8 maggio 2021

La bellezza, in una città creativa, è una ricompensa

Mi permetto di intervenire sulle importanti tematiche urbanistiche sviluppate da Marco Ermentini e su quelle culturali sollevate da Angela Alessi, che condivido. Le problematiche evidenziate per la città di Cremona e Crema, purtroppo stanno diventando un paradigma di molte altre realtà, con qualche eccezione per fortuna. Abitando, lavorando o passeggiando da turista qual è l'atmosfera, la qualità e gli stili di vita che incontriamo negli spazi pubblici? Come interagiscono le persone quando frequentano, con le loro pratiche sociali, i luoghi collettivi?

Le attività si rendono possibili se le condizioni ambientali sono favorevoli, gli spazi sono piacevoli e attrezzati, se rispondono alle nostre aspettative. Quando lo spazio pubblico risulta di qualità scadente esso finisce per ospitare solamente le attività necessarie. E' evidente che gli spazi urbani pubblici di cattiva qualità non incoraggiano che il minimo di attività necessarie; le persone hanno fretta di andarsene altrove, e il luogo urbano tende sempre più a scadere ambientalmente. Il nuovo tentativo (tendenza) per rianimare i centri storici delle città, è il caso anche per Cremona, è quello di creare momenti d'incontro di urbanesimo festivo che valorizzano alcuni luoghi del centro storico, creando condizioni di ritrovo tra i cittadini e gli artisti. Con questi esperimenti si cerca di riflettere in termini di atmosfera, si lavora sull'approccio immateriale dell'evento, e le operazioni di animazione possono per qualche istante trasfigurare la realtà urbana. L'effimero sembra diventato uno strumento per una società in crisi e in cerca di identità.

L'attuale incertezza di queste operazioni effimere riguarda uno sfasamento tra l'attenzione portata per quegli eventi che creano situazioni favorevoli di incontro e di svago, ma che tuttavia generano un pregiudizio per le altre funzioni più necessarie che richiedono interventi permanenti di riqualificazione urbana. Allo stesso modo l'utilizzo e la valorizzazione degli spazi pubblici centrali che permettono agevolmente, per la loro bellezza architettonica, di essere investiti da eventi, va a discapito di altri luoghi periferici meno pregiati.

La città creativa non deve necessariamente servire solo l'effimero ma favorire anche i cittadini nelle loro azioni ordinarie. Dei nuovi repertori di azione culturale stanno apparendo e per conseguenza è necessario lavorare con un atteggiamento creativo non solo sul singolo episodio promozionale ma sulla città del quotidiano, quella dei residenti. Vorrei segnarle una recente esperienza promossa dall'Ordine degli Architetti di Parma denominata WoPa Temporary, che ha riguardato il recupero dei padiglioni dismessi dell'ex fabbrica Manzini, di circa 2600 mq. L'iniziativa è nata nel novembre 2014 con la promozione di un Workshop aperto a tutti i cittadini realizzato attraverso un percorso di progettazione partecipata durante il quale le persone sono state invitate a riflettere su una possibile metamorfosi dei padiglioni dell'ex area industriale. In virtù di questa intelligenza collettiva il progetto oggi si è concretizzato e un partenariato pubblico-privato che ha permesso la costituzione di un organismo con un proprio statuto giuridico, il WoPa. La grande sfida è stata quella di ristabilire, attraverso l'urbanesimo dell'effimero e del temporaneo, una dimensione di condivisione pubblica di uno spazio che inizialmente era un non-luogo. Le iniziative del WoPa ambiscono a creare coesione sociale, accogliere la diversità culturale, costruire urbanità un quartiere semi-periferico scarsamente dotato di attrezzature pubbliche per la cultura, l'intrattenimento, l'incontro. Attraverso fenomeni creativi endogeni alla città di Parma si è saputo sviluppare un'identità collettiva in grado di supportare il progetto di rigenerazione urbana degli ex stabilimento Manzini di via Pasubio. L'intervento pubblico-privato ha sicuramente permesso di domandare ai cittadini in quale città hanno ambizione di vivere. Appare chiaro che la pressione della Grande Distribuzione tende oggi più che mai a regolare le leggi della pianificazione urbanistica. La città tuttavia non può accontentarsi di essere attrattiva per la sola abbondanza di aree produttive e commerciali (Ermentini), oppure per il solo spettacolo delle sue mutazioni in occasione di festival (Alessi), ma deve predisporre situazioni che migliorino sul lungo termine la qualità della vita dei suoi abitanti. La bellezza, in una città creativa, è una ricompensa: si manifesta quando il progetto non cerca di piacere, ma si lascia investire dai simboli che lo oltrepassano, che a loro volta portano il significato del progetto oltre l'attualità, da effimero a duraturo, a sostenibile.

Enrico Maria Ferrari


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commenti


Gualtiero Nicolini

8 maggio 2021 11:46

Perfetto purtroppo non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire ...o parlare con chi non sa capire

Michele de Crecchio

8 maggio 2021 13:23

Rileggo con piacere, condividendolo, il contributo del mio antico allievo e poi sempre amico Enrico Maria Ferrari: un'altra delle non poche intelligenze e sensibilità alle quali la nostra città, soprattutto negli ultimi lustri, non ha dato occasioni di esprimersi localmente.