L’Intelligenza artificiale tra paure e opportunità
Ormai è un dato di fatto: l’intelligenza Artificiale è realtà, e per realtà non intendo che esiste ma che è alla portata di tutti. Di fatto, una delle caratteristiche di una innovazione tecnologia è che essa esiste non tanto quando viene realizzata ma quando è a disposizione di tutti. Fu così anche per Internet, il cui utilizzo militare al Pentagono era realtà già alle fine degli anni ’70 ma che di fatto “esiste” nella storia dell’umanità solo dagli anni ’90, quando appunto ha iniziato ad essere a disposizione di tutti. E ha radicalmente cambiato la nostra quotidianità non solo nelle abitudini ma perfino nel nostro modo di comportarci e addirittura di pensare.
L’Intelligenza Artificiale è una innovazione di portata epocale almeno quanto lo fu Internet, anzi si potrebbe addirittura affermare che Internet è uno strumento al servizio della AI.
Secondo la Treccani si chiama intelligenza artificiale “quel settore dell'informatica che studia la possibilità di costruire computer che siano in grado di riprodurre il funzionamento di alcune capacità della mente umana o, nel caso della cosiddetta intelligenza artificiale forte, dell'intero pensiero umano”. Fin qui in realtà nulla di particolarmente nuovo, nel senso che sempre nella Storia le innovazioni tecnologiche hanno avuto come semplice unico scopo quello di mutuare, velocizzare e potenziare processi e facoltà umane al fine di rendere possibile all’uomo di far fare ad altri ciò che poteva far da sé o a un massimo grado di realizzare nella realtà quel miracolo che è l’immaginazione umana: la lavatrice lava al posto delle nostre braccia, l’automobile corre al posto delle nostre braccia, la calcolatrice fa i conti al posto delle nostre sinapsi, il tutto ovviamente potenziato e velocizzato.
E da che l’innovazione tecnologica esiste, ha sempre fatto nuovi disoccupati e nuovi occupati: pensate banalmente a come l’arrivo della automobile nei decenni ha mandato in pensione migliaia di vetturini coi loro calessi, oltre a centinaia di artigiani che fabbricavano carrozze, selle e fruste da cavallo. Possiamo forse ignorare il contributo incommensurabile che l’automobile ha portato in termini di progresso e benessere nei decenni a miliardi di persone? Credo proprio di no, anche se oggi sempre si tende a fare dell’auto il nemico pubblico numero uno, a mio avviso con un po' troppo integralismo e anche con un po' di faciloneria. Al netto di qualche estremismo green, tornereste al cavallo al posto della macchina? Non dite di sì perché al netto della idilliaca immagine di vedersi in redingote rossa e mezzo cilindro a cavallo nei parchi cittadini poi tutti pretendiamo che Amazon ci consegni in 24 ore un ammennicolo da pochi euro che arriva magari dall’altra parte dell’Europa. Di fronte alla incombente minaccia della AI ci dimentichiamo con troppa facilità di quanto al tecnologia ha reso straordinariamente comoda la nostra quotidianità e eccezionalmente lunga la nostra vita: bastano un calorifero e un frigorifero per non crepare di polmonite a 20 anni o di colera per un cibo mal conservato.
Certo è vero, ogni innovazione fa paura, perché non ne conosciamo le possibili degenerazioni: quando la TV sbarcò nelle case italiane Padre Pio lanciò una terribile invettiva: “adesso che entra nelle case la Signora ( la TV) verrà cacciata fuori la Regina (la Madonna, riferendosi alla abitudine di dire il rosario tutti assieme nella case di una volta). Ora se puiò sembrare un retrogrado anatema medioevale, la frase del Santo di Pietrelcina in realtà ha molto di vero, perché la TV prima e Internet poi hanno radicalmente modificato la nostra socialità in senso molto più individualistico e molto meno comunitario.
L’Intelligenza Artificiale, in quanto oggetto capace di rielaborare miliardi di informazioni e formulare risposte corrette e immediate non può che spaventare: anzitutto minaccia decine di professioni. Vi serve un dermatologo? Basterà fotografarsi la macchia sulla pelle e in pochi secondi l’AI fornirà diagnosi e cure confrontando nella propria prodigiosa memoria miliardi di diagnosi, immagini e terapie farmacologiche. A che serviranno più i medici? E in effetti, al di là dei timori della stirpe di Ippocrate, a noi pazienti che ormai viviamo una offerta sanitaria sempre più discutibile in fondo l’orizzonte di una macchina che ci da in pochi minuti la diagnosi di una equipe di migliaia di medici in simultanea cos’ tanta paura non ce la fa , anzi…
Pensiamo alla Magistratura, e in Italia Dio sa se abbiamo avuto modo di temere di finire in giudizio con quello che abbiamo visto accadere dentro i Tribunali: quale miglior giudice di una AI che conosce perfettamente ogni legge mai promulgata dall’umanità e perfino ogni sentenza emessa da ogni giudice del Pianeta? Nessun singolo magistrato e nessun medico potrebbe avere tutte queste informazioni assieme.
In un certo senso, soltanto i mestieri umili e quelli pratici si salverebbero, fino a quando non si arrivi addirittura ai robot umanoidi in grado perfino di cucinare e servirci al tavolo.
Un dato oggettivo di partenza però c’è: se alla AI non diamo le informazioni, essa non solo non è in grado di dare risposte ma praticamente non esiste. Ecco perché Internet è uno strumento a servizio della AI: una enorme banca dati liberamente accessibile e consultabile. Messo così, lo scenario si presta alle più paranoiche visioni complottiste, con i giganti del web che influenzano la politica per ottenere le informazioni da somministrare alle loro innovative creature.
Forse che la smania, stabilita per Legge si badi bene, di pubblicare tutto on line non serva ad altro che a fornire dati alle future AI? Forse che la Trasparenza, che nella Pubblica Amministrazione è diventata un mantra ossessionante, altro non sia che una indiretta conseguenza di una mentalità indotta al fine di rendere tutto accessibile on line alle nuove AI? Forse che i miliardi di dollari ed euro che negli ultimissimi tempi sono stati distribuiti a pioggia per finanziare ogni possibile progetto di digitalizzazione non abbiamo quale fine ultimo quello non tanto di rendere accessibili le informazioni a tutti ma di creare un gigantesco data base per le AI? A volerci pensare, la AI già oggi hanno a disposizione miliardi di informazioni che possono rielaborare, ed altri miliardi e miliardi gli stanno quotidianamente venendo fornite dalle digitalizzazione massive dei documenti e dal riversamento on line quotidiano delle più disparate informazioni.
Al netto di fantasiose paranoie, minacce concrete e possibili straordinari contributi al miglioramento delle nostre vite, c’è un dato di fatto oggettivo: la AI ormai è realtà e non si fermerà certo per le nostre perplessità. Vedremo se, come aveva genialmente profetizzato Benedetto XVI, il nostro progredire etico e culturale starà al passo del nostro progresso tecnologico o ne verrà inghiottito.
(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti
Matteo
4 luglio 2023 08:21
Come tanti anche il Professore secondo me sbaglia mira: la questione centrale non sono le informazioni o le procedure, ma i modelli di autoapprendimento che queste alimentano.
Inoltre una parte consistente della partita si giocherà in campo filosofico, almeno fino a quando non riusciremo a definire con precisione scientifica i perimetri della coscienza di sé.
Martelli
4 luglio 2023 10:07
Caro Matteo, non è che "sbaglio mira" è che in un editoriale non si possono affrontare tutti gli aspetti di una questione così complessa. Io mi sono soffermato sull'aspetto che impatta maggiormente il mio mestiere.
Matteo
5 luglio 2023 06:27
Gentile Martelli, mi riferivo al nocciolo del discorso che, provo a spiegare diversamente, riguarda le capacità adattive del software, non alle capacità meramente analitiche e procedurali.
Il fatto che noi siamo rilevanti per le informazioni che portiamo è un dato storico oggettivo, che queste informazioni da più di un ventennio vengano raccolte, analizzate e utilizzate è consolidato, la novità a cui guardare è la diversa potenzialità di queste: con la AI non vale più solo il dato in sé, ma la capacità di inter-leggerlo nelle sue connessioni con altri dati, capire il sistema e fare “deduzioni”. Spero trovi stimolante questo punto di vista, così da leggerla nuovamente su questi temi. Grazie