Nel vocabolario dell'amore non esiste la parola "basta"
È sufficiente seguire i Comandamenti per essere realmente cristiani, per incarnare nella nostra vita lo stile e il modo di relazionarsi di Gesù? Bastano le dieci Parole a far germogliare quell’amore che Cristo ci ha mostrato dall’alto della Croce?
Intendiamoci, nessuno vuole sminuire e disprezzare le due tavole della legge vergate dal dito di Dio sul monte Sinai, ma queste norme – che hanno contribuito ad umanizzare l’uomo indicandogli la via del bene, della promozione e del rispetto della vita, della dimensione comunitaria – possono bastare a chi ha incontrato lo sguardo pieno di tenerezza e di misericordia del Figlio di Dio?
Gesù, subito dopo aver pronunciato le beatitudini, chiarisce che non è “venuto ad abolire la legge e i profeti, ma a portarli a compimento”. Ciò che Mosè ha stabilito è cosa buona e giusta per mantenere la pace e la concordia tra le persone, per aiutare l’uomo a vivere rettamente, pienamente consapevole di far parte di una comunità dove prima dei diritti vengono dei doveri, ma per chi ha incontrato l’Amore – che nulla chiede per sé stesso e tutto dà all’altro perché si realizzi e sia felice – queste leggi rappresentano il “minimo sindacale”, la base per una ragionevole convivenza civile.
In questo tempo dello Spirito, inaugurato dalla passione, morte e risurrezione di Cristo, i comandamenti sono l’anticamera, ma per arrivare nel cuore dell’abitazione, dove soggiorna il Padrone di casa, ci vuole ben altro! Non bastano dei comandamenti, servono dei profondi atteggiamenti del cuore, scelte esistenziali che dicono che abbiamo incontro l’Amore e non possiamo più vivere al di fuori di esso.
Anche perché i comandamenti con il loro invito a non fare alcune cose possono ingenerare da una parte una sorta di formalismo (“Ho eseguito alla lettera il precetto per cui sono a posto in coscienza”) che quasi sempre non cambia il cuore dell’uomo, ma lo anestetizza e, dall’altra, una specie di mediocrità che non spinge oltre a quello che viene richiesto.
Ecco allora che Gesù ci indica una nuova legge, che non ammonisce o vieta, ma che spalanca un orizzonte infinito di bene!
Allora non mi accontenterò più di professare la mia fede nell’unico di Dio, di non nominare più il suo nome invano, di santificare le feste ma susciterò dentro di me quella povertà di spirito che è affidamento totale e assoluto a Lui, alla sua volontà. Il povero in spirito è l’umile, il piccolo, colui che si svuota da sé stesso, per farsi riempire unicamente da Dio. In lui non c’è arroganza, non c’è supponenza, non c’è orgoglio, non c’è pretesa di essere null’altro se non un servo obbediente e grato di Dio!
Non mi accontenterò di non aver ucciso, ma imparerò ad essere mite, cioè a non usare mai la violenza per far valere i miei diritti, così come opererò sempre per la pace, impegnandomi affinché tutti gli uomini si sentano fratelli, nel dialogo e nella comprensione reciproca, evitando maldicenze e sospetti malevoli. E farò in modo che su tutto e tutti regni la misericordia che si nutre unicamente di perdono, di compassione, di pietà.
Non mi basterà non aver rubato, ma coltiverò dentro di me quella fame e sete – cioè quella passione – per la giustizia che è prima di tutto la volontà di Dio che si realizza nella storia, ma che è anche il presupposto perché l’uomo possa vivere rispettato nella sua dignità e nei suoi diritti. È la chiara e categorica risposta al menefreghismo, all’indifferenza, all’omertà, al “non ho visto” o al “non mi riguarda”, a quel “lavarsi le mani” che da due millenni condanna l’innocente e permette al prepotente di trionfare e di gioire.
Non mi soddisferà evitare gli atti impuri, ma serberò sempre uno sguardo puro sugli altri e sul mondo. Uno sguardo di contemplazione, di meraviglia, di gratitudine dinanzi alla bellezza del Creato che è sempre e solo riflesso della bellezza di Dio. Rifiuterò, quindi, l’insana tentazione di depredare, di conquistare, di usare, di accaparrare solo per me, unicamente per me, per soddisfare il mio godimento e il mio piacere!
Sono solo alcuni esempi di come le beatitudini non invitino semplicemente ad evitare il male – come i comandamenti – ma fissino l’attenzione sull’Amore, che non ha barriere, non ha confini. Con l’amore non si può mai dire “basta così, ne ho fatte fin troppo!” o “basta esagerare!”. Nel vocabolario dell’amore, non esiste la parola “basta”.
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