Le battaglie culturali si fanno non brandendo le parole, ma gli esempi!
In questa domenica che la Chiesa dedica alla Santa Famiglia di Nazareth potremmo versare fiumi di inchiostro per difendere la sacralità del matrimonio, la bellezza dell’amore sponsale che è naturalmente aperto alla vita, l’importanza di una educazione rigorosa dei figli con i quali bisogna dialogare sempre, ma dando regole chiare e definitive, senza appiattimenti e confusione dei ruoli! Potremmo ribadire quei valori non negoziabili che il grande papa Benedetto XVI ci ha invitato a difendere con le unghie e con i denti, ultimi veri baluardi a difesa dei più fragili e indifesi: i bambini nei grembi delle loro madri, gli anziani e i malati considerati sempre più inutili e dannosi, alunni e studenti letteralmente indottrinati dalla cultura “gender” e invitati a respirare una mentalità “fluida” generatrice solo di frantumazione interiore e confusione sociale. Potremmo fare le crociate, innalzare le barricate, promuovere cortei, contrapporci con gli stessi metodi violenti e fondamentalisti di certa parte politica e culturale del nostro Paese che non ammette più un pensiero diverso rispetto al “mainstreaming” e che bolla come oscurantista e medioevale realtà, istituzioni, idee che fino a pochi anni fa costituivano l’ossatura della nostra società e che garantivano, pur con tante pecche, stabilità, coesione, dialogo fra generazioni, prosperità, speranza, futuro…
La “buona battaglia” culturale e politica va certamente condotta a livello “ideale” mostrando cioè la ragionevolezza dell’umanesimo cristiano, la sua capacità di parlare efficacemente al cuore dell’uomo mostrandogli quelle che sono le sue più intime aspirazioni e dall’altra parte smascherando quella falsa idea di libertà che pone sempre e solo al centro dell’attenzione l’individuo e i suoi diritti, dimenticando la sua dimensione relazionale e sociale e la necessità che ai diritti corrispondano sempre dei doveri.
Questa “battaglia”, però, va fatta soprattutto mostrando e non imponendo la bellezza della proposta cristiana riguardo l’amore, la sessualità, la famiglia, il matrimonio, la generazione dei figli… Oggi non è più il tempo – lo è mai stato? – dei divieti, delle imposizioni, degli obblighi… non è più l’epoca dei “no”, ma dei “sì”. Non è più il tempo degli anatemi e delle condanne, ma di una narrazione nuova del Vangelo – la più grande scuola dell’umano che ci sia mai stata – fatta non tanto di parole – lasciamole ai talk-show o agli influencer pentiti per convenienza -, ma di esempi concreti.
Un giorno, per puro caso, ho assistito alla conversazione tra due giovani: uno di essi si stupiva perché i genitori dell’altro erano ancora insieme dopo 30 anni di matrimonio! È un fatto che per molti è davvero “fuori dal mondo”. Così come non è raro che chi ha più di tre o quattro figli venga considerato un “marziano”!
I cristiani, allora, più che brandire la spada e andare all’assalto gridando “Dio lo vuole”, dovrebbero mostrare la forza e la “convenienza” di un amore fedele, continuativo, indissolubile! Avete mai sentito un ragazzo dichiarare alla propria ragazza “ti amerò per cinque anni”? L’amore richiede sempre e inequivocabilmente un coinvolgimento totalizzante, assoluto e che sfida lo spazio e il tempo! Non ci può essere un amore a scadenza e l’amore – se è tale – è capace di superare difficoltà, dissidi, incomprensioni anche tradimenti e delusioni. L’amore ama anche quando è non corrisposto come vorrebbe!
Nonostante i media asserviti alla cultura dominante vogliano farci credere che ormai il modello di famiglia naturale è tramontato perché considerato anacronistico e pure oppressivo – vedi la polemica sul patriarcato! -, ci sono ancora tantissimi uomini e donne che offrono una straordinaria testimonianza di fedeltà, di abnegazione, di forza, di apertura alla vita e al futuro. Occorre mostrare che il matrimonio non è la tomba dell’amore, ma ne è l’esaltazione, il naturale alveo nel quale far scorrere tutta quella passione e quelle energie che sono parte viva del cuore! Il matrimonio resta una grande scuola di umanità che consente all’uomo di superarsi sempre di più, di non cadere nei tranelli del godimento fine a sé stesso, della ricerca del solo proprio benessere personale, di un narcisismo infantile e infecondo. L’amore si consegna, non si concede…
Occorre mostrare che procreare figli, cioè dare la vita, è un dono straordinario che rende simili a Dio, il grande datore della Vita, e che crescerli è una sfida straordinariamente avvincente, ricca di insidie, ma allo stesso tempo generatrice di un’identità nuova, più ricca, più umana, più forte.
Le battaglie culturali si fanno non brandendo le parole, ma gli esempi!
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