Pass, Dpcm, burocrazia, politica contradditoria. L'unica via d'uscita è la vaccinazione di massa
L’epidemia ha colto tutti impreparati ma le contromisure predisposte nei diversi Paesi rivelano il grado di capacità dei singoli Stati di affrontare straordinarie situazioni di emergenza. La Cina ha battuto tutti nella corsa per tornare alla normalità grazie alle misure draconiane imposte alla popolazione: blocco totale negli spostamenti all’interno delle zone contagiate e sequestro delle persone infette sino al loro completo ristabilimento, una sorta di carcerazione cautelativa improponibile nei Paesi democratici. Pechino ha vinto la lotta al virus perché ha il potere di limitare le libertà individuali a tutela di un bene collettivo, in questo caso la salute pubblica.
La sospensione delle garanzie costituzionali comporta sempre un vulnus e infatti la destra in Italia è insorta quando lo scorso anno ci è stato imposto il confino tra le mura domestiche. Non appena i dati del contagio sono migliorati è scattato il liberi tutti estivo seguito dalla seconda ondata di contagi, da altri blocchi a singhiozzo, dalle parziali riaperture di fine anno, da una nuova valanga di infezioni e da lenzuolate di provvedimenti per fermare la strage. Diversi Paesi hanno fatto peggio di noi. Senza spingersi al Brasile di Bolsonaro, basta considerare gli ‘stop and go’ della Francia, i tentennamenti della Germania e i danni causati in Gran Bretagna dal negazionista Boris Johnson che una volta rinsavito è diventato campione nella corsa al vaccino.
Tutti hanno commesso errori perché nessuno era ‘imparato’ né preparato ad affrontare una situazione inedita. Ma l’Italia è riuscita anche in questo caso a distinguersi. Se ha fatto peggio degli altri, lo dobbiamo soprattutto alla burocrazia che ha commissariato la politica. Dal capovolgimento di responsabilità scaturiscono molte tra le misure strampalate introdotte nell’ultimo anno. Gli italiani, resi edotti dei rischi, hanno rispettato il primo blocco totale e tra i diversi obblighi quello dell’uso della mascherina.
Gli inviti alla disobbedienza hanno fatto breccia quando la classe politica si è palesata incerta, incompetente e contraddittoria. I banchi scolastici a rotelle, costati 100 milioni di euro e inutilizzati, sono una prova tangibile dell’incapacità dell’ex ministro Azzolina che li ha voluti, dei suoi collaboratori e dell’intera compagine governativa che non l’ha fermata. Altro esempio di dilettantismo sono le misure imposte a bar, ristoranti, centri estetici e palestre per continuare a svolgere l’attività in sicurezza e le successive chiusure totali. Autocertificazioni, autorizzazioni concesse e dopo poco revocate, disparità di trattamento tra le diverse categorie, ristori annunciati ed erogati in misura minima hanno minato la credibilità del Conte 2 e Draghi sta pericolosamente scivolando lungo la medesima china.
L’arcobaleno regionale ci ha reso daltonici e i dpcm perpetuano il caos che continuerà con la certificazione verde, cioè il pass necessario per spostarsi tra Regioni di colore diverso. Avrà una durata di sei mesi per i vaccinati e i guariti e di 48 ore per chi si sottoporrà a test antigenico o molecolare con esito negativo. Chi lo falsifica rischia anche il carcere. Nelle prossime ore ne discuterà il consiglio dei ministri. La certificazione viene rilasciata già alla somministrazione della prima dose, sarà in formato cartaceo o digitale e verrà compilata dalla struttura presso la quale è stato effettuato il vaccino. Il documento confluirà nel fascicolo sanitario elettronico di ciascuno di noi e conterrà, oltre ai dati anagrafici, anche il numero di dosi ricevute. La gestione di tale pass, macchinosa al pari di ogni provvedimento burocratico, ne lascia prevedere l’accantonamento non appena la situazione si normalizzerà. L’introduzione del certificato verde presuppone infatti che si facciano controlli, impossibili da effettuare a tappeto. E anche il passaporto vaccinale finirà in vacca come l’obbligo di quarantena e dei tamponi effettuati all’espatrio e al ritorno in Italia.
Non è bastata infatti l’esperienza negativa delle applicazioni nazionali di rintracciamento (l’app Immuni) dei casi di coronavirus che il problema si sta riproponendo per il passaporto vaccinale. Ogni Stato dell’Ue fa da sé. Il che significa 27 pass che non dialogano tra loro, rendendo difficili gli spostamenti in Europa con ripercussioni economiche soprattutto per quei Paesi come l’Italia che puntano sul turismo. I certificati nazionali avranno efficacia operativa solo se e quando sarà attivata la piattaforma europea e ci sarà un solo pass per tutta l’Unione. Un’impresa tutt’altro che scontata perché esistono sistemi di digitalizzazione diversi che devono integrarsi tra loro. La confusione è totale. Le certezze svaniscono e cresce l’apprensione tra la gente.
La speranza di sopravvivere economicamente e socialmente a questa tragica esperienza è riposta nella medicina: vaccinazione di massa e copertura dal contagio anche dalle temibili varianti.
vittorianozanolli.it
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