10 settembre 2022

La Regina è morta, viva il re Carlo III (ma anche Carlo I e Carlo II...)

-Nonno, adesso che sono diventato un Lord inglese non potrò più diventare Presidente degli Stati Uniti?

-Ma tu andrai alla Camera dei Lords…

-Ed è come diventare Presidente?

-Mio caro ragazzo, è una cosa infinitamente superiore!

Il nonno in questione è Alec Guinness nei panni del Conte di Dorincourt, ed il film è l’indimenticabile “Il piccolo Lord”: un breve ma assolutamente esaustivo assaggio della infinita considerazione che gli Inglesi hanno di sé e della Monarchia, che mai come in questi giorni dobbiamo riconoscere in parte giustificata, dato che tutto il mondo non fa che parlarne.

Ho sempre trovato ammirevolmente inglese il modo in cui morto un sovrano, immediatamente, si grida alla vita del successore: la collettività prima di tutto, la sopravvivenza prima del cordoglio, il governo prima della morte, e non ho potuto non immaginare che anche qualche ora fa in una stanza da letto del castello di Balmoral, tutti gli astanti appena chiusi gli occhi alla Regina si siano inchinati verso Carlo e abbiano gridato “long live the King”(sono sicuro che da bravi inglesi lo abbiano fatto).

Carlo III è dunque il nuovo Re d’Inghilterra, e quindi di Irlanda, Scozia, Canada, Australia, Nuova Zelanda e  rappresentante di tutti gli stati liberi del Commonwealth: 54 paesi sparsi per tutto il globo per un totale di oltre 2,3 miliardi di persone di ogni religione. Ci pensate? Carlo III rappresenta un quarto degli esseri umani, più individui di tutta la Cina, e benché ormai lo conosciamo da decine di anni e possiamo affermare che non è certo un tiranno o un uomo dalle mire espansionistiche, non si può non fantasticare su quanto influente potrebbe teoricamente diventare il suo ruolo in questa situazione internazionale così delicata e critica, con gli Stati Uniti sull’orlo della nevrosi da guerra civile, la Cina che punta su Taiwan e la Russia che ha invaso un pezzetto di Europa orientale…

Molti commentatori televisivi italiani, tronfi della loro ignoranza, hanno da subito commentato con ironia la scelta del nome Carlo III, scoprendo solo in questi giorni su Google (qualcuno lo ammesso candidamente) che il primo Carlo d’Inghilterra è stato decapitato dai suoi stessi sudditi, e che quindi nella scelta del nuovo nome è già il breve destino del Re ed anche un po' la conferma che è da sempre un Re “breve” e un po' sfigato.

A me pare evidente che essendo da 70 anni noto in tutto il mondo come Carlo d’Inghilterra abbia fatto la scelta più logica ed ovvia, ma se proprio vogliamo far questioni sui predecessori la scelta potrebbe riservarci grandi sorprese, perché pochi regni sono stati centrali per la storia del mondo anglosassone come quello di Carlo I e di suo figlio Carlo II.

Carlo I fu sì il primo e unico sovrano inglese decapitato dai suoi sudditi e ben 150 anni prima della Rivoluzione francese, ma fu anche uno dei più grandi collezionisti d’arte della storia. Raffinatissimo, elegantissimo e soprattutto vanitosissimo (benché altro poco più di 1 metro e 60 e per nulla avvenente) decise che doveva portare in Inghilterra il Rinascimento italiano: in venti anni acquistò migliaia di opere d’arte, tra cui circa 1.600 dipinti: Correggio, Tiziano, Raffaello, Giulio Romano, Veronese, Artemisia Gentileschi, Guido Reni…si fece perfino realizzare un busto dal “romanissimo” Bernini.

Questa immensa e mostruosamente costosa campagna di raccolte d’arte fu in gran parte possibile grazie all’acquisto di quasi tutta la prestigiosa raccolta dei duchi di Mantova, l’incredibile collezione Gonzaga, che gli eredi  del potentissimo casato svendettero per enormi difficoltà economiche nel 1627 grazie alla mediazione del mercante fiammingo Daniel Nys, che riempì la corte di Carlo I anche di Rubens, Brueghel, Rembrandt, Van Dyck e di molti manieristi di Anversa.

Anche se perseguitò politicamente i cattolici, Carlo I fu certamente un re molto più vicino alla cultura italiana che a quella protestante, e ne pagò caro il prezzo.

L’incalcolabile marea di denari necessaria agli acquisti d’arte fu ricavata in gran parte dai continui aumenti delle tasse invise ai sudditi, e unita a questa sorta di mania per la cattolicissima arte italiana, fu tra i fattori determinanti per la devastante ascesa dei fondamentalisti protestanti capeggiati da Oliver Cromwell, i famosissimi Puritani: essi contrapposero alle raffinatezze papiste del Re e alla sua corte dagli sgargianti colori il loro cupissimo rigore e gli abiti completamente neri.  Tagliata la testa all’odiato Re damerino che pensava solo all’estetica instaurarono una tristissima dittatura repubblicana che non durò due generazioni, anche se fecero in tempo a fondare il Commonwealth: l’imbelle figlio di Cromwell fu deposto e fu richiamato in patria il figlio del re decollato, Carlo II, detto poi the Marrie Monarch, il monarca festante, perché riportò feste sfarzose, lusso e colori nella società inglese dopo l’oscurantismo protestante: è il periodo storico che gli inglesi chiamano “Restauration”. I suoi banchetti erano talmente leggendari da aver dato vita ad un vero e proprio stile di argenterie Van Vianen, tanto che il mega miliardario Jean Paul Getty usava dire ai domestici nelle grandi occasioni di “apparecchiare Carlo II”, e subito le tavole si riempivano di enormi rinfrescato in argento massiccio quasi rococò…

Carlo II fu un grande amatore dalle tante amanti e dai tantissimi figli illegittimi, ma anche grandissimo mecenate di artisti e scienziati oltre che politico risoluto, abile e spietato: la morte del padre e l’esilio lo avevano ben forgiato al comando e alla vendetta. Per inciso: tornato al potere Carlo II iniziò a perseguitare molti puritani che furono costretti a migrare nelle colonie americane, fondando quella che sarebbe diventata la più potente nazione del mondo… In punto di morte si convertì addirittura al cattolicesimo, e in un certo senso il regno dei due Carlo fu uno dei più vicini al cattolicesimo romano e alla Chiesa Alta Anglicana. Ma le terribili vicende puritane sancirono anche il definitivo affermarsi della monarchia più parlamentarizzata della storia, che però ancora è salda in sella: a differenza dei Borbone di Francia, che come diceva Talleyrand “nulla dimenticano e nulla imparano”, i monarchi inglesi da Carlo I in poi hanno sempre saputo capire l’antifona e adattarsi al vento che cambiava, come fece Elisabetta al tempo dei funerali di Diana.

Insomma, chiamarsi Carlo III in Inghilterra potrebbe essere molto meno noioso di quanto immaginano i nostri compiaciuti ( e un po' ignoranti) commentatori televisivi.

La Regina è morta, lunga vita al Re.

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

Francesco Martelli


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