11 giugno 2023

Le vetrine spente e quel cartello che ammonisce prima di far la spesa

La fotografia fissa il percorso economico di un negozio in qualche località statunitense; volendola cercare in giro sulla rete, probabilmente, si potrà capire quale città e quale negozio abbia deciso di denunciare uno stato di fatto che richiama tempi recenti.

Il cartello, tralasciando la traduzione letterale, recita di come, acquistando prodotti da multinazionali, si contribuisce a dare la possibilità ad un amministratore delegato, o CEO utilizzando l'acronimo anglofono, di comprarsi la terza casa per le vacanze mentre si toglie, verosimilmente all'interno dell'ambito familiare del titolare del negozio, la possibilità alla figlia di pagarsi le lezioni di danza o al figlio di giocare nella squadra di basket. In ultimo si fa presente il fatto che si toglie alla famiglia la possibilità di mettere il cibo in tavola, quasi a rimarcare come i genitori possano fare sacrifici di qualsiasi tipo a fronte della crescita di una famiglia, ma che senza qualcosa da mangiare tutto diventa ben difficile.

Ovviamente le multinazionali danno lavoro a migliaia di persone, fatto di certo importante e rispettabile, ma se negli anni '60 l'ing. Vittorio Valletta, amministratore delegato e presidente della Fiat, diceva che lo stipendio dell'amministratore doveva essere al massimo 12 volte quello di un operaio oggi, cercando in rete, parrebbe sia circa 700 volte. Non è il reddito il problema, ma la distribuzione dello stesso di fronte all'evoluzione del costo della vita. Il cartello è preciso, non si rivolge ai lavoratori delle multinazionali ma al CEO in prima persona perché, quasi a definire un destino comune, i problemi del piccolo commerciante di oggi sono o saranno in futuro gli stessi del dipendente di una multinazionale, non di chi le amministra.

Non viene in aiuto quel concetto atavico di libera concorrenza, dato che la libera concorrenza dovrebbe partire da regole, economiche e politiche, ben definite e condivise, mentre oggi parrebbe sempre più incentivato il concetto di avere determinate realtà che possono muoversi con maggior tranquillità all'interno di quelle regole le quali, per altri di solito ben più piccoli, devono essere rispettate in maniera ferrea. Pesce grosso mangia pesce piccolo, regola fondamentale di ogni ecosistema, ma quando in quel ecosistema viene inserito, da coloro che fanno le regole, un predatore esterno questo avrà come motivazione la distruzione dello stesso e l'accaparramento di ogni risorsa. L'equilibrio salta e ricostituirlo sarà sempre più difficile, il predatore esterno è un predatore assoluto, sfrutta una situazione e, di certo, non si preoccupa dello sviluppo di un ecosistema. Impoverito il sistema, con molta tranquillità, ne cercherà un altro in cui andare per ripartire con un lento ma progressivo sfruttamento di una situazione corrente. Il pesce diventato grosso, ma nato all'interno della realtà in cui vive, conosce bene questo equilibrio e tenderà a rispettarlo, il non farlo andrebbe a discapito suo e degli altri abitanti, con una perdita diffusa e spesso irrecuperabile.

Le vetrine spente di una città sono quel passaggio, devastante, che quel cartello statunitense cerca di mettere in evidenza, sono un passaggio devastante perché raccontano una verità tremenda, verità fatta da persone che non riescono ad affrontare passi basilari di una attività economica che punta alla sopravvivenza, non ai vernissage o ai fantomatici “brunch” per pochi eletti.

Le vetrine spente sono parte di una storia e di una cultura creata dal lavoro dell'uomo in decenni, sviluppata da quel lavoro dove una persona, a volte con i propri familiari o qualche dipendente, deve affrontare ogni giorno quel concetto di sopravvivenza, a volte il frutto del proprio lavoro è premiante, altre volte no.

Ma quello che adesso viene a mancare è il concetto di sostituzione; può capitare che chiuda un'attività, ma con un subentro veloce e non uniformato sugli stessi prodotti si mantiene viva l'offerta e, di pari passo, la voglia di concorrere allo sviluppo di un ecosistema. Un vantaggio condiviso e diffuso aiuta a vivere e a confrontarsi, aiuta anche a sviluppare scelte e regole condivise che arricchiscono l'intero sistema, non solo un CEO. L'obiezione di base che si potrebbe fare a quel cartello è quella che, con risorse limitate, accedere ai servizi dei piccoli negozi diventa sempre più difficile, obiezione lecita e logica, ma che osserva il problema nei risultati, non nelle cause.

La perdita di negozi porta, di certo, ad una riduzione delle capacità di investimento, annulla le possibilità lavorative per le generazioni future, rende miope la politica di fronte alla possibilità che gli scolari di oggi, tra qualche anno, dovranno andare a vivere e lavorare lontani da quei luoghi dove sono cresciuti. Il problema è che diventerà una scelta quasi obbligata, non voluta o cercata, ma necessaria, fatto che porterà alla costante riduzione dei servizi offerti ai cittadini. Ritrovare il valore di una lezione di danza o di una partita di basket dipende da tanti fattori ma, soprattutto, dipende dalle scelte operative di chi vede, in quei ragazzini con i genitori impegnati in un piccolo negozio, la possibilità di poter scegliere se, in futuro, entrare in quel negozio o doversi allontanare per sempre da quel mondo fatto di piccole vetrine con tante idee e poche possibilità di poterle mettere in atto.

Marco Bragazzi


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commenti


Giuseppe Zagheni

25 giugno 2023 08:52

Approvo tutto quanto scritto nell' articolo incondizionatamente ! Ma come dimenticare che proprio i piccoli commercianti o artigiani, sono stati I fattori del successo di Berlusconi ( non tutti ovviamente ,ma la maggior parte si) e suoi alleati e poi spostarsi alla lega e fdI, tutti partiti liberisti nei fatti ? Come sono disposti a cambiare?