Nelle nostre mani l’oggi del Vangelo
Il brano di Vangelo che si legge in questa domenica ci porta ad ascoltare due inizi che si trovano nel testo di Luca.
Il primo di questi inizi è l’introduzione della “narrazione”, così come l’Autore stesso chiama la sua opera. Luca ci comunica che ha scritto un racconto che riguarda “gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi”, avvenimenti per i quali egli dice di aver fatto ricerche accurate, prima di esporli, affinché il suo lettore possa essere confermato di quanto sa, perché lo ha ricevuto da coloro che, avendo visto ne sono testimoni e avendo raccontato sono divenuti servi della “parola”. Scrivendo qualche decennio dopo la morte e risurrezione di Gesù, probabilmente tra l’anno 70 e l’anno 80, Luca vuole esporre con precisione quella che è la base della fede in Cristo, riandando ai fatti che sono accaduti, offrendone una rilettura storica. Sapendo che Luca conosce il Vangelo secondo Marco (sul quale si basa come ossatura per la sua opera), è probabile che egli volesse compiere una sorta di difesa di quanto in esso contenuto e opporsi a qualche interpretazione differente della vita del Maestro di Nazareth, perché segnata da tratti ritenuti pericolosi, forse inaccettabili. Contro queste devianze, Luca compone un’opera a sostegno e difesa della vera conoscenza di Gesù, Messia e Figlio di Dio, come dice Marco iniziando la sua opera, e invita anche noi a riandare sempre e di nuovo alle fonti della fede che si trovano nella Scrittura attestata e che la Chiesa tramanda da secoli. Sappiamo che esistono altri racconti della vita di Gesù, ma non tutti hanno la stessa autorità, perché non tutti hanno la stessa autenticità rispetto al luogo della loro composizione, al loro autore e ai loro testimoni di riferimento. Oggi capita spesso di sentire qualcuno che propone di ritenere più autorevoli altri “vangeli” rispetto a quelli che si leggono nelle chiese e, basandosi su di essi, offre letture e interpretazioni romanzesche di fatti e personaggi evangelici. Già nell’antichità alcuni testi sono stati considerati utili ed edificanti e, pur non essendo riconosciuti ispirati, sono stati letti al di fuori delle celebrazioni. Altri testi, invece, sono stati considerati pericolosi, perché annuncianti un altro vangelo, un’altra parola rispetto a quella più antica e sicura. Oggi Luca rassicura noi dell’autorevolezza che ha la sua narrazione e ci offre una provocazione affinché anche noi, con i nostri strumenti, se vogliamo, possiamo fare accurate ricerche per valutare la “solidità degli insegnamenti” che abbiamo ricevuto nella comunità di fede in cui siamo stati battezzati e di cui facciamo parte, evitando la superficialità di accogliere ciò che è diverso solo perché stuzzicante, curioso o semplicemente esotico. Luca ci invita ad essere credenti pensanti, fidandoci di chi ci ha preceduto e allo stesso tempo invitandoci a compiere la nostra parte per consolidare la sicurezza della nostra conoscenza di fede.
Il secondo inizio che oggi ascoltiamo è l’inaugurazione della predicazione di Gesù che Luca colloca a Nazareth. In realtà non è proprio l’inizio cronologico, ci dice lo stesso Evangelista nella seconda parte di questo testo che si legge nella IV domenica del Tempo Ordinario. Più precisamente si tratta dell’inizio in quanto è il primo e fondamentale annuncio. Come l’evangelista Marco comunica che Gesù ha iniziato a predicare invitando a credere nel Vangelo (Mc 1,15), senza dire però quale fosse quel “vangelo”, Luca ce ne offre subito un contenuto. La buona notizia proclamata a Nazareth consiste nel compimento delle attese del popolo, annunciate dai profeti. Riprendendo parte del capitolo 61 del Libro del profeta Isaia, con alcune inserzioni tratte da altri capitoli dello stesso libro, Luca ci regala la conoscenza dell’annuncio evangelico: una nuova relazione con Dio e con gli altri esseri umani. Gesù è venuto per annunciare a nome di Dio, di cui Egli è il consacrato perché riempito del Suo Spirito (come il lettore sa dai racconti dell’annuncio a Maria, Lc 1, 26-38; e del Battesimo al Giordano, Lc 3,22-22), che Dio ha istituito l’anno di grazia (cioè un tempo infinito di misericordia e perdono) nel quale è annunciata ai poveri una lieta notizia, la libertà ai prigionieri, la vista a coloro che non vedono (fisicamente e spiritualmente), la liberazione a coloro che sono oppressi e afflitti. Questo è il primo annuncio che, continua Gesù dopo aver finito la lettura, se profeticamente ha i verbi al futuro, non è rimandato al domani, ma può accadere “oggi” attraverso coloro che lo ascoltano. In verità nel testo si dice che “oggi” l’annuncio si compie, perché Egli lo ha proclamato affidandolo a coloro che lo hanno ascoltato. Per noi, tuttavia, preferisco dire che può accadere, perché nei fatti, come mostrano gli eventi che seguono il racconto che si legge in questa domenica, il compimento dell’annuncio dipende sempre dalla libertà di chi lo ascolta.
“Oggi” questo compimento è consegnato nelle nostre mani e alla nostra libertà. Poco serve fissare i nostri occhi su Gesù, rivolgere a lui i nostri orecchi, se poi le nostre mani pulite, rimangono ben serrate nelle nostre tasche come diceva don Lorenzo Milani. Oggi questa Parola è offerta alla vita di ciascuno di noi, è offerta alla Chiesa intera chiamata a riandare all’essenziale del primo annuncio, con il coraggio di essere segno e strumento, per ogni essere umano, di un rapporto profondo con Dio e dell’unità di tutta l’umanità, come con parole ancora significative a attuali disse il Concilio Vaticano II. Non meno di questo sarebbe bello e giusto fosse la vita di ogni persona che si definisce credente, anche quando aggiunge di non essere molto praticante.
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