La superbia, il surrogato più pericoloso dell’amore
Fondamentalmente il superbo è una persona insicura, debole, fragile. Ha costantemente bisogno di provare agli altri, ma soprattutto a sé stesso, di valere, di essere indispensabile, di essere un punto di riferimento e di ammirazione per chi gli sta intorno. Per trovare un po’ di quiete nel cuore deve imporre la propria superiorità sugli altri mostrando, senza ritegno, i propri traguardi, le proprie capacità e talenti, i legami con chi è ancora più potente, certe notizie che nessuno sa, ma che egli conosce grazie alla sua posizione.
La superbia, come ogni idolo che l’uomo adora, reclama, però, dei prezzi altissimi!
Anzitutto questo “peccato capitale” genera ansietà: il superbo, infatti, deve continuamente impegnarsi a mantenere le proprie posizioni, a intrigare e a maneggiare perché nessun altro riesca a prendere il suo posto o uguagliarlo nei suoi risultati. È facile immaginare che l’invitato descritto dal Vangelo di oggi, che sfrontatamente si è messo a tavola nel posto privilegiato, vicino al padrone di casa, ansimi e peni per buona parte del convivio temendo che qualcuno di più importante di lui giunga improvviso costringendolo a spostarsi più indietro! Venendo ai giorni nostri non è raro che certi “manager” si circondino di persone incapaci, incolori, quasi insignificanti così da non fargli troppa “ombra”: preferiscono una gestione mediocre, con risultati appena sufficienti a non fallire, ad uno staff di capaci, di creativi, di innovativi… l’importante è che emerga sempre il capo e solo lui!
L’ansietà, che inevitabilmente sfocia nel rancore e nell’animosità, nasce anche dal fatto che gli altri non riconosco al superbo le proprie capacità e i propri risultati. Spesso chi è soggiogato da questo vizio insano si sente un incompreso e sogna sempre luoghi o situazioni dove possa essere davvero valorizzato e portato in palma di mano. Non è raro, poi, che il superbo sia anche oppresso dall’invidia e dalla gelosia che ben si accompagnano con la maldicenza e la menzogna.
Inoltre la superbia rende soli: non c’è spazio per Dio o per gli altri nel cuore, perché il superbo basta a sé stesso ed è talmente preoccupato di sé da non riuscire a comprendere quanto bello e appagante sia il volto di chi, alla pari, gli sta davanti! Gli altri non hanno nulla da insegnarli o da donargli, se non la loro attenzione, il loro plauso, la loro dipendenza. Il prossimo è sempre visto come un oggetto da usare, uno strumento da utilizzare, un mezzo per raggiungere i propri scopi. Il superbo non ha orecchi per ascoltare, ma solo bocca per parlare, i suoi occhi sono talmente centrati su di sé da non percepire le richieste di aiuto che giungono da chi gli è vicino. Quante persone vivono di monologhi e non di dialoghi! Si capisce subito se una persona è realmente interessata al proprio interlocutore, al suo vissuto, alla sua interiorità o se gli altri sono derubricati a semplici spettatori convocati per mettere in scena il copione della propria vita!
Nel visionario, quasi onirico capolavoro di Paolo Sorrentino, “La Grande Bellezza”, è paradigmatica la figura del cardinale Bellucci – guarda caso un uomo di Chiesa! – interpretato meravigliosamente da quel grande attore che è Roberto Herlitzka. Il porporato continua a propinare ricette di cucina – la sua grande e unica passione… sic! – interrompendo discorsi di tutt’altro genere o abbassando l’asticella della serietà degli argomenti. Il superbo è fondamentalmente un superficiale, un inconsistente, spesso incapace di leggere e interpretare le situazioni: egli è una vittima di sé stesso, del proprio infantilismo e narcisismo e per questo è sovente deriso e compatito. Il superbo non solo si allontana dalle persone, ma allontana le persone perché per loro non c’è spazio di azione, di parole, di valutazione!
La superbia porta con sé anche delle pericolose note di arroganza, di violenza, di disprezzo. Se gli altri – compreso Dio - sono cose allora è lecito usarle e buttarle via, illuderle solo per soggiogarle, disprezzarle o ignorarle quando hanno concluso il proprio compito! Non c’è spazio alla compassione, alla comprensione, alla misericordia. Alla riconoscenza!
La superbia è il peccato “principe”, il trampolino di lancio di ogni peccato. È uno schiaffo a Dio e al prossimo, è alterazione della realtà, è un tronfio e rozzo protagonismo che inaridisce il cuore e la mente, è illusione di poter sconfiggere il tempo e la morte, è paravento delle proprie insicurezze e fragilità. La superbia è il surrogato più pericoloso dell’amore!
Chi ama, chi trova il proprio compimento e la propria pienezza nell’amore, non ha bisogno di imporsi, di mostrare di valere qualcosa. Chi ama cerca l’altro non per usarlo ma per servirlo e per aiutarlo a trovare il bene e la felicità della propria vita.
Il superbo per eccellenza è Satana, l’essere più solo e più disperato mai esistito! Egli si illude di essere l’arbitro assoluto e di poter governare il mondo e la storia a proprio piacimento. Eppure, quando durante gli esorcismi si invoca la presenza di Maria, egli diventa come un bambinetto impaurito, urla e si dimena come un ossesso. Non sopporta che una semplice e delicata creatura, che ha fatto dell’umiltà lo stigma dell’esistenza, possa, con il suo piede, soggiogarlo e incatenarlo.
L’umiltà è uno dei volti più belli di Dio perché dice prossimità, ascolto, dedizione, condivisione, compassione, benevolenza, comprensione, mitezza, valorizzazione dell’altro!
Nell’umiltà non c’è spazio per il dominio, l’insolenza, la prepotenza, l’alterigia. Dove c’è umiltà non può regnare la paura, l’angoscia, l’ansietà, ma solo la pace, l’armonia, la letizia!
La superbia è l’inferno, l’umiltà il paradiso.
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