Lo spettacolo che rinnova il mondo
La passione secondo Luca letta nella domenica delle Palme di quest’anno è ricca di piccoli quadri unici, che impreziosiscono questo racconto e conducono il lettore a stampare nel cuore una particolare Via crucis emotivamente forte e coinvolgente. Da Luca conosciamo il dolore di Gesù fino a sudare sangue mentre è in preghiera nell’orto degli ulivi, le lacrime di Pietro dopo che ha rinnegato il Maestro per tre volte, l’interrogatorio davanti ad Erode il quale riveste Gesù di una splendida tunica prima di rimandarlo a Pilato, l’incontro con le donne di Gerusalemme, il perdono per i crocifissori, la conversione di uno dei due malfattori crocifissi con Lui.
Ognuno di questi piccoli quadri meriterebbe una riflessione speciale, poiché attraverso queste scene Luca dipinge il volto di Dio che traspare nel volto di Gesù e ci offre, nelle pieghe di questi fatti che come gemme vengono incastonate sull’oro del racconto della Passione che Luca riprende da Marco, la grandiosa maestosità di un evento che agli occhi dei più poteva semplicemente apparire come l’ennesima esecuzione capitale da parte dei romani, ma che in realtà è da leggersi come il punto di svolta nella storia del mondo.
Lasciando da parte tutti questi quadri, scelgo di fermarmi su due pennellate graffianti che Luca ci regala quasi al termine del suo racconto della Passione.
Dopo che tutto si è svolto, Luca riassume quanto è accaduto parlando di uno «spettacolo», di fronte al quale tutto il popolo si batte il petto (cfr. Lc 23,48). È qui probabilmente richiamata la profezia di Zaccaria che parla della consolazione di Gerusalemme operata da Dio attraverso il dono dello Spirito. Nel testo del profeta Dio è definito come Colui che è stato trafitto, per il quale si fa il lutto come si piange per un figlio unico (cfr. Zc 12,10-11). Luca richiama in pochi versetti il dono dello Spirito che Gesù ha rimesso nelle mani del Padre morendo in croce e che sarà effuso dopo la risurrezione di Gesù su tutti i popoli; attribuisce a Gesù i titoli che sono dati al Padre nella pagina di Zaccaria e parla indirettamente della consolazione che comunque raggiunge Gerusalemme, ancora una volta, nonostante il rifiuto che la città ha opposto a Gesù.
Anche noi, da oggi e per tutti i prossimi giorni possiamo metterci davanti ai racconti che ascolteremo come di fronte a un grande spettacolo che Dio ci offre per mostrarci il suo amore. E questo spettacolo non è una messa in scena, non è una rappresentazione, ma un vero e proprio evento che accaduto una volta si rinnova nella celebrazione dei riti della Settimana Santa, ma soprattutto nei Sacramenti che in questi giorni vengono celebrati, così che anche a noi è data la possibilità di vedere e di incontrare il volto di Dio che si manifesta nella Pasqua di Gesù.
Se nel deserto il popolo si costruisce un vitello d’oro per farsi un’immagine di Dio e di fronte ad esso si prostra dicendo «Ecco il tuo Dio» (cfr. Es 32,8), nel raccontarci la Passione Luca pone davanti ai nostri occhi lo spettacolo dell’amore di Dio, quello spettacolo di fronte al quale anche noi non possiamo fare altro che batterci il petto, in segno di colpa non meno che in segno di accoglienza di qualcosa che grandiosamente ci raggiunge e ci appartiene, perché ci è donato, gratuitamente.
Lo spettacolo della Passione tocca la mente e tocca il nostro cuore, profondamente; tocca i nostri sentimenti di carne e sangue. E per farci aiutare in questo, possiamo ricorrere alla bellezza dell’arte, che spesso ha tentato di rappresentare la scena della morte in croce del Signore. Fra tutti i capolavori che si possono richiamare merita certamente uno sguardo il grandioso affresco del Pordenone che domina la controfacciata della cattedrale di Cremona. Chi ne ha la possibilità, potrebbe porsi di fronte ad esso e collocarsi all’interno delle scene ricche di patos che il pittore ci ha regalato (lo slancio del buon ladrone, il dolore della Madre unito a quello di Giovanni e delle donne, il dialogo dei capi del popolo, la fede del centurione, lo smarrimento dei convenuti di fronte al mondo che si spezza, come raccontato dall’Evangelista Matteo). Potrebbe poi immedesimarsi in quei personaggi e lasciare che anche attraverso gli occhi giunga al suo cuore lo splendore della redenzione, manifestato nella scena della crocifissione.
La seconda pennellata che colgo da Luca completa quanto fin qui detto. Come i discepoli di allora anche noi, pur partecipando a questo evento, ci collochiamo da lontano a guardare tutto questo (cfr. Lc 23,49). Mi sembra importante sottolineare questa lontananza, poiché invita a riconoscere l’unicità del Maestro. C’è una unicità di Gesù che non possiamo dimenticare. L’espressione “da lontano” parla della nostra fatica ad essere discepoli, parla del nostro desiderio di essere con Lui che non sempre raggiunge il suo scopo, ci colloca in quell’umiltà che mancata a Pietro lo portò prima ad affermare di essere sempre con il Maestro e poi a rinnegarlo nel momento della prova. La consapevolezza di essere con Gesù “da lontano” ci aiuta a rimetterci sempre al nostro posto, a non presumere di essere più di quel che siamo, ci aiuta a riconoscere che tutto il cammino percorso durante la Quaresima non ci ha portati vicino, perché ce lo siamo meritati; se autenticamente vissuto questo cammino ci ha condotti ad invocare sempre la vicinanza con il Signore come un dono che non possiamo darci, ma solo ricevere. Un dono che speriamo nella fede e che umilmente, continuiamo ad invocare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti