Medici, altri addii all'ospedale. Basteranno nuovi muri?
Il chirurgo Alberto Bottini ha lasciato da tempo la Breast unit, sua ‘creatura’ nonché approdo sicuro per migliaia di donne. Negli ultimi tempi si ha la percezione di una migrazione delle pazienti cremonesi con neoplasia mammaria verso altre strutture. Sarebbe utile che l’Azienda sanitaria di Cremona facesse chiarezza. E’ importante conoscere questi dati. Devono essere resi noti anche quelli epidemiologici sull’incidenza del tumore alla mammella e sulla mortalità conseguente a questa patologia, importantissimi per la popolazione. Le dimissioni delle radiologhe Maria Bodini, Maria Cristina Marenzi e Angela Tira non contribuiranno ad aumentare il numero delle pazienti della Breast unit. Temiamo il contrario. Bisogna investire sulle professionalità e cementare il rapporto fiduciario coi pazienti se si vuole allargare il bacino d’utenza. A questo punto forse è necessario riconsiderare la Breast unit come reparto d’eccellenza. Non serve cullarsi sugli allori, ma lavorare per recuperare credibilità, investendo in via prioritaria sulle risorse umane. Ma il tema del giorno non è quello della qualificazione e valorizzazione del personale.
Si discute del progetto di un nuovo ospedale a Cremona dopo l’annuncio del finanziamento di 300 milioni di euro dato dall’assessore regionale al welfare Letizia Moratti. C’è soddisfazione a livello istituzionale. E non può essere altrimenti: una struttura sanitaria di importanza fondamentale, nuova e tecnologicamente avanzata, destinata a soppiantarne una obsoleta, può contribuire a riqualificare un territorio che si è progressivamente impoverito. Ma tra le righe della dichiarazione del sindaco Gianluca Galimberti, fatta al termine del recente incontro col direttore generale dell’azienda ospedaliera Giuseppe Rossi, traspare la preoccupazione perché accanto al vecchio monoblocco non sorga solo un complesso bello, moderno e funzionale. ‘Deve essere un’occasione di rilancio della sanità e della salute, a favore dei nostri cittadini – ha puntualizzato Galimberti -. Perciò occorre dare vita a un percorso che coinvolga tutti i soggetti interessati, dai sindaci ai medici, per condividere il progetto strutturale e costruire con il contributo di tutti, ognuno col proprio ruolo, un sistema di servizi efficiente e funzionale’. Tradotto: ben venga un nuovo contenitore, ma pensiamo contestualmente al contenuto. Il progetto è da inserire in un sistema sanitario rafforzato nel quale riprenda centralità la medicina del territorio che la politica regionale ha penalizzato per anni, col risultato che la Lombardia ha affrontato con armi spuntate l’emergenza pandemica.
L’assistenza ospedaliera e sul territorio sono da ripensare e ricostruire. Architrave del sistema sono le figure professionali. Più che di un nuovo ospedale, è il mantra che rimbalza tra i dipendenti, c’è urgente bisogno di medici, e di dipendenti in genere, qualificati e gratificati del lavoro che svolgono. Tutto il personale deve sentirsi motivato per dare il meglio di sè.
Le dimissioni di tre esperte radiologhe non rientrano nel normale avvicendamento dei dirigenti. E’ un fatto traumatico che apre una falla nella rete di rapporti tra medico e paziente, costruita nel corso degli anni. Produce una ferita che non si rimargina con la semplice sostituzione di un medico che se ne va con un altro che arriva. Soprattutto se l’abbandono matura in una situazione di disagio professionale. Questo è un tema ineludibile. E’ offensivo, oltre che sbagliato, considerare fungibili medici e primari.
Intanto l’esodo dal Maggiore continua. Sandro Reggiani ha lasciato il reparto di Medicina, pietra angolare dell’ospedale, per continuare l’attività a Cremona Solidale. Non sarà facile sostituire un professionista cremonese apprezzato e di vasta esperienza con un suo omologo esterno. Magari lodigiano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti