Lo spaventoso rumore della guerra
Questa notte Putin ha attaccato l’Ucraina e questa azione rende difficile ogni previsione. Scene di guerra che mai avremmo voluto vedere. Voci di un terzo conflitto mondiale ma le parole che si utilizzano, oggi più che mai, hanno un peso immenso e devono essere scelte con grande attenzione.
Gli ucraini di Mariupol sono nel mirino di Putin, i video già in rete lo dimostrano in modo inequivocabile, la città di Kiev si svuota, lunghe fila di macchine fuggono tra l’assordante suono delle sirene. Ci sono già i primi morti. La gente ha paura. Lungo i confini ucraini alcuni check point sono già stati colpiti. Alcuni colleghi giornalisti presenti sul territorio parlano, in modo non confermato, di un’invasione russa con mezzi anfibi sul Mar d’Azov. La popolazione vive uno stato d’emergenza. Se da un lato abbiamo il leader del Cremlino che fa il pugno di ferro per demilitarizzare Kiev, dall’altro abbiamo un popolo ucraino che cerca di sopravvivere e si deve difendere. Il conflitto era nell’aria da tempo.
La vera guerra, quella di cui non si parla, la si combatte ormai da un anno: si usano soldi, scambi di email, incontri tra lobbisti ucraini ed americani. Il punto di discussione è molto semplice: la rotta del passaggio del gas. Il territorio ucraino è un punto di transito molto appetitoso, numerosi sono gli interessi geopolitici ed economici in gioco perché, ed è un dato storico, gli scontri nascono sempre per ragioni d’interesse monetario travestito poi da salvaguardia del territorio o agevolazioni varie della popolazione. Per capire la crisi tra Russia ed un Ucraina dovremmo fare un salto nel tempo, almeno al 2013, quando presero piede le prime proteste che, in seguito, vennero chiamate Euromaidam. Da allora i rapporti tra i due Paesi furono sempre sul filo del rasoio. Dal 1991, quando Kiev dichiarò l’indipendenza dall’Unione Sovietica, la nazione ha sempre oscillato tra la vicinanza all’Occidente e quella alla Russia, una politica fatta di contrasti e di conflitti interni che hanno sempre creato una forte divisione di pensiero anche nella popolazione. Non possiamo dimenticare gli almeno 14mila morti, vittime dello scontro tra le forze ucraine ed i separatisti, da tutti ritenuti supportati da Mosca, nonostante non ci sia mai stata un’ammissione dal Cremlino. Un territorio complicato, basato su dinamiche che non possono non tenere conto della storia più antica, quelle pagine che dovremmo studiare per non ripetere gli errori fatti dai nostri predecessori ma che, puntualmente, sembriamo dimenticare. Putin, di fatto, sembra volersi riprendere un territorio storicamente inserito nei confini Russi e vuole impedire l’adesione alla Nato dell’Ucraina per evitare che l’Alleanza Atlantica controlli il confine occidentale russo. Situazione che, invece, sarebbe favorevole per Occidente ed America.
Perché tutti vogliono l’Ucraina? È una nazione tenuta da sempre con un profilo basso. In realtà, ricchissima: considerata il granaio d’Europa da sempre, una superficie immensa di suolo seminativo, terra ricca e rigogliosa, ricca di risorse naturali, tra le più ricche riserve di carbone al mondo, ricca di riserve minerarie di mercurio, ricca di riserve di minerali di uranio, tra le più ricche in Europa per le riserve di gas… e l’aggettivo ricca, non è un errore di ripetizione.
Oggi stiamo scrivendo una brutta pagina di storia. È un giorno terribile perché segna il fallimento della Nato e mette in evidenza tutta la debolezza dell’America e dell’Unione Europea. Oggi, servirebbero veri garanti di pace. Sono stati spesi fiumi di parole, sono state imposte delle sanzioni che sicuramente non porteranno ad una resa. Gli obiettivi di Putin sono chiari e ben definiti. Il tema vero è capire quanto tempo ci impiegherà nel raggiungerli e, soprattutto, se qualcuno si azzarderà a contrastarlo. Difficile è tentare di fare previsioni su quali ripercussioni questo conflitto avrà su tutti noi. Ora è il tempo delle voci, il tempo delle notizie non confermate. La verità inequivocabile è che c’è un’intera nazione spaventata e che sta tentando di mettersi al riparo. L’Ucraina è tanto bella ed immensa quanto complicata. Già segnata trentacinque anni fa dal disastro di Chernobyl, le cui conseguenze sono ancora evidenti, oggi si ritrova catapultata in un altro incubo. La mia visita risale ad una decina di anni fa, alcuni amici mi dicono che poco è cambiato. Saltava immediatamente all’occhio la devastante povertà delle campagne adiacenti la zona contaminata, chiara fotografia di un disastro umano ed ambientale, purtroppo, non ancora risolto. Popolazioni che, seppur in quadro politico differente da quello europeo, avevano una casa, una vita. La realtà delle campagne ci rappresenta un quadro difficile, inimmaginabile per il modo in cui noi siamo abituati a vivere: l’acqua in casa, il calore del riscaldamento, la televisione sono un lusso. Popolazioni che vivono la quasi irraggiungibile differenza sociale tra le realtà che compongono le città e coloro che hanno scelto di vivere, nonostante tutto o forse perché non avevano altra scelta, nelle campagne. Un popolo che, ancora una volta, è costretto a lasciare tutto per ritrovarsi un niente.
Il rumore della guerra è spaventoso, è un trauma. È un qualcosa di difficile da dimenticare. Non ci si può abituare agli occhi del dolore, all’odore della paura, alla desolazione di non avere un tetto dove ripararsi o del cibo con cui cibarsi. Non c’è nulla da inventare, nessuna emozione da ostentare da improvvisati scrittori. È il tempo della verità.
giornalista, inviata di guerra
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