Politica italiana finita a pezzi tra degrado e irresponsabilità
Con Mani pulite cade la Prima Repubblica, protagonista la magistratura. Era il 1992 e una certezza accomunava gli italiani: «Nulla sarà come prima». La previsione supponeva un futuro migliore.
Dopo ventinove anni quasi nulla è come prima, ma il nuovo non sempre è migliore del vecchio.
I magistrati hanno asportato il tumore, non le cause che ancora oggi lo generano e lo alimentano. La corruzione è cangiante. Muta e si adatta all’habitat ospitante. Endemica e carsica, ogni tanto emerge con virulenza. Non esiste vaccino per debellarla. Inutile chiamare i ghostbusters. Non restano che la pietra filosofale e Mago Merlino, ma sono un sogno che dura lo spazio di una notte.
Il salasso di credibilità inflitto ai partiti da Mani pulite e la successiva furia iconoclasta della società civile per sanificare l’ambiente dai residui della Prima Repubblica hanno decimato la classe politica, ma troppe volte i subentrati si sono dimostrati inferiori ai i predecessori con numerosi rottamatori peggiori dei rottamati.
Gli inquirenti ci hanno messo del loro e, nella foga di abbattere un sistema fuorilegge e fare giustizia, in alcune occasioni, con l’acqua sporca hanno gettato anche il bambino.
I partiti fiaccati, ma non sepolti, sono rinati dalle proprie ceneri. Come l’araba fenice. Come camaleonti hanno modificato aspetto. Come higlander hanno confermato di essere immortali.
Hanno ripreso le redini e il banco. In verità, non hanno mai smesso di dare le carte e di decidere chi vince e chi perde. Gattopardi, hanno indossato un altro vestito più adatto al momento. Aggiornato il dress code, le danze sono proseguite con la stessa musica. Cambiare tutto per non cambiare nulla.
Alla sostanza hanno sostituito l’immagine. Alla cronaca hanno preferito lo storytelling, termine alla moda e gettonatissimo per raccontare avvenimenti nel modo più favorevole al narratore. All’idee hanno anteposto la convenienza, complice la nuova società liquida e priva di certezze e la caduta degli steccati ideologici.
I politici si sono adeguati. Barattano il pensiero con l’apparenza. Surrogano il contenuto con il marketing. Scambiano il confronto e la dialettica con i social e i talk show. Preferiscono il belletto alle argomentazioni. Sotto il vestito niente.
Si reputano i più fichi del bigoncio. Si atteggiano a leader. Pochi lo sono. Nella Prima Repubblica molti di loro non sarebbero andati oltre il ruolo di responsabili del ciclostile del partito o di consigliere comunale.
Si distinguono per supponenza e presunzione e lo sceriffo di Nottingham, l’antagonista di Robin Hood, al loro cospetto brilla per simpatia. Non di rado sono un po’ ciula.
Decidono. Fanno e disfano. Eseguono. Ventriloqui ed eterodiretti, si atteggiano a padreterni.
Non contemplano la sconfitta. Dovesse accadere, giurano che si faranno trappisti, ma sono spergiuri. Oppure smemorati. Se perdono restano al loro posto. Tengono famiglia e non è poca cosa, soprattutto per chi, senza incarichi politici remunerati, faticherebbe a mettere insieme il pranzo con la cena.
La progettualità ha ceduto il passo alle spartizione dei posti nei consigli di amministrazione delle società pubbliche e nelle fondazioni. All’assegnazione di consulenze e incarichi professionali. Alla nomina di presidenti e consiglieri in enti e istituzioni.
Non ultimo, la politica si è trasformata in una scorciatoia per salire sull’ascensore sociale. Per fare carriera.
La politica vera, esercizio nobile e meritorio al servizio dei cittadini e finalizzato alla gestione della cosa pubblica in funzione del bene comune, ne esce a pezzi. E’ svilita, ridotta ad un mercato indegno e offensivo nei confronti dei cittadini. E se qualcuno accenna al mercimonio non è una bestemmia.
La crisi di Governo dei giorni scorsi, il parlamento trasformato in un suk, gli interessi di partito anteposti a quelli dei cittadini, ma spacciati per opera meritoria per il Paese, sono la fotografia dell’abisso in cui la Seconda Repubblica è precipitata. L’immagine del degrado diventa pistola fumante dell’omicidio della Politica e inchioda coloro che hanno commesso il delitto alla propria responsabilità. Alla propria irresponsabilità. Nessuno può scagliare la prima pietra. Nessuno è senza peccato.
Non è qualunquismo, populismo, disfattismo, e qualche altro ismo. Non è antipolitica. E’ la realtà, se la si vuole vedere. E’ un grido di dolore. Un appello a ritornare agli ideali, al bene comune. Alla Politica. Per rivalutarla, per avvicinarla ai giovani, per ridare fiducia e speranza. Per credere che attraverso di lei si possa migliorare il mondo. Per evitare queste risposte: «La politica? Non me ne frega un cazzo!»
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commenti
Francesco
10 febbraio 2021 07:01
👍👍👍
Mauro Agarossi
10 febbraio 2021 07:19
Bravo come sempre!
Come ripeto sempre gli ideali non possono essere distrutti neanche da questi politicastri
Silvano
12 febbraio 2021 14:07
Inizio dall'ultima battuta del suo bel articolo.
«La politica? Non me ne frega un cazzo!»
Pierre-Paul Royer-Collard
Uomo politico liberale e filosofo durante la rivoluzione francese citò sulla politica:
«Vous ne vous occupez pas de politique, monsieur ; je vous plains, car un jour la politique s'occupera de vous.»
«Non si occupa di politica, signore; mi dispiace per lei, perché un giorno la politica si occuperà di voi.»
Triste realtà che farà fatica a tramontare se non si educa la società a farsi carico delle responsabilità.