La grande tragedia dell'oggi? L'amore a tempo
Giovanni e Roberta sono stati sposati per oltre sessant’anni. Hanno vissuto in una cascina immersa nella campagna, poco lontana dal centro abitato. Persone distinte, di una eleganza e compostezza esemplari, che si distinguevano in questo tempo barbaro e superficiale, ed edificavano il cuore. Ciò che colpiva di loro era la freschezza e l’intensità del loro rapporto: si trattavano come due fidanzatini che avevano scoperto da poco l’amore. Quando la moglie fu assalita da quell’implacabile malattia che ruba i ricordi, il marito l’accudì e coccolò senza risparmio: l’accarezzava gentilmente i capelli e sussurrava al suo orecchio dolci parole. Proprio come un fidanzatino al primo incontro. La scomparsa di Roberta ha separato i loro corpi, ma non le loro anime, perché, come ci insegna la Scrittura, l’amore è più forte della morte. Sessant’anni e oltre di tenerezze, di gesti delicati, di sguardi colmi di gratitudine, di scelte fatte insieme. E anche di una fede condivisa, semplice ma robusta, che, quotidianamente, li ha aiutati a purificare il loro amore da certe abiezioni attuali.
La grande tragedia dell’oggi è aver confuso l’amore, averlo degradato a semplice emozione, a una passione spesso irragionevole che travolge, a una eccitazione del cuore che assomiglia alla piena di un torrente di montagna che tutto investe sorpassando gli argini naturali.
Quel maledetto individualismo, vera e propria piaga dei giorni nostri, ha fatto combaciare perfettamente l’amore con il piacere arrivando ad aberrazioni che non hanno nulla di umano: “Ti amo finché proverò piacere” e viceversa “Ti lascio perché non provo più niente per te…”. Come se l’amore fosse un parcheggio ad ore, come se fosse sotto condizione. Farebbe specie sentire un giovane dire alla propria fidanzata: “Ti amerò per dieci anni”, così come dovrebbe far inorridire l’idea di mettersi insieme come prova: “Prima di sposarci ci accompagniamo per vedere se andiamo d’accordo, se è la persona giusta per me”, alla stregua di un’autovettura o di una lavatrice: se non va bene, si riporta dal venditore e si prende un altro modello!
L’amore, perché sia davvero amore, o è totalizzante e permanente, o non è amore! L’amore, perché sia davvero amore, o sconvolge così tanto la vita della persona da metterla in discussione nella sua interezza e da accettare anche di farsi piccola perché l’altro o l’altra possa emergere allora non è amore. L’amore, perché sia davvero amore, è un vero e proprio itinerario di spossessamento di sé stessi, è lotta contro il proprio io, è un morire al proprio egoismo e alla propria pretesa di autoaffermazione. Nel Rito del Matrimonio, al momento del Consenso, ormai da tempo è stata introdotta la bella espressione, carica di tenerezza e di rispetto, “io accolgo te”: come a dire “Nella mia vita, adesso, faccio spazio a te affinché tu possa essere felice”. E fare spazio significa indietreggiare, sfrondare tutto ciò che è superfluo; è fare opera di potatura perché i frutti che verranno possano essere davvero belli grandi e succosi! L’amore ha certamente una componente di passione irrefrenabile, ma poi deve essere arricchito, completato dalla ragione, dalla libertà interiore e dalla ferma volontà della persona di mettersi in gioco in un progetto che la coinvolga “per sempre”.
Per i giovani occorre, senza dubbio, un’educazione affettiva, prima che sessuale, che li aiuti a scoprire l’energia positiva dell’amore, ma anche le potenzialità e i rischi connessi. Una educazione che parte in famiglia, dall’osservazione dei genitori e del loro rapporto, e che certamente coinvolge la scuola e altre agenzie come l’oratorio e la parrocchia. Così da evitare di scambiare l’amore con una semplice emozione passeggera che usa gli altri per il proprio tornaconto personale.
Sull’amore Gesù può insegnarci tutto. Non c’è stato uomo sulla terra che abbia amato in maniera così perfetta come Cristo: il suo è un amore gratuito e totalizzante, un amore che lo ha portato a sacrificare tutto di sé per gli altri! Amare significa compromettersi, coinvolgersi, giocarsi in prima persona, rivoluzionare la propria esistenza perché il sentimento rimanga puro e porti frutto. Ecco perché Gesù nel Vangelo di oggi asserisce: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama”. L’amore per Dio nasce come risposta al Suo di amore che è sempre preveniente e debordante, ma tale risposta poi deve incidere nella vita della persona, deve manifestarsi attraverso scelte concrete che dicono l’accoglienza di questo amore. In altri termini: “Non chi dice Signore, Signore entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio”. Noi riveliamo davvero di amare il Signore se recepiamo la sua logica, il suo modo di rapportarsi con il prossimo. Seguire i suoi comandamenti non significa altro che fargli posto nel nostro cuore, convertire la nostra visione delle cose e del mondo, lasciarsi plasmare dal suo modo di agire.
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