dovrebbero essere destinate solo alle costruzioni; l'edilizia rimane il più importante dei mercati, continuamente sostenuto dalle banche e dai governi, eppure ormai quasi nessuno delle nuove generazioni è in grado di acquistare una casa, e non pare che abbiamo minimamente come pensiero se e quanto le opere che realizziamo saranno destinate a durare.

Per fortuna l'arte sopravvive, e speriamo che ricominci a trovare spazio negli edifici che costruiamo.

(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

Francesco Martelli


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commenti


michele de crecchio

10 febbraio 2023 22:30

Condivido tutto, salvo la tesi che il Colosseo sia andato in rovina per recuperare il (pochissimo) ferro utilizzato per costruirlo. A mio parere il Colosseo fu, in parte, distrutto soprattutto per ricavare calce viva (fondamentale per confezionare malte) dalle pietre calcaree che, in gran parte lo costituivano. Naturalmente la mia osservazione nulla toglie alla correttezza della affermazione di Giò Ponti sapientemente ricordata da Martelli.