Lettera da un chirurgo lontano. Il ‘nuovo ospedale’: passo verso il futuro o normale evoluzione del ‘luogo di cura’?
Emanuele Botteri, originario di Cremona e dirigente medico presso l'UO chirurgia generale di Montichiari, ha scritto a "Cremonasera" un editoriale sul dibattito tra i pro e i contro al nuovo ospedale.
Da osservatore lontano, ma sempre appassionato delle cronache che riguardano la ‘mia’ Cremona, seguo con interesse gli sviluppi che ruotano attorno al dibattito pubblico del ‘nuovo ospedale’. Sono sempre stato dubbioso riguardo ai plebisciti pertanto apprezzo la partecipazione e la dialettica che stanno vivacizzando il confronto tra ‘sostenitori del nuovo’ e i ‘modernizzatori del caro grande vecchio Maggiore’. Sebbene la mia firma è decisamente meno conosciuta in città dell’indimenticato ex direttore della U.O. di Medicina Generale, Dott Paolo Bodini, che di recente ha espresso il suo parere sulle colonne de ‘La Provincia’ con una accorata presa di posizione a favore del ‘nuovo’, voglio pubblicamente esprimere la mia opinione. La mia riflessione parte proprio dalla storia della struttura ospedaliera, non solo quella di Cremona! Nei secoli questa istituzione ha dovuto cambiare il proprio involucro tante volte per rincorrere le nuove sfide che la Sanità imponeva. Queste sfide son maturate nell’alveo della Medicina dal momento che questa ha abbracciato il pensiero scientifico usandolo come proprio metodo di studio. Allora nel tempo si sono chiesti spazi sempre diversi, ubicazioni differenti, strutture diverse, infrastrutture di sostegno e ricezione diverse, legislazioni ‘ad hoc’ ecc ecc. Dai primi luoghi ‘Hospitali’ medievali che erano centri per accoglienza caritatevole di un vasto ed eterogeneo gruppo di persone (pellegrini, malati, infetti, derelitti) sono nati i primi luoghi per la cura esclusiva di persone malate. A loro volta gli ospedali cittadini hanno visto moltiplicare le loro strutture inseguendo la nascita di varie specialità e le necessità di isolamento di alcuni tipi di pazienti dando i natali agli ‘ospedali a padiglioni’ ancora oggi visibili in diverse città. Alcuni decenni fa poi le necessità di rinnovamento di spazi e adeguamenti tecnologici hanno portato alla nascita di ulteriori gigantesche strutture ubicate alla periferia delle città e se possibile vicino alle arterie di trasporto (di cui fa parte anche il nostro Maggiore) con tutte le specialità incluse e non divise.
Non vediamo quindi la costruzione un nuovo ospedale come un vulnus ‘storico’.
Oltre all’involucro penso al contenuto e tutte le volte che io stesso l’ho visto cambiare potendo ora parlare per esperienza diretta. Il mio caro nonno fu operato negli anni 90 proprio al Maggiore in un sala operatoria ad uso esclusivo delle Chirurgia Generale posta di fianco al reparto. Allora ogni reparto chirurgico aveva la propria sala operatoria! Il mondo chirurgico da allora è cambiato da quando si sono notati i benefici innegabili della centralizzazione delle sale operatorie in cosiddetti blocchi operatori polispecialistici. L’adeguamento ha richiesto sforzi economici ed organizzativi inimmaginabili con soluzioni logistiche che, proprio perché adattate a situazioni preesistenti, sovente non sono state ottimali e funzionali. Pensiamo oggi di modificare di nuovo tutto dovendo trovare spazio a sale operatorie ‘ibride’, sale polispecialistiche d’emergenza, sale con strumenti chirurgici in condivisione tra vari specialisti (es chirurgia robotica)? E cosa dire di trovare risorse logistiche per le nuove necessità riabilitative in espansione esponenziale? Per non parlare degli spazi per le diverse forme di ricovero (Day hospital, Day surgery, Week Surgery, Macroattività Ambulatoriale Complessa, Bassa Intensità Chirurgica) che sempre di più affiancheranno e parzialmente sostituiranno il concetto di ‘Ricovero ordinario’ a beneficio del paziente e del suo benessere.
A tutti quelli che leggeranno queste mie riflessioni suggerisco di pensare alla medicina come evento storico ‘dinamico’ (basti solo leggere le modifiche nel corso dei secoli delle casistiche sulle cause di mortalità) perché ogni volta che tratteremo con efficacia una malattia un’altra sconosciuta apparirà e nessuno può prevedere quale impatto avrà sul paziente, sui suoi familiari e sulla società. In quest’ottica è difficile non immaginare infrastrutture che si sostituiscono in piena efficienza a quelle precedenti piuttosto che rincorrere adeguamenti che spesso sono parziali e poco adeguati. La nostra fortuna è quella di vivere in un mondo in cui la sensibilità ai temi di sostenibilità economica, ambientale ed umana sono patrimonio di tutti pertanto la costruzione a partire da zero di un nuovo ospedale non deve spaventare, ma stimolare. Occorrerà certo, riallacciandomi alle parole del dott. Bodini, attento controllo, monitoraggio in tutte le fasi della messa a terra del progetto.
L’ospedale cambierà involucro adeguandosi alle nuove necessità della Salute, ma non dobbiamo dimenticare che la qualità della cura non sarà mai determinata dalle fredde mura di un palazzo bensì dal calore delle persone che vi lavoreranno.
In bocca al lupo Cremona.
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commenti
enzo
12 dicembre 2023 17:04
Caspita, il dott. Botteri deve esser stato parecchio distratto se dalla sua Montichiari non ha percepito quello che il popolo della città e provincia di Cremona pensa della nuova tecnostruttura ideata dall'archistudio come nuova pista ospedaliera di bob. Comunque non si affanni, gli imbonitori non mancano al dott. Giuseppe Rossi...
Presariog
14 dicembre 2023 07:19
La posizione del dott. Botteri è chiara e ben spiegata mentre Enzo si limita al no senza giustificazioni solo no.
Manuel
14 dicembre 2023 17:22
Enzo sarà anche un pasdaran del movimento “no ospedale”, ma una cosa che sottolinea non può essere sottovalutata e cioè la prorompente reazione popolare alla fantascientifica struttura.
Il dottor Botteri esprime sue convinzioni e deduzioni, veicolate da esperienza maturata in reparto e ciò è da considerare positivamente, poiché dispensate, voglio credere, con passione ed affetto per la terra natia. Detto questo, pure Botteri, così come Bodini, non diffondono il Vangelo e dunque la loro pur importante apertura non può che rappresentare un tassello parziale e personale del confronto. Gli aspetti ai quali, in molti proviamo ad addentrarci e costruire un’opinione, sono plurimi e per quanto mi riguarda, i risvolti tecnico/economici appaiono più pregnanti: ricordiamo sempre che viviamo in un paese fortemente indebitato. Sulle qualità architettoniche il progetto, non entro perché senza i necessari strumenti, ma sottolineo di nuovo come “l’astronave”, non sostituisca un ex ospitale medievale o un mastodonte ottocentesco, non affronti i problemi della medicina di base, non impedisca di salassare l’erario regionale dal continuo adeguamento che si sta tuttora perpetuando.
enzo
15 dicembre 2023 17:05
Forse ha ragione Manuel nel dirmi pasdaran dell'opposizione alla Tecnostruttura O spedaliera vincitrice del concorso a Cremona, ma mi segnalano che a Bologna l'arch. Cucinella ha aperto sul quotidiano locale il fronte d'attacco alla decisione emiliana di "rinnovare" semplicemente il nosocomio regionale, citando al proposito l'ardimento lombardo di Attilio Fontana per mano del suo proconsole sanitario cremonese Giuseppe Rossi. Qualcosa da commentare, sig. Presariog? Forse al suo nickname era caduto il prefisso "Im" ?