26 maggio 2024

Quel marchio di fabbrica che ci lega gli uni agli altri!

Che cosa realmente ci appaga? Che cosa ci rende pienamente felici? Che cosa ci realizza compiutamente nella nostra umanità? La relazione con l’Altro e con gli altri, la creazione continua di legami, di relazioni, di comunione, di intimità. È nell’incontro con l’altro che io riesco a capire chi sono, cosa cerco, cosa mi muove: il senso profondo della vita! La Genesi descrive mirabilmente l’insoddisfazione di Adamo, solo nel paradiso terrestre: c’è un tassello mancante fondamentale in quel luogo ricco di frutti e di bellezza! Solo quando Dio crea la donna, cioè un interlocutore con la stessa dignità di Adamo, che può stargli di fronte e guardarlo negli occhi, allora, in quel momento, Adamo si sente davvero uomo. In Eva Adamo scruta sé stesso e si misura con sé stesso! È significativo che questa mancanza che l’uomo sente non può essere colmata né dal lavoro né dal solo riferimento al Signore: l’uomo necessita di un partner corrispondente, adeguato. 

E questo perché? Perché siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio, di un Dio, però, che non è solo, ma che è comunione di amore. La Santissima Trinità, lungi dall’essere un astratto teorema, un dogma decifrabile solo da teologi esperti, una formula creata a tavolino da chissà quale mente contorta, è, “semplicemente”, un altro modo per dire che Dio è amore! È per amore che il Padre genera continuamente il Figlio, è per amore che il Figlio volge continuamente il suo sguardo al Padre, è solo per amore che lo Spirito, che è l’essenza dell’amore divino, straripa da quella comunione celeste per raggiungere ogni uomo e rinnovarlo nel profondo di sé stesso.

E questo “marchio di fabbrica” è, allo stesso tempo, “maledizione” e “benedizione” per l’uomo. È “maledizione” perché ogni volta che scegliamo di ripiegarci su noi stessi, di chiuderci agli altri, di scegliere l’egoismo e il rancore, di abbandonarci alla finzione e alla menzogna, di preferire la solitudine alla relazione, non facciamo altro che ribellarci alla nostra natura più intima, di contraddirci e di creare quindi un disagio profondo in noi stessi il quale, inevitabilmente, sfocia nell’infelicità, nell’irrequietezza, nella ricerca continua di un qualcosa in più che mai troveremo! Il peccato, in fondo, è già una condanna perché non fa altro che menomare la nostra umanità che, al contrario, è pienamente sé stessa, cioè benedetta, solo quando si apre alla comunione con Dio e con il prossimo, quando sceglie di donare piuttosto che depredare, di offrire piuttosto che prendere, di perdonare invece di vendicarsi, di esaltare il bene invece di rimarcare sempre e solo il male.

Essere-per-gli-altri, essere-in-relazione-con-gli-altri sono marchi di fabbrica straordinari, che salvano l’uomo dalla tirannide dell’autoreferenzialità e dal solito delirio di onnipotenza che tanti disastri ha compiuto nella storia dell’umanità.

Questa ultima domenica di maggio, festa della Santissima Trinità e anniversario dell’Apparizione della Madonna a Caravaggio, la Chiesa ci invita a leggere la conclusione del Vangelo di Matteo. Un brano sacro che evidenzia anzitutto la fragilità degli intimi seguaci di Gesù: l’autore sacro sottolinea, anzitutto, che sono “undici”! C’è una pienezza che è stata tradita, c’è una incompiutezza frutto del peccato, della codardia, del tradimento! E poi c’è quella terribile sottolineatura: pur avendolo visto nella sua gloria, pur essendosi prostrati in adorazione, i discepoli dubitano! L’incredulità continua ad essere una costante! I dubbi continuano ad assalire questi uomini nonostante le tante prove che il Cristo ha dato loro sia prima sia dopo l’evento della Croce.

Eppure queste macchie nel cuore dei discepoli non producono giudizi o biasimi da parte di Gesù, anzi! È lui che si avvicina a loro e li assicura di avere tra le mani le sorti della storia. È sì il Crocifisso, ma ora è anche il Vittorioso, per questo devono solcare le strade del mondo per immergere tutti gli uomini nell’amore della Santissima Trinità, così che ogni persona riconosca che solo nella comunione, nella relazione, nel legame intimo e profondo l’uomo capisce chi è, cosa cerca, qual è la sua meta ultima.

E in questa ricerca non si è soli: c’è un Dio che si fa suo compagno di viaggio, fino alla fine del mondo.

 

Claudio Rasoli


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