La Nato ha scopi difensivi, si occupi degli assalti migratori
Rieccoci: ‘Jus soli o morte’ e ‘ddl Zan o morte’. Enrico Letta con accenti apparentemente guerrieri, in realtà stancamente cerebrali, ha riesumato gli eterni cavalli di battaglia di un Pd che pare ormai sposare a corpo morto solo le cause a cui la stragrande maggioranza degli italiani è sostanzialmente indifferente o apertamente ostile. Mica male per un partito di massa che dovrebbe occuparsi di lavoro e lavoratori. Ma il terreno è scivoloso e Letta non pare proprio sospettare che, se la proposta Zan fosse già legge, nel tritacarne del ‘reato d’opinione’ potrebbero finire per primi parecchi nomi eccellenti della sua area politica o ad essa contigui. Un certo Burioni, giusto per non far nomi, ebbe tempo fa l’eleganza di definire ‘sorci’ gli italiani perplessi sul vaccino. Lungi da noi entrare nel merito scientifico. Per arrivare alla sostanza ci basta e avanza la forma verbale che, in questo caso, è assai pesante. Si parla di ‘sorci’ additati al pubblico abominio, implicitamente aizzando il popolo dei vaccinati a farsi gatto e a stanarli. Suvvia, sappiamo tutti come va a finire quando il gatto rincorre il topo, è dunque impossibile negare che l’espressione contiene una certa dose di violenza implicita. Ddl Zan alla mano, è istigazione all’odio? Pare di sì. Ma esploriamo l’ipotesi in tutta la sua portata.
Dall’inizio dell’anno sono illegalmente approdati alle nostre coste circa 30.000 irregolari, con incremento del 107% rispetto allo stesso periodo del 2020. Molti sono positivi al covid, moltissimi rifiutano vaccino e tampone. Dunque rientrano, per logica deduzione, nella categoria che Burioni associa ai sorci. E peggio mi sento per il supponente luminare: non solo reato d’opinione e istigazione all’odio ma pure ‘aggravante razziale’. Benché i talebani del buonismo mantengano al riguardo cucitissime bocche, il rischio sanitario c’è e pende proprio dalla parte che a sinistra si finge di non vedere. Infatti mentre buona parte dei ‘sorci’ italiani se ne sta tappata in casa in cauteloso autoisolamento, i ‘sorci’ di altra provenienza non potrebbero farlo nemmeno volendo. E dunque cercano – come chiunque di noi farebbe – ogni via di fuga e sopravvivenza, accampandosi e dormendo come e dove possono: compresi i convogli ferroviari su cui alla sei del mattino salgono i nostri pendolari, italiani e non, per andare al lavoro. L’hot spot di Lampedusa ha capienza per 200 e ne ospita quasi 1500: situazione che l’ineffabile flemma della ministra Lamorgese pare ritenere ‘gestibile’.
Incrociando il tema dell’emergenza migratoria con quello dell’emergenza sanitaria si fanno dunque curiose scoperte e le contraddizioni di una certa sinistra scoppiano a grappolo come mortaretti a capodanno. Vediamone un’altra: tempo fa Marco Rizzo, segretario generale del rifondato Partito Comunista (peso elettorale zero virgola e aperte nostalgie filosovietiche) s’è sentito in dovere di render nota la posizione ufficiale dell’ortodossia marxista-leninista sul green pass: finalmente, la curiosità popolare al riguardo era ormai incontenibile. Bene: il lasciapassare ideato dal governo altro non è che l’ennesima violenza dello Stato borghese ai danni del proletariato. Un privilegio che si concede ai ricchi, l’élite degli aerei, delle crociere e dell’alta velocità e si nega ai poveracci, mandati al macello nei lebbrosari dei bus stracarichi, dei treni locali stipati e nell’aria mefitica delle metropolitane. Oddio, c’è del vero. Ma s’è chiesto qual è uno degli ostacoli che rendono impraticabile l’estensione dell’obbligo di green pass ai mezzi di trasporto popolare? Se lo chieda e scoprirà che è proprio la presenza dei suoi ‘protetti’ cioè l’elevato numero di irregolari che utilizzano bus e treni come taxi gratuiti e alla richiesta del biglietto reagiscono nei casi più eleganti con strafottenza, negli altri con aggressività anche fisica, specie in presenza di personale di bordo femminile. Scenda da Marte, onorevole Rizzo, venga su un qualsiasi convoglio locale, magari la tratta Cremona-Brescia e, in veste di controllore, provi a chiedere il green pass oltre al biglietto. Scoprirà l’imbarazzante dimensione del suo autogol. Ma nel pietrificato teatrino della politica tutto tace e rispetta le parti in commedia: Meloni e Salvini lasciati a ululare alla luna mentre altrove si pensa ad altro.
E qualche pur cauta riflessione va anche al ruolo della Santa Sede: di fatto, esigendo che l’Italia si offra a mani alzate all’assalto migratorio, sta infatti contribuendo, pur con le più pie intenzioni, a blindare e perpetuare il meccanismo ricattatorio che da decenni ci tiene sotto schiaffo. E ci obbliga a saldare il conto dello champagne cui i troppi Casarini su piazza hanno ormai ‘fatto la bocca’. Luca Casarini: John Travolta delle Ong di cui da tempo gestisce i traffici con la perizia affaristica d’un mercante di schiavi d’altri tempi. Parlando col collega ed ex assessore Verde di Venezia Beppe Caccia, in una telefonata intercettata dalla procura di Ragusa, l’eroico filantropo si rallegrava pochi mesi or sono degli imminenti incassi: ‘Domani a quest’ora potremmo essere con lo champagne in mano’. L’ennesima contrattazione era andata a buon fine e stava per incassare i proventi per ‘servizi di assistenza forniti in acque internazionali’. Strano. Ricordavo che il mercato degli schiavi era stato abolito nel 1865 col tredicesimo emendamento della Costituzione americana.
Che fare a questo punto? Fra le ipotesi percorribili sovviene che Viminale e Farnesina, vale a dire Lamorgese e Di Maio, si facciano promotori di un’iniziativa comunitaria che solleciti la Nato al riguardo. L’Alleanza Atlantica è di natura difensiva: mutuo soccorso fra i Paesi variamente attaccati, tant’è che è stata recentemente coinvolta anche sul caso dei cyber attacchi. Perché non impegnarla lungo il fianco sud dell’Europa a protezione dei Paesi oggetto di assalti migratori solo in minima parte riconducibili al doveroso asilo di autentici profughi? Parrebbe ragionevole. Ma, su questa materia, ragionevole equivale a impraticabile. Corrono tempi grami per quella che gli Illuministi si spinsero a chiamare Dea Ragione. Perché? Forse per l’intoccabile piramide di interessi collegati al gigantesco business della cosiddetta accoglienza. Come diceva Giulio Andreotti, impareggiabile ‘dottor sottile’: ‘A pensar male si fa peccato ma in genere si indovina’.
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