3 gennaio 2024

Quelle luci multicolori di Natale sul palazzo comunale, nascondono l'effetto delle luci fioche e delle vetrine spente in città

Occhio non vede cuor non duole. Alla eterna saggezza dell’antico adagio dev’essersi ispirata l’amministrazione comunale nella scelta di un’illuminazione pubblica singolarmente spartana. Situazione momentaneamente mitigata grazie alle luminarie natalizie. Dopo di che fioche luci mestamente sepolcrali torneranno a lambire un contesto urbano che ormai dal ‘vedo non vedo’ ha tutto da guadagnare. Decisamente preferibile il vago chiarore del crepuscolo a certe illuminazioni a giorno che impietosamente rivelerebbero la nuda sequenza della desertificazione commerciale che vede spegnersi, una dopo l’altra, le nostre storiche e migliori vetrine. Resistono, e  sciaguratamente proliferano, imbarazzanti kebab e spogli antri in cui minuti asiatici di espressione indecifrabile quanto le scarne parole che riesci a strappargli, s’ingegnano sui malanni di cellulari e computer.

E’ la Caporetto del saper fare nostrano: persino i suoi più irriducibili sostenitori, vanamente cercato per giorni un tecnico di favella italica, cedono all’inevitabile e si consegnano in mani ignote, cautamente  sperando nel miracolo. E così, passo dopo passo, la ‘via della Seta’ avanza e con lei la nostra resa all’enigma asiatico.  Il resto è silenzio. Buio e silenzio. Poco male, direi. Se non fosse per un prosaico inconveniente che cercherò di evocare con la dovuta eleganza.  Se infatti le tracce della nostra antica opulenza commerciale vanno ormai scovate col lanternino, fin troppo abbondanti sono invece le tracce canine che padroni di mirabile sensibilità sociale amano condividere col resto della collettività. A ogni passo un agguato. Per non dire dei viali, in cui il manto di foglie cadute cela micidiali sorprese.  Proverò dunque a rompere il lungo sonno della locale inventiva commerciale con un simbolico gesto di ‘cittadinanza attiva’ in forma di proposta: fabbricare e commerciare calzature ‘usa e getta’ a beneficio di chi s’avventura per le strade cittadine senza adeguata attrezzatura di torcia e occhiali laser. Pervenuti, di batosta in batosta, a rivalutare i modesti piaceri quotidiani, i cremonesi potrebbero così riconciliarsi coi classici quattro passi sul Corso in rilassata svagatezza, senza la seccatura degli occhi incollati al pavimento. Considerazione, questa, che amichevolmente indirizzo a chi va dicendo che ormai siamo gente terra-terra che non sa più guardare in alto. Per forza, prova a guardare in alto una frazione di secondo e sei perduto.  Ma ecco che, passo dopo passo, superando svariate insidie e arcane  zone d’ombra, si arriva in vista di piazza Duomo: il chiarore aumenta e luce è fatta. E che luce! Agghindata a festa nel periodo natalizio la piazza ha i bagliori e le fosforescenti tinte di un luna park. Il Torrazzo svetta travestito da gigantesco torrone violaceo. Il palazzo del Comune occulta la sua elegante fattura duecentesca sotto una raffica di proiezioni luminose che all’infinito ne riconvertono forme, colori e stili ….dal bizantino al veneziano fino agli audaci ghirigori cromatici che, per qualche misteriosa associazione visiva, mi ricordano le illustrazioni di certe fiabe infantili  col verde troppo verde e il giallo troppo giallo. C’era bisogno di questo incalzare di travestimenti? Non era preferibile esaltare la bellezza monumentale della nostra piazza affidandosi a un gioco di sapienti fasci luminosi in grado di regalarci  percezione ancor migliore e più autentica dei suoi volumi, delle sue forme e dei suoi colori? Impazza, ben oltre Cremona, la moda di ridurre  storici palazzi e pregevoli facciate a schermo su cui proiettare tutt’altro. La faccenda trascende dunque la natura occasionale di un evento natalizio e si riconfigura a ben altro livello, come vera e propria scelta culturale riguardante il più corretto approccio al patrimonio artistico e monumentale di una città storica. Aiutarlo con ogni accorgimento anche tecnologico a rivelarsi e farsi apprezzare per quello che è oppure travestirlo ed eccentricamente camuffarlo per meglio ‘venderlo’ grazie a spasmodica ricerca di effetti speciali? Se ne potrebbe concludere che, immeritevoli eredi di tanta bellezza, non sapendo portarci al suo livello, molto spesso trasciniamo lei al nostro. E sempre più impietoso appare il paragone con un passato che, grazie a irripetibili condizioni socioculturali, istituzionali e politiche, per secoli fece dell’arte il principale strumento di prestigio e potenza. Artisti di genio scovati e sostenuti dal mecenatismo, botteghe artigiane d’eccellenza, Maestri di gran livello e allievi  con l’umiltà necessaria alla disciplina dell’apprendimento, un diffuso gusto per la bellezza, l’orgoglio di farne terreno di competizione fra città e città, fra stato e stato….E la cosa più straordinaria era il coinvolgimento popolare, la misura e la spontaneità di un’identificazione con l’immagine e il prestigio della propria terra che rendeva anche i più umili fieri di contribuire all’impresa. Un miracolo di coesione civica consentì al  duomo di Milano d’essere costruito anche col concorso dell’obolo dei poveri.  Età non ‘democratiche’ nel senso attualmente attribuito alla democrazia hanno sperimentato, quand’era in gioco la nascita di grandi bellezze destinate a sfidare il Tempo e la Storia, i generosi slanci di un’identificazione fra popolo e istituzioni che le nostre distratte e smidollate democrazie neanche si sognano.  Ma questi sono ricordi lontani. Reale e vicina, fin troppo vicina per le mie scontrose inclinazioni, è invece la selva dei cellulari di buona bocca che in questi giorni immortalano la facciata comunale in gran spolvero di effetti speciali. Operazione curiosità/stupore pienamente riuscita. In fondo, perché rovinarla ragionandoci sopra?

Ada Ferrari


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commenti


Michele de Crecchio

4 gennaio 2024 00:48

Da qualche tempo ho seri problemi di deambulazione. Ho sempre pensato che questo ulteriore disagio mi avrebbe reso ancora più pessimista sul devastante degrado che mi sembra vieppiù caratterizzare il già troppo mortificato paesaggio urbano della città che mi accoglie ormai da quasi ottanta anni! Al contrario della mia pessimistica previsione, devo però riconoscere che i miei disagi deambulatori almeno un vantaggio me lo hanno garantito, evitandomi di essere costretto a osservare dal vero il modo, veramente disgustoso, nel quale è stata, in questi giorni che dovrebbero essere di gioia, deturpata con luci e grafica volgarissime la facciata del nostro palazzo comunale.