Piccoli ospedali, presidi insostituibili
Una premessa, ho lavorato e tuttora lavoro in Lombardia e, dato la grande diversità di organizzazione sanitaria tra le varie regioni, posso solo parlare della sanità lombarda
La pandemia, come tutti gli eventi eccezionali, ha fatto uno stress test al sistema sanitario e ne ha messo in evidenza i punti deboli (tanti) e quelli forti (pochi)
Non sono certamente il primo ma nemmeno sarò l’ultimo a dire che la medicina di base va sicuramente potenziata e probabilmente rivista nella sua organizzazione: i 350 e oltre medici di base morti di COVID , lasciati senza protezioni, alla mercè del virus, senza nessun supporto, lanciano un enorme grido di allarme che a ben vedere, era già ampiamente prevedibile da tanti segnali, uno dei tanti il ricorso al pronto soccorso per prestazioni ambulatoriali
Da anni i pronto soccorso dei nostri ospedali fanno da ambulatorio di medicina di base: un Pronto Soccorso come quello di Crema che arriva a punte di 230 accessi giornalieri di cui il 60% di codici bianchi, quelli per intenderci che potrebbero essere trattati dal medico di famiglia,la dice lunga sulla necessità di investire sulla medicina territoriale.
E’ fin troppo chiaro che alla base di questo eccesso di ricorso al Pronto Soccorso concorrano molti fattori, uno dei maggiori è certamente la rapidità e la completezza che un PS può dare ad ogni domanda di salute; anche il più attrezzato ambulatorio medico non dispone della attrezzatura diagnostica e le competenze che un Pronto Soccorso è in grado di fornire, ma per i codici bianchi non serve la complessità di un PS.
Chi conosce molto meglio di me la medicina di base potrà formulare delle ipotesi di miglioramento che immagino non possano trovare attuazione se non con adeguate risorse e nuove organizzazioni
E veniamo agli ospedali, sia pubblici che privati, ai quali certamente va riconosciuta l’eccellenza, con alcune precisazioni.
Come riporta la Gabanelli in un articolo sul Corriere che invito a leggere, certamente più completo e articolato del mio, su Regione Lombardia afferma, «La Sanità privata si è concentrata su alcune specifiche linee di attività che, tuttavia, impongono controlli incisivi in termini di appropriatezza», evitando che «gli erogatori si concentrino su attività caratterizzate da buona redditività e da non verificata necessità epidemiologica».
Detto in parole povere la sanità privata, molto più agile e meno gravata di lentezze burocratiche, si è concentrata su alcuni settori della sanità, quelli ad alta remunerazione come cardiologia, cardiochirurgia, ortopedia etc etc, anche se bisogna ricordare che Lombardia è l’unica regione italiana che ha stabilito per legge parità di diritti e doveri fra soggetti pubblici e privati convenzionati che operano all’interno del servizio sanitario, e rimborsa indifferentemente gli uni e gli altri (all’interno dei budget di spesa contrattati).
E’ chiaro però che, se non si operano correttivi, e sembrerebbe che la Regione ci stia pensando per la prossima riforma sanitaria regionale, al pubblico rimangono ambiti ad alto costo e bassa remunerazione
Sia per la medicina di base che per gli ospedali pubblici, soprattutto per i più piccoli che soffrono di minore attrattività e possibilità di guadagno, esiste poi il problema della carenza di personale che data moltissimi anni.
Non conosco la situazione riguardo la medicina di base e mi astengo, ho vissuto però gli anni del massimo risparmio, in termini di personale, nella sanità pubblica. Mi permetto di raccontare la mia personale esperienza, dove ho dovuto, in qualità di primario, instituire una guardia attiva anestesiologica, necessaria per poter intervenire in tempo reale in qualunque emergenza e che da sola richiede 6 persone, e la partoanalgesia, a parità di personale. Delle due l’una, o eravamo in eccesso, cosa assolutamente non vera, o siamo stati tirati per il collo.
Parlare di assunzione era come bestemmiare, in anni nei quali medici sessantacinquenni con grande esperienza erano costretti alla pensione, salvo poi traghettare nel privato, in ottica di risparmio, e l’obiettivo principale assegnato ai direttori generali, sul quale sono valutati e in virtù del quale accedono all’incentivo è economico.
Intendiamoci, giusto dare un valore economico alle attività sanitarie, dopo anni di “paga Pantalone”, ma il risparmio fatto su una delle voci più importanti, sia in termini economici che di importanza come il personale sanitario, ha depauperato i nostri piccoli ospedali, e soprattutto i piccoli per la suddetta minore attrattività e possibilità di guadagno
E’ chiaro che la medicina si sta sempre più specializzando, e nei criteri di qualità conterà sempre più la casistica. Questo non vuol dire che che i piccoli ospedali dovranno scomparire, semplicemente si occuperanno di patologie diverse, e comunque importantissime. La pneumectomia, intervento che richiede un grande expertise, per fare un esempio, sarà a carico di strutture che vantano grandi numeri, ma ci sono molte altre patologie minori dove in questi ospedali sottrarrebbero spazi che possono essere dedicati a grossi interventi, e che avrebbero una qualità maggiore nei piccoli ospedali, proprio per la maggiore casistica. Devi togliere un polmone? Vai a Milano. Devi fare una colecistectomia? Da Milano vieni a Crema, giusto per fare un esempio.
Per concludere, per averlo vissuto di persona, vorrei citare il ruolo importante che piccole strutture private accreditate hanno avuto nei momenti bui della emergenza pandemica, quando gli ospedali erano al collasso, e sono rimaste l’unica possibilità per i pazienti di trovare risposta alla loro domanda di salute
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