Per ottenere la salvezza occorre “sgonfiarsi”!
Gesù sta percorrendo il suo cammino verso Gerusalemme, la città santa che uccide i profeti, e un uomo gli si avvicina per domandargli a bruciapelo se Dio è veramente buono. Il quesito, in realtà, è più sottile - “Signore, sono pochi quelli che si salvano?” -, ma la sostanza riguarda proprio l’atteggiamento del Padre nei confronti degli uomini: il suo giudizio sarà severo o misericordioso? Prevarrà l’amore o la giustizia? Dio è un bonaccione che tutto copre o un giudice implacabile che soppesa ogni cosa?
Gesù non offre una risposta immediata, ma come sempre sposta l’attenzione da Dio all’uomo e in modo particolare sul suo modo di vivere il presente. Già la settimana scorsa avevamo sottolineato come il presente sia l’unica occasione che abbiamo per sperimentare l’amore di Dio e per rispondere ad esso con una degna condotta di vita: il presente fonda il nostro futuro! Ciò che saremo dopo la morte lo stiamo costruendo adesso con le nostre scelte di vita, piccole o grandi che siano e anche con i nostri peccati, veniali o mortali che siano! Il giudizio finale è “in fieri”!
Gesù utilizza l’immagine della porta stretta! Come sempre usa dei paragoni che trae dalla vita quotidiana e che la gente può capire immediatamente: per noi, che viviamo immersi in un’altra epoca e in un’altra cultura, certi rimandi appaiono incomprensibili, lontani. La porta stretta era quella piccola apertura che serviva a far entrare in città i ritardatari dopo la chiusura dei grandi portali che costellavano le alte mura: un pertugio così angusto che occorreva farsi piccoli per poterlo attraversare.
Probabilmente vedendo quegli uomini che abbassavano il capo e stringevano le spalle per poter guadagnare l’ingresso nel centro abitato, a Gesù è venuta in mente questa massima: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta perché molti, vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”. In realtà la traduzione più fedele all’originale è assai suggestiva: “Lottate per entrare per la porta stretta perché molti, vi dico, cercheranno di entrare e non avranno forza”.
C’è un combattimento che l’uomo deve continuamente porre in essere per poter essere fedele a Dio e quindi riuscire ad attraversare quel passaggio così disagevole delle mura. C’è una forza che, durante la propria vita bisogna conquistare e che servirà per varcare l’ultima soglia, quella della vita senza fine!
Ma cosa bisogna combattere? Anzitutto se stessi e la subdola tentazione di pensare la propria vita come autoreferenziale: “basto a me stesso e tutto deve ruotare attorno a me”. In questa logica, purtroppo molto comune, Dio è considerato un fardello inutile che pone soltanto delle limitazioni che castrano la libertà, che soffocano la propria autodeterminazione; gli altri sono solo degli strumenti, dei mezzi, che servono per raggiungere scopi ben precisi: il proprio benessere, la propria felicità; l’ambiente, il Creato – per dirla cristianamente -, un cumulo di risorse da sfruttare fin quando fa comodo, fin quando ce n’è! È, questa, la vita del trionfo, dell’arrogante, del superbo, di chi è talmente gonfio di sé stesso da riempire la scena e non vedere che ci sono anche gli altri, le loro necessità, i loro bisogni, le loro richieste.
La lotta che bisogna compiere è proprio contro questo “io” che rischia, alla fine, di pagare un prezzo esorbitante: la solitudine! In questo modo si potrà anche godere la vita, depredare, saccheggiare tutto quello che passa sotto gli occhi, ma alla fine non rimane niente, se non la triste consapevolezza di non aver costruito nulla di solido, di duraturo… di eterno! Una esistenza così, al limite dell’eccesso e dell’egoismo, riduce la persona senza forze, arida nel cuore, svuotata nell’anima, irrimediabilmente sola! E questa situazione non è altro che l’anticamera dell’inferno! Perché l’inferno è solitudine assoluta: la realtà che più atterrisce l’uomo perché costitutivamente creato per essere-in-relazione, per amare ed essere amato! L’inferno è la realtà più antiumana che esista! È paura, è angoscia, è desolazione, è abbandono… è morte definitiva dell’essere!
Occorre, dunque, combattere, giorno per giorno, per creare relazioni vere, significative, gratuite, che aiutano ad uscire da sé stessi, dalla propria autoreferenzialità e che aprano all’incontro, al dialogo, alla condivisione dei bisogni, dei sogni, dei desideri e anche delle sofferenze! L’altro – che sia Dio o il prossimo – è parte di me e mi aiuta continuamente a riconoscere chi sono, dove devo andare, per cosa sono fatto. Facendo spazio all’Altro accetto di rinunciare ad un posto privilegiato sul palcoscenico della vita, a soddisfare unicamente i miei bisogni e necessità, a voler sempre imporre il mio punto di vista, a vendicarmi con gesti o parole violente, a vincere calpestando chi mi è accanto… in poche parole accolgo l’idea che la vera felicità si trova nell’umiltà, nel farsi piccoli, nel far spazio a chi può darmi quella forza necessaria – la forza dell’amore – per attraversa la porta stretta - quella della vita custodita gelosamente da Dio - senza paura, ma a testa alta. Sapendo di non aver vissuto invano!
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