Le rose e i violini, appunti per una gestione delle risorse culturali cremonesi
I recenti fatti di cronaca hanno riportato alla ribalta (se ma si fosse dimenticato) il problema della desertificazione del centro storico con tutti i disagi, gravi e meno gravi, che ne conseguono.
Pensavamo che il peggio fosse passato - la paura di andare in giro per le vie deserte a causa del lockdown - e invece succede che avvengano scippi in pieno centro alla luce del giorno.
Furto con destrezza, ma gli ardimentosi rapinatori avranno fatto uno studio preliminare dello scenario urbano… e si saranno accorti di quello che per ogni abitante del centro è fatto già noto: negozi e appartamenti vuoti, strade desolate, vita di quartiere quasi inesistente, zone circoscritte per orario e utenza deputate alla ‘movida’ serale.
Ma ci sorprende davvero tutto questo? O è il risultato di scelte politiche superficiali e scellerate radicatesi nella gestione della cosa pubblica degli ultimi anni?
L’architetto Ermentini scrive a ragion veduta di equazione città/merce, ma l’equazione non si limita alla gestione del patrimonio urbanistico…
Siamo sicuri che le strategie per valorizzare e rendere attrattiva la città siano quelle giuste? Abbiamo gli Stradivari, abbiamo Monteverdi e Ponchielli, abbiamo il grande fiume. Ma come li restituiamo e raccontiamo al potenziale pubblico?
Italo Calvino sostiene che “di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.
Qual è la domanda che ci poniamo? Cosa vuole sapere o scoprire chi ‘interroga’ l’essenza di Cremona? È rispondere alla domanda organizzare eventi in cui si riduce la piazza principale della città a scenografia bidimensionale (sporadicamente violentata da improbabili videomapping) per esecuzioni musicali raffazzonate e posteditate in studio a uso di improbabili prime time televisivi? O insistere nel giustapporre violini e campanili, violini e battelli sul fiume o tetti che dir si voglia, inseguendo i tempi dei social – tre minuti al massimo – allo scopo di intercettare i palati poco esigenti che si emozionano riconoscendo le note familiari del classico brano ‘da matrimonio’? abbiamo visto violoncelli e mucche, violini di torrone e taglieri a forma di violino, ma ci siamo mai dedicati seriamente a costruire percorsi che indaghino e raccontino la liuteria a Cremona in modo storicamente documentato e godibile per il pubblico? Abbiamo visto estate dopo estate la nostra bellissima piazza essere svenduta come palcoscenico per saggi di scuole internazionali di musica venduti alla cittadinanza come festival, possibile che non si potesse fare di meglio?
In via Bissolati la chiesa di S. Carlo è stata venduta a un privato; la chiesa di S. Vitale è in vendita; il monastero di S. Monica è diventato un campus universitario, a beneficio esclusivo dei frequentatori; il comprensorio del vecchio ospedale verrà forse recuperato per essere trasformato in residenze per anziani e famiglie; il cinema Tognazzi è chiuso da tempo immemore: questi e altri spazi, con una progettualità mirata e sostenuta da idee forti e articolate avrebbero potuto fare da volano per un’offerta che non si riducesse allo specchietto per le allodole di qualche festival con la solita programmazione all-star, circoscritto a poche settimane e dai prezzi proibitivi per tante fasce della popolazione.
Allo stesso tempo non si possono proporre come offerta culturale i saggi di classe delle scuole cittadine, che presuppongono l’impegno degli allievi, spesso distolti dai loro studi per preparare i programmi richiesti.
Cremona ha dimenticato da tempo i grandi festivals letterari che richiamavano migliaia di persone, sostituiti da manifestazioni discutibili per rilevanza e appeal degli autori invitati a partecipare.
Ma in generale non è con le manifestazioni mordi e fuggi da fine settimana, che siano a tema gastronomico, botanico, o musicale, che si costruisce l’identità di una città.
Una città cresce se possiede un humus fertile e stratificato, nutrito di partecipazione e contributi di qualità, non progetti calati dall’alto per intercettare i soliti finanziamenti milionari elargiti da enti scollegati dal territorio.
Le abbuffate malsane e gli spuntini leggeri hanno più l’aria di essere tentativi non sostenuti da una visione solida e non possono rappresentare la soluzione a breve termine per la gestione culturale di Cremona: caramelle non ne vogliamo più.
Musicista e docente di violino e orchestra d'archi del liceo Stradivari
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti
Gualtiero Nicolini
7 maggio 2021 16:10
Ha perfettamente ragione ma gli analfabeti della cultura e della liuteria della città non capiranno un bel niente e forti della loro prosopopea andranno avanti con il loro nulla eterno
Giuliocesare Monteverdi
7 maggio 2021 19:19
MI sembra che sia anche il nuovo "indirizzo " del Ponchielli: concerti degli studenti del Pareggiato, a basso costo, e la stagione è fatta.
Michele de Crecchio
8 maggio 2021 13:10
Molto ben scritto e totalmente condivisibile l'intervento di Angela Alessi. Credo dia voce ad una opinione largamente condivisa tra i cremonesi più attenti alle attuali mortificanti vicende culturali della nostra città. Personalmente avrei citato tra gli episodi meno commendevoli anche quello, in preparazione, del Museo Diocesano che rischia mortificare la tradizionale funzione del nostro centro storico come straordinario "museo diffuso", per concentrare non poche opere di particolare prestigio in un sito visitabile solo a pagamento e dove tali opere risulteranno del tutto disambientate.