Lombardia e sistema sanitario in affanno
Ho avuto modo di leggere i diversi interventi comparsi in questi giorni su Cremona Sera e non posso che essere d’accordo con quanto rilevato, in particolare sulla necessità della medicina territoriale, sul potenziamento degli ospedali pubblici e dei piccoli ospedali (vedi articolo Dr. Dossena – mio ex Primario, che condivido pienamente).
Sicuramente la sanità privata riveste un ruolo molto importante che va però correttamente regolamentato.
E' fondamentale rivedere il ruolo dei medici di medicina generale che a mio avviso dovrebbero diventare dipendenti pubblici a tutti gli effetti avendo nello stesso tempo maggiori tutele lavorative (presidi protettivi, strumenti diagnostici).
Sicuramente se il servizio di medicina territoriale e di medicina generale venissero potenziati adeguatamente si ridurrebbero in modo significativo gli accessi al pronto soccorso.
Quello che tuttavia vorrei rilevare, è che bisognerebbe andare alla radice del problema, ossia compredere perchè proprio nella regione Lombardia il sistema sanitario sia andato così in affanno durante la pandemia COVID correlata.
Per comprenderlo dobbiamo tornare alle riforme 502/1992 ed alla 229/1999 (Bindi)
Con questi decreti legislativi, tra le diverse riforme, e' stato sostanzialmente rivisto il rapporto fra committenza ed erogazione del servizio sanitario, procedendo di fatto all’esternalizzazione dei servizi sanitari alle aziende, pubbliche o private, dotate di autonomia finanziaria. E' stata cambiata la struttura organizzativa e di rimborso delle prestazioni, creando un sistema “quasi mercato” a cui vengono imposti i LEA (livelli essenziali di assistenza) e la stabilizzazione dell’utilizzo dei DRG, pacchetti di servizi che raggruppano i costi di degenza e prestazioni sanitarie.
In questi ultimi è da evidenziare un sistema complesso, che prende esempio dal modello assicurativo sanitario Statunitense basato su un pagamento attivo delle prestazioni mediche, ma applicato al nostro sistema italiano di tutta altra matrice.
E' proprio questo il problema che voglio rilevare, ritengo quindi non sia corretto questo tipo di rimborso soprattutto nel momento in cui, il mercato in realtà non esiste, e nel momento in cui non sono le assicurazioni a pagare ma lo stato attraverso la tassazione.
Negli USA tale tipo di pagamento induce una competizione tra i diversi ospedali privati ( retribuiti dalle assicurazioni ), in Italia a provvedere al pagamento è sempre lo stato che invia alle ASL i fondi per quota capitaria, e che poi provvedono al pagamento delle prestazioni attraverso i DRG. Praticamente le ASL diventano centrali di appalto che acquistano le prestazioni direttamente dalle AO.
Solo la Lombardia, fra le regioni italiane, ha sposato un sistema “a contratto puro” dove l’erogazione del servizio viene posto su un mercato dove le aziende pubbliche e private agiscono alla pari e dove le ASL (ora ATS) e AO sono totalmente separate. In altre regioni come la Toscana sono le stesse ASL che forniscono le prestazioni e quindi avendo dei rimborsi per quota capitaria.
La Lombardia ha preferito un sistema separato perchè all'acquisto delle prestazioni non era solo la Lombardia a concorrere ma anche e soprattutto le regioni del sud con la mobilità passiva.
Questo principio in pratica esternalizza totalmente il servizio sanitario. Diviene fondamentale in questo contesto, per le aziende ospedaliere, concentrarsi sui servizi più remunerativi, andando ad erogare più servizi possibili in grado di portare maggior profitto. Riconfigurando la propria struttura sulle esigenze di mercato, seguendo logiche di guadagno.
La conseguenza è un indebolimento del SSN tutto, il naturale sviluppo del quasi mercato delle prestazioni ha determinato uno sviluppo geograficamente differente e si sono formate nel Paese aree in cui il livello di assistenza sanitaria è sotto la soglia degli standard conosciuti.
Il caso Calabria è quello più eclatante, diventata zona rossa per carenze strutturali, durante l'emergenza COVID.
A questo punto la mia proposta è quella che
- i privati debbano essere convenzionati con il pubblico fornendo prestazioni sia redditizie sia non redditizie (definite dalle necessità regionali ed anche interregionali per i centri di eccellenza).
- Anche le strutture private dovrebbero erogare prestazioni di emergenza- urgenza
- Non è corretto che esistano regioni con sanità di serie A e sanità di serie D, con pazienti costretti a spostarsi non per un trapianto d'organo ma per interventi di protesi d'anca! (sarebbe corretto avere dei centri d'eccellenza nazionali a cui afferissero tutte le regioni ad esempio per i trapianti di cuore )
- Non è corretto che il privato si occupi solo di un determinato tipo di prestazioni (quelle più remunerative)
- Non è corretto che venga utilizzato lo stesso sistema di remunerazione tra pubblico e privato:
è ovvio che il sistema pubblico non può tenere il passo degli ospedali privati, soprattutto se i privati si occupano di patologie maggiormente remunerative e di elezione (chiudendo i bilanci in positivo ) mentre il pubblico si occupa dell'emergenza urgenza e di attività a maggiore costo e minore guadagno.
Ritengo dunque che il pagamento delle prestazioni per gli ospedali pubblici non possa essere attraverso il DRG ma occorre ritornare al sistema capitario o rivedere adeguatamente l'attuale sistema inserendo dei fattori / criteri di correzione.
Occorre contrastare fortemente la mobilità passiva creando i presupposti perchè ogni Regione abbia la capacità di garantire gli stessi standard, individuando ad esempio dei centri nazionali per le patologie rare / trapianti etc…
Occorre infine investire in modo significativo sulla Prevenzione che non rappresenta interesse e fonte di guadagno per le aziende perché poco remunerativa, ma è fondamentale per il benessere dei cittadini e per la riduzione della spesa sanitaria statale (in termini di riduzione interventi /trattamenti ad esempio lo screening per il tumore della mammella).
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