10 ottobre 2024

Libano, attacco alle basi Unifil. Ecco come operano i soldati italiani della forza multinazionale

Sale la tensione tra Libano ed Israele, feriti due caschi blu e danneggiato un bunker con all’interno soldati italiani. La tensione al confine tra Libano ed Israele sembra non avere tregua e sembra destinata ad inasprirsi. L’esercito israeliano, proprio oggi, ha colpito tre basi della missione UNIFIL (Forza di interposizione in Libano delle Nazioni Unite). Un’azione molto grave. La notizia è stata confermata all’Agenzia Ansa da Andrea Tenenti, portavoce della missione Onu. La missione UNIFIL ha dichiarato in un comunicato che “Il quartiere generale a Naqoura e le posizioni vicine sono state colpite ripetutamente”. Non solo. UNIFIL ha rilasciato la seguente dichiarazione “La recente escalation lungo la Linea Blu sta causando una vasta distruzione di città e villaggi nel sud del Libano, mentre continuano ad essere lanciati razzi verso Israele, comprese aree civili. Nei giorni scorsi abbiamo osservato incursioni da parte di Israele in Libano, a Naqoura e in altre aree. I soldati dell’IDF (Israel Defence Forces) si sono scontrati con elementi di Hezbollah sul terreno in Libano. Ricordiamo all’IDF e a tutti gli attori coinvolti l’obbligo di garantire la sicurezza personale delle Nazioni Unite e il rispetto dell’inviolabilità delle sedi ONU in ogni momento”.

Qual è il compito dei soldati italiani in Libano

L’Italia opera dal 1978 lungo il confine meridionale tra Libano ed Israele. Prima della crisi del 2006 la Forza multinazionale UNIFIL aveva il compito di verificare il ritiro delle truppe israeliane dal confine meridionale del Libano ed assistere il governo libanese nel ristabilire la propria autorità. La guerra del 2006 di quello che viene definito Paese dei cedri, o terza guerra israelo – libanese, è stata un conflitto durato trentaquattro giorni che ha interessato con scontri a fuoco i territori del Libano e del nord di Israele in un’operazione militare su vasta scala messa in atto dall’esercito israeliano in risposta agli attacchi dei miliziani libanesi di Hezbollah. Un conflitto continuato fino al cessate il fuoco per intermediazione delle Nazioni Unite che ha avuto un effetto concreto il 14 agosto 2006. In seguito alla crisi dell’estate 2006 l’Italia, in parallelo al ritiro dell’esercito israeliano, svolge l’importante compito di sostegno alle forze armate libanesi nel dispiegamento nel sud del Paese, assistenza umanitaria alla popolazione civile e controllo di un’area libera da personale armato compresa tra la ‘Blu Line’ (linea di demarcazione, usando una definizione militare: linea di ritiro) ed il fiume Linati. Oggi, però, la storia si ripete perché i confini stabiliti sono stati violati. L’UNIFIL si trova al centro di un’importante crisi che rischia di far saltare gli equilibri della regione. Oltre dieci mila sono i soldati, quelle figure che più correttamente vengono chiamate peacekeepers, provenienti da 46 paesi con il compito di mantenere la pace in una parte di mondo che storicamente è sempre molto infuocata.

La mia esperienza in Libano

La mia permanenza in Libano a seguito dei nostri militari italiani risale al 2012. Oggi, ma a dire il vero è già da giorni, mi è impossibile non pensare a quella esperienza quando entrai alla base di Shama come giornalista per partecipare a quello che, in gergo, definiscono “media tour” organizzato dal Ministero della Difesa italiano per far conoscere alla stampa le attività realizzate dalla Forza Multinazionale UNIFIL.  Per intenderci, non un tour turistico.

La Brigata ‘Pinerolo’ aveva il compito di scortarci dall’aeroporto di Beirut con mezzi Lince e Puma fino all’arrivo a Shama. Ricordo che arrivammo in una notte di pioggia, al buio e non posso nascondere che l’impatto emotivo fu forte. Noi eravamo ospiti scortati ed accolti da ragazze e ragazzi dallo sguardo fiero che avevano il compito di difendere sconosciuti. Erano fidanzati, fidanzate, mariti, mogli, padri, mamme, persone come noi che avevano scelto questa professione. La vita presso la base militare era organizzata come se fosse una piccola città, non mancava nulla, tutto era molto semplice. Solo scambiando qualche chiacchiera al bar della base o in mensa chiesi loro cosa provavano ad essere soldati e genitori, perché scelsero questo lavoro. La risposta fu sempre la stessa: passione, amore per il tricolore, forse, qualche soldino in più in busta paga ma, credetemi, non avevo incontrato miliardari in divisa. Questi uomini, queste donne raggiungevano i vari teatri (così vengono definiti i territori di guerra) per “guardare le spalle” ai propri compagni. Non esisteva razza, non esisteva discriminazione, solo l’obiettivo della pace.

Ho vissuto a stretto contatto con loro, condividendo spazi, disagi, pensieri ed accompagnandoli a svolgere il loro lavoro da militari, ho molto osservato. Numerose erano le attività che venivano organizzate per garantire un continuo dialogo e confronto con le autorità politiche e religiose locali. Esisteva un comparto speciale, il CIMIC - Civil Military Cooperation, che si occupava di progettare strade, scuole, realizzare strutture per la fornitura di acqua potabile, offriva supporto medico e veterinario non solo a personale militare ma, anche, alla popolazione. 

Ci sarebbe molto da dire, forse un libro da scrivere. Difficile riassumere in poche righe. In teatro ogni azione deve essere attenta meditata, il minimo errore potrebbe portare a gravi conseguenze. Prima di uscire servono le basi per la sicurezza: elmetto, giubbotto antiproiettile, scarponi ed occhi aperti. Non dimenticherò mai il pattugliamento notturno lungo la Blu Line.

Il Libano è il Paese delle forti emozioni, delle spiccate contraddizioni e degli eterni antagonisti. Una terra in cui è possibile osservare la tomba di un antico uomo saggio, Sheikh Abbad, divisa a metà dalla Blu Line. Nel 2012 scrissi in un articolo che Libano e Israele vivono in perenne conflitto alla ricerca di una pace stabile che giace sul filo del rasoio. Oggi i fatti, purtroppo, mi hanno dato ragione. 

Le foto in Libano sono di Beatrice Ponzoni

Beatrice Ponzoni


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commenti


Roberto

14 ottobre 2024 07:59

Se non ho letto male sul sito del ministero della difesa, il compito di unifil, tra gli altri è quello di disarmare le bande armate hezbollah a sostegno dell'esercito libanese. Mi domando come sia possibile che oggi questi terroristi possano essere in possesso di 150/200 mila missili e droni. Scavare tranquillamente tunnel, avere 100 mila soldati. E l'esercito libanese? a me sembra una farsa, sostanzialmente tutti al soldo dell'iran pertanto concordi nel distruggere lo stato di Israele.