Mattarella a Casa del Manzoni: l’Italia rende omaggio al gigante lombardo a 150 anni dalla morte
Il 22 maggio del 1873 moriva a 89 anni Alessandro Manzoni, e ad esattamente 150 anni il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli renderà l’omaggio di tutta la Nazione, visitandone la casa-museo nel centro di Milano a pochi passi da Piazza della Scala.
Parlare di Manzoni in occasione del suo 150enario sarebbe facile e al contempo inutile: non conosco la sua opera quanto merita e di certo non abbastanza per riassumerla nelle poche righe di questo editoriale. Ma se il Presidente Mattarella ha un luogo dove omaggiarlo è perché ancora oggi Manzoni ha una Casa, e proprio di quella vorrei parlare.
Manzoni morì una settimana dopo essere caduto sui gradini della chiesa di San Fedele all’uscita dalla immancabile messa quotidiana e a pochi metri dalla sua abitazione di Via Morone, proprio nel mezzo tra il Duomo La Scala e a via Montenapoleone. Non si potrebbe immaginare abitazione più mondana di questa, ma la Milano di allora non era certo quella di oggi. Anzi, all’epoca la zona che oggi è al centro delle voluttà abitative di tanti ricchi del pianeta era molto meno importante del ben più aristocratico Corso Venezia, dove peraltro Manzoni avrebbe ben potuto permettersi un sontuoso palazzo nobiliare: era infatti uomo di gran mezzi essendo destinatario di ben tre patrimoni: quello del padre conte Pietro Manzoni, quello ben più ingente di Carlo Imbonati, amante della madre Giulia Beccaria, ed infine la ricchezza della moglie Enrichetta Blondel, figlia di un banchiere svizzero. Ma per Manzoni la sobrietà era già allora ben più che un mero atteggiamento sociale, ma tratto intimo imprescindibile e costitutivo di sé: scelse quella casa perché al centro dei suoi affetti più cari e dei suoi bisogni di studioso; era infatti vicina alle abitazioni dei suoi migliori amici e delle più importanti biblioteche cittadine. La acquistò per 107.000 lire il 2 ottobre del 1813, assieme alla moglie e dopo la nascita del secondo figlio: allargandosi la famiglia decisero di comperar la casa di Don Alberico de Felber, un sobrio palazzetto graziosamente ricamato da tanti bei fregi in caldo cotto lombardo, che sorgeva discreto e borghese all’ombra del ben più maestoso e splendido Palazzo Belgioioso. Dopo la morte di Manzoni e varie compravendite, la casa fu donata dalla Cariplo al Comune di Milano nel 1937, a patto che del grande scrittore divenisse museo e centro studi.
Visitare quella casa è una sorprendente emozione: varcata la soglia si ha immediatamente l’impressione di entrare in un luogo fuori del tempo, che ha tutto il sapore di quella Milano di fine Ottocento pacata e gelosa di sé oggi scomparsa; un’oasi di riposo nel fragore forsennato della frenesia contemporanea, che tanto poco in verità appartiene al DNA della Lombardia e della sua capitale. E in effetti quella casa ha tutto l’immediato sapore delle nostre grandi case di campagna, che odorano del verde bagnato della nostra terra ma anche delle cose semplici e buone delle nostre cucine: insomma, par proprio la sensazione dolce e rassicurante di quando da bambini si entrava in casa dei nonni. Il cortile, semplice ma delizioso e ingentilito da tanti rampicanti, ci porta subito a un luogo sacro: lo studio in verde del Manzoni si allunga silenzioso verso due grandi finestre che danno su un verdissimo giardino, foderato da grandi librerie in mogano ricolme di libri rossi e blu e al cui centro sta la semplicissima scrivania sulla quale è nata la prosa italiana e anche un pezzo d’Italia unita. Dal grande ombroso androne in color biscotto si sale ad un’altra stanza che incute subito un rispetto tanto delicato quanto solenne: la camera da letto del grandissimo e ricchissimo scrittore pare quella di un frate cappuccino, con un lettuccio in ferro e un piccolo crocefisso al muro che lascia veramente imbarazzati rispetto alla grandezza dell’uomo e dei suoi averi, ma che non si può definire se non “manzoniana”: pare che tutto ciò che i Promessi Sposi hanno rappresentato e insegnato sia lì da vedere senza nulla aggiungere.
Quella casa è la quintessenza della “lombardità” di un tempo : una ferrea sobrietà pur nella grande disponibilità di mezzi, una oculatezza quasi spietata nell’evitarne l’ostentazione, e una gelosia di se stessi che è in realtà diffidenza verso tutto ciò che si cela oltre le lunghe nebbie invernali e le muraglie estive del granturco. E una fede profonda, contadina, che regola tutto silenziosa e presente come la Provvidenza, ma anch’essa ridotta all’essenziale quasi che fosse un peccato mortale ostentarla. Manzoni, uno dei primissimi italiani e padri dell’Unità d’Italia, fu anche veramente il più lombardo dei lombardi, colui che forse più di tutti traghettò il Lombardo-Veneto nel Regno d’Italia.
Manzoni era poi affezionatissimo anche all’altra sua abitazione, quella grande villa di Brusuglio alle porte di Milano dove tanti rocamboleschi esperimenti botanici ha compiuto, come quello sforzo avvilito ma mai domo della coltivazione del banano, che ovviamente finiva divorato dalle brine invernali ad ogni stagione con buona pace della perseveranza del grande scrittore.
Se in questa casa lunedì la Repubblica intera per scelta del suo Presidente ha un luogo così degno di omaggiare l’uomo che con la sua penna ha fatto un pezzo d’Italia, lo dobbiamo, fondamentalmente, a tre persone: il banchiere umanista Giovanni Bazoli che nel 2015 con Intesa ne ha finanziato uno splendido, garbato e meticolosissimo restauro; Il Prof. Angelo Stella, Presidente del Centro Studi Manzoniani, Accademico della Crusca e già Ordinario di Storia della lingua italiana all’Università di Pavia; Jone Riva, nostra concittadina cremasca e Segretaria di Casa Manzoni.
Chi scrive ha la fortuna di potersi fregiare della amicizia di questi ultimi due: Angelo Stella che custodisce il ricordo del Manzoni con la fede incrollabile e l’energia forte ma serafica di un Templare e Jone, che di quella casa è veramente la perfetta custode, garbata elegante e sempre accogliente come la prosa del grande Alessandro. A loro va il mio grazie per questi anni di amicizia e di frequentazione, e a voi tutti l’invito a visitare la Casa nei tantissimi eventi che quest’anno la vedono protagonista.
(La foto del professor Martelli è di Daniele Mascolo)
Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano
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