29 ottobre 2022

La marcia su Roma: l'humus di destra

100 anni li ha compiuti ufficialmente due giorni fa la lunga marcia delle camicie nere che consentì a Mussolini di ottenere dal Re Vittorio Emanuele III l'incarico di formare un governo.

Sì, va ben precisato, perché come le giunte socialiste venivano deposte per decreto prefettizio, così anche la presa del potere di Mussolini non fu un colpo militare ma bensì un incarico ufficialmente ricevuto dal Re, benché la cosiddette "squadracce" fasciste dalla fine del 1920 in tutta Italia ricorressero costantemente alla violenza per guadagnare terreno nella reale contesa dell'epoca che era quella tra le aristocrazie liberali e sabaude al Governo e le formazioni socialiste e bolsceviche che avevano invece iniziato a governare moltissime realtà locali anche enormi come Milano e Bologna.

Di quanto abbia giocato a favore di Mussolini il sostanziale fallimento amministrativo a sinistra e la costante litigiosità tra socialisti massimalisti riformisti e bolscevichi (uniti al favoreggiamento del Governo che vedeva nel socialismo e non nel fascismo la vera minaccia), abbiamo detto nell'editoriale precedente: quello che abbiamo chiamato humus di sinistra, nel senso di terreno fertile.

Ma come fu possibile che Mussolini da uomo di estrema sinistra si ritrovò ad essere il capo di una rivoluzione di destra così fortemente anti socialista ? La risposta si deve in parte alla sua capacità di interpretare il ruolo di grande demiurgo di questa continua ebollizione sociale, riuscendo da un lato a farsi socialista pentito e uomo di dialogo col potere borghese, dall'altro furbo condottiero delle schiere della destra violenta che usò come leva per minacciare il Governo e ficcare definitivamente il socialismo.

Il tutto sostituendosi con grande abilità al suo più temibile rivale, l'uomo che era divenuto l'indiscusso vessillo dei militaristi di destra, Gabriele D'annunzio.

Facciamo un passo indietro: alle fine della Grande Guerra furono migliaia i reduci che non riuscirono a reinserirsi nella società civile. Sostanzialmente un enorme malconcio esercito di samurai senza Shogun che non volevano levarsi quelle divise che tanto orrore avevano dovuto sopportare. Primi fra tutti quegli Arditi, soldati dal coraggio assoluto e dalle missioni epiche che proprio assieme al Vate pluridedorato e loro commilitone, anzi appellandosi a lui, tennero per circa 16 mesi la città di Fiume, una impresa mondiale che consacró D'Annunzio alla leggenda e che Mussolini studiò con sibillino appetito, mutuandone gli aspetti più scenografici per quella che sarebbe stata la sua Dittatura.

Fiume finì in tragedia nel dicembre del 1920, con le navi italiane mandate da Giolitti a cannoneggiare i propri eroi di guerra e producendo due esiti incontrovertibili: la definitiva rinuncia di D'Annunzio al potere politico e una insanabile ferita tra i Governi liberali e il popolo minuto.

Mussolini aveva anche lui combattuto al fronte, non con l'eroismo di D'Annunzio ma con dignità e un certo coraggio che gli valsero la nomina a Caporale dei Bersaglieri, e aveva deciso, con la spregiudicata intelligenza che lo contraddistingueva, di cooptare lo scontento dei soldati fondando a Milano nel 1919 i Fasci di Combattimento, che nel 1921 trasformò in Partito Nazionale Fascista riuscendo a divenire deputato al Parlamento.

La storia d'Italia a destra subì in pochissimi cruciali mesi dei rivolgimenti da capogiro che alla fine videro Mussolini prevalere ma con rischi altissimi: nell'estate del 1921 il futuro Duce tentò una riappaficazione da quasi statista con le sinistre, proponendosi pertanto come uomo di governo ma inimicandosi gli squadristi che si rivolsero nuovamente a D'Annunzio. Mussolini rischiava di restare isolato e sparire.

Apice di questa vicenda fu il summit che il Premier Nitti organizzó con i due capi della destra nell'agosto del 1922, dal quale era molto più probabile che l'ormai mitologico D'Annunzio uscisse come nuovo leader nazionale ( e quindi capo di un Governo destrorso di nomina reale) a scapito di un Mussolini ancora "puzzolente" di socialismo estremo. 

Volle il destino che poche ore prima il Vate precipitasse da una finestra del Vittoriale fracassandosi il capo, pare per colpa della gelosia della sua amante Baccara verso delle troppo libidinose avances di Gabriele alla sorella. Il sospetto che dietro alla caduta vi fosse qualche macchinazione fascista o più probabilmente la incofessabile definitiva rinuncia del Vate alla politica non lo sapremo forse mai.

Fatto sta che D'Annunzio sopravvisse per altri 16 anni nel suo esilio dorato sul Garda mentre Mussolini rimase de facto l'unico interlocutore a destra della Monarchia.

Il resto è storia ahinoi ben nota …

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano  

Francesco Martelli


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commenti


michele de crecchio

31 ottobre 2022 23:57

... e D'Annunzio ebbe l'astuzia di farsi compensare da Mussolini la sua definitiva astensione dalla politica attraverso gli enormi finanziamenti statali che gli furono concessi per la costruzione di quel megalomane monumento alla sua memoria che, dopo essere stato per anni la sua residenza personale, è l'attuale "Vittoriale degli italiani"!