21 gennaio 2024

La sanità prova a cambiare passo e chiede sinergia. Il Dea? I cittadini vogliono essere curati

Condivisione. Collaborazione. Ascolto. Tre parole d’ordine. Tre promesse. Tre cambiali.  È il nuovo corso della sanità locale. Una rivoluzione copernicana. Fanculo passato remoto e prossimo. Ma anche inutili ghirigori retorici. 

Anno nuovo, direttori nuovi. Vita nuova, con la speranza che resista oltre il tempo di un’illusione.  Oltre la saggezza popolare: A’ scopa nova scopa buono sulo tre gghiuòrne. Oltre la politica, che in campo sanitario decide anche per i medici.

L’impegno è stato preso venerdì scorso dai vertici di Ats Valpadana e da quelli delle Asst di Cremona, Crema e Mantova, marcati a uomo da Guido Bertolaso e Giovanni Pavesi, rispettivamente assessore e direttore generale al welfare regionale. 

In una sala di CremonaFiere, attrezzata per la crioterapia, idonea a testare la salute dei presenti, i neo direttori generali, Ida Ramponi, Ezio Belleri, Anna Gerola e Alessandro Cominelli, hanno illustrato le priorità e il loro metodo di lavoro per i prossimi anni.  Ad ascoltarli una platea di oltre cento amministratori pubblici, gratificati dalla definizione di stakeholder.  Mica bau bau micio micio.  

Riconoscimento apprezzabile e più che meritato, sempre che non si sia trattato di una mera questione semantica.  Di una ruffianeria, di una captatio benevolentiae. Del suggerimento di un’agenzia di comunicazione, per migliorare l’immagine appannata della sanità pubblica. Di una furbata degli spin doctor, specialisti nei giochi di prestigio: i poveri puzzano di cacca e i ricchi profumano di cacca (Micol e Mirko, OPS, 2023). Dello zuccherino, per quietare i lamenti dei rompicoglioni di professione. 

Riconoscimento meritorio se mira ad annullare una discriminazione, che immancabilmente individua nelle associazioni datoriali e nei singoli imprenditori gli stakeholder di riferimento e nei sindaci i paria. Scelta discutibile quando è coinvolta la sanità. 

I soldi non hanno odore, ma lo assumono quando sono pubblici e in ballo ci sono la salute dei cittadini e l’articolo 32 della Costituzione.  Un incontro atipico rispetto agli standard e alle tradizioni di questi avvenimenti, spesso ridotti a passerelle verbose e inutili. Anomalo e sorprendente in senso positivo. Con più partecipanti del previsto.  Con meno politichese e più concretezza.  Con meno Julio Iglesias e più Guns N Roses.  Con meno Paolo Sorrentino e più Kathryn Bigelow.  Con meno James Joyce e più Ken Follett.  

Due ore filate via veloci. Relatori sintetici.  Abili a catturare l’attenzione del pubblico.

Due ore di qualità, anche senza la certificazione Iso 9001. 

Due ore arricchite dal valore aggiunto di qualche cameo. Due su tutti.

Il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, in versione Lancillotto, ha sguainato la spada per perorare un maggior impegno nell’educazione all’alimentazione e per accelerare l’assegnazione del Dea di secondo livello all’ospedale di Cremona.

Sulla prima questione, nessuno ha fiatato. Non un puff.  Silenzio cosmico.

Sulla seconda, Pavesi, in stile Franco Baresi, in alternativa Pietro Vierchowod, ha chiuso il discorso senza molti complimenti. Un’entrata da brivido.

Il Dea di secondo livello non frega un cazzo ai cittadini, più interessati ad essere curati per la patologia che viene loro diagnosticata. Non è letterale, ma il significato è questo. Preciso. Spiccicato. Un tackle da antologia. Grande Pavesi.  Pulito. Diretto. Chiaro. Micidiale.

Al Lancilotto del Po, gioverebbe un passaggio dall’arrotino per affilare il ferro spuntato. In caso contrario, Ginevra resterà una chimera. E re Artù potrà continuare a dormire sonni tranquilli.

Sorte migliore per Fabio Bergamaschi, sindaco di Crema.  Il Ben Afflek della Repubblica del Tortello ha posto l’accento sui medici gettonisti.  In un giorno percepiscono quanto un infermiere in un mese. Ha elogiato la Regione Lombardia per averli segati. Deriva non etica, ha precisato, la pratica è un’ingiustizia.  Spreco di risorse. Ha raccolto il plauso prima da Pavesi e poi da Bertolaso e vinto senza storie il confronto con il collega.  Crema batte Cremona, 2 a 0. Sul velluto. Ma Bergamaschi ha un passato da buon calciatore. Il campanilismo non c’entra. E chi lo pensa è un campanilista inguaribile. Solo fatti. Nient’altro che fatti.

Non sono stati trascurati l’aspetto sociosanitario, il crollo della natalità e i diversamente giovani. Sono un esercito.  Milioni di milioni, più della stella di Negroni e non vogliono dire qualità. Ma assistenza.  Cure a domicilio. Un elenco infinito di problemi. 

La nostra provincia non è terra per vecchi, ma di vecchi e non ci sono alternative linguistiche meno impattanti e politicamente più corrette per spiegare la situazione. 

Spazio anche per la prevenzione. Poco, rispetto a quanto meriterebbe, ma non formale.

Non fa arrapare né i costruttori di ospedali, né i fornitori dei supermercati dei farmaci.  Senza business anche le buone intenzioni muoiono per asfissia e citare Ivan Illich è esercizio velleitario. Beau geste, inutile e snob.  

Fiume carsico, la prevenzione ogni tanto compare per un titolo sul giornale. Frasi di circostanza e buonismo da libro Cuore.  Poi ritorna nelle viscere dell’anonimato. Rimossa insieme a Giulio Maccacaro che ne aveva fatta una bandiera.

Meno del previsto il tempo dedicato al nuovo ospedale. Niente trionfalismi. Piuttosto un atteggiamento discreto. Si costruirà, ma bannati superlativi e fuochi d’artificio.

Bertolaso poteva risparmiarsi il peana a Belleri esperto di cantieri. Non suona bene per un direttore generale che si deve occupare di sanità. Un brufolo che non intacca la figura del direttore dell’Asst di Cremona e non inficia la positività dell’incontro. E non procura un solletico alle erinni e agli argonauti del Movimento per la riqualificazione dell’attuale nosocomio.

Un obolo è stato versato al privato. Può essere una ricchezza. Contare sulle sue professionalità non è disdicevole.  Un inciso non fastidioso.  Un po’ vago.  Necessita di un approfondimento su modi e condizioni. C’è tempo.

Un elogio speciale per Ida Ramponi che ha organizzato l’incontro e ne ha annunciati altri. Ha esaltato  la sinergia tra ospedale e territorio.  Ha invitato a fare squadra.

Condivisione. Collaborazione. Ascolto. Ma anche unione. Per non essere soli. Per non ritrovarsi pietre che rotolano. Like a rolling stone di Bob Dylan funziona sempre. E può essere ascoltato in attesa della riscossione della cambiale. Al prossimo incontro.

 

Antonio Grassi


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commenti


Manuel

21 gennaio 2024 07:44

Grassi ci sta dicendo che un buon arrosto va rosolato a fuoco lento e, dunque, col tempo, le coccole, i dolci sussurri, il trio divino di “uomini del fare” potrebbe operare (magari anche bene) per una stupefacente ristrutturazione del mastodonte esistente. D’altro canto c’è in ballo il ponte sullo stretto di Messina e raschiare un po’ di soldi qua e là non sarebbe male. Bene! Ne guadagneremmo tutti: salute, finanze pubbliche, cittadini, impresario/i edile/i locali, buon senso. Riorganizzare il vecchio (ma non troppo!) nosocomio risulterebbe, oltre che economico, transitoriamente accettabile e funzionale a livello organizzativo, considerando i diversi reparti vuoti o sottoutilizzati, come bene spiegava il geometra Mantovani.
PS: se ho inteso bene, il DEA di 2 livello sarebbe stato possibile a Cremona se non fosse già stato assicurato a Mantova: questo i politici cremonesi lo sapevano.

harry

21 gennaio 2024 10:40

Suggerisco "Tangled up in blue".