La vita si spegne quando Gesù è lontano
Acqua, luce, vita. Sono tre angolature da cui guardare il dono più grande che Dio ci ha fatto: il Battesimo. Il primo di sacramenti, quello che ci conduce nel cuore di Dio, per sempre! Attraverso il battesimo, infatti, il Padre stringe con ciascuno di noi un’alleanza indistruttibile, che nessuno potrà mai cancellare, neanche il nostro peccato più ostinato.
L’acqua – al centro del Vangelo della Samaritana – rappresenta il desiderio di vita, di felicità: Gesù è l’unico che con la sua parola e la sua promessa può davvero dare un senso alla nostra esistenza. La sua è un’acqua viva, diremmo, oggi, un’acqua frizzante!
La luce – cardine del Vangelo del cieco nato – è il dono che Gesù fa a ciascuno di noi immerso nelle tenebre del peccato: egli ci permette di vedere con chiarezza la realtà, di comprendere ciò che è bene e ciò che è male. Non ci sono più scusanti: il “Vangelo non ammette ignoranza!”.
Questa domenica, con la risurrezione di Lazzaro, il Maestro ci ricorda un fatto, o meglio “il fatto”, che ribalta per sempre la storia: la morte non è più il tiranno assoluto che tiene in scacco l’umanità. C’è Qualcuno più forte della morte.
“Se fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”: Maria, quasi rimproverando Gesù, riconosce che dove c’è Lui non ci può essere morte, angoscia, scoramento. Questa consapevolezza diventa però anche un ammonimento: la vita diventa un sepolcro quando non è abitata da Dio. La vita si spegne quando Gesù è lontano.
Cristo non ci libera solo dalla morte che sopraggiunge al termine dell’esistenza – e già questo è un dono straordinario -, ma ci affranca da una morte che, purtroppo si manifesta anche quando uno è ancora su questa terra. Sì perché ci sono anche dei “morti che camminano” e non lo sanno. Quando l’aspirazione si limita solo al soddisfacimento del proprio piacere personale, quando la sola martellante preoccupazione è come passare il sabato sera, quando l’unica frase sulle labbra è “E a me cosa interessa?”, quando l’altro appare solo un peso da sopportare, quando tutto è incolore, insapore, grigio e vuoto… ebbene quando tutto questo accade, non si è come morti? Senza una vera prospettiva per il domani, senza un ideale che scalda il cuore, un sogno che spinge all’utopia, un amore che coinvolge e sconvolge al punto di dimenticare la fatica e la delusione… che vita è?
Papa Francesco, la sera del 27 marzo 2020, in piena pandemia, durante quell’indimenticabile preghiera in una piazza San Pietro deserta ma colma di profonda spiritualità, ha gridato con forza: “Con Dio la vita non muore mai!”.
Dio è amore e l’amore è l’unica forza che può sconfiggere la morte. È infatti l’amore per Lazzaro che spinge Gesù ad andare Betania, un amore così intenso e così umano da portare il Figlio di Dio a singhiozzare come un bambino di fronte al sepolcro del suo amico più caro! Che immagine potente e suggestiva: anche Dio piange di fronte ad una persona cara che la morte gli ha strappato! Non si vergogna di manifestare di fronte a tutti il suo cuore ferito. Ma Gesù è anche Dio e per questo ha il potere di gridare contro la morte e di farla fuggire per sempre! Quel “Lazzaro, vieni fuori!” è un invito diretto anche a noi, prigionieri nei sepolcri di certi peccati che non riusciamo a vincere, di sensi di colpa che ci soffocano, di relazioni umane che ci deludono, di paure e angosce che ci immobilizzano, di rimpianti che incatenano al passato.
San Francesco, così innamorato del Cielo e della vita, ha lodato Dio per la morte corporale e ha messo in guardia dalla “secunda morte”, quella che conduce all’inferno, alla dannazione eterna. Poniamo attenzione anche a quella pre-morte del cuore che prende il sopravvento quando siamo troppo distanti dal Vangelo, dall’amore del Padre e da quello dei fratelli.
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