Quella vecchia edicola consunta in piazza Marconi, piccola cosa ma segno di abbandono di questa città
Il vetro arancione, rotto, non lo nota nessuno, ma ve bene così, del resto non è importante dato che i problemi sono ben altri. L'edicola, purtroppo chiusa, sembra osservare una piazza dove qualche famiglia ha la possibilità di far correre liberamente dei bambini in relativa sicurezza, le macchine – di solito – non possono passare in quello slargo e i più piccoli ne approfittano per inventarsi un gioco prima di continuare la loro gita con i genitori. L'edicola con il vetro rotto, ormai destinata a marcire fino a quando non verrà rimossa perché costerebbe troppo mantenerla - ma anche questo dicono non sia importante - ricorda vecchie foto di un periodo lontano non solo negli anni ma anche nel modo con cui si viveva nella società; era una società diversa e, secondo l'ottica odierna, era una società retrograda e limitata. I bambini osservano la statua di quel Antonio che raccontava una società diversa, mentre poco distante da quella scultura e dall'edicola i ruderi – nel vero e proprio senso della parola – tristemente abbandonati della città romana non raccontano nulla nonostante dovrebbero essere il punto di partenza, all'incirca, della narrazione di qualsiasi storia che sia legata a Cremona. Mediamente di quei ruderi non si conosce neanche l'esistenza ma anche questo non è un problema, dato che sono il retaggio di una società obsoleta e da dimenticare, meglio concentrarsi sulle bellezze attuali, lasciando alla polvere il resto. Quell'esagono di metallo verde con i vetri arancioni, alcuni rotti, è ormai consunto ma potrebbe essere il perfetto cicerone di una città che fatica a ritrovarsi, dal suo luogo privilegiato può osservare moltissimo di ciò che gli accade intorno, può raccontare di come, nei decenni, quel piccolo e noioso luogo, secondo molti, di nome Cremona stia diventando una città rivolta al futuro, quale sia il futuro è difficile capirlo ma basta dirlo ad alta voce e tutti saranno contenti. La società che cambia deve ingoiare il boccone amaro di vivere i propri cambiamenti adattandosi in maniera più o meno facile, del resto alcuni sono assimilabili, altri sembrano quasi imposti. In pratica il cicerone verde e arancione dovrebbe spiegare a quei bambini che corrono nella piazza come i loro coetanei di lustri fa non potevano correre liberamente in quella zona perché allora circolavano mezzi ma, almeno, potevano girare nelle vie circostanti senza la costante paura di venir aggrediti, picchiati o rapinati da qualcuno. La bilancia della vita sociale in questo modo non è di certo in equilibrio anzi, cercando di capire cosa avverrà in futuro sembra quasi che il bilancio si presenti in perdita per i decenni successivi. Il concetto fondamentale di una città che si vuole guardare al proprio futuro è quello di osservare il passato e trarre le debite considerazioni cercando soluzioni che non siano solo quelle di qualche giorno di festa; la spoliazione progressiva del commercio di prossimità non è solo un problema di natura economica ma, di solito, è il primo passo per lo sviluppo di tematiche sociali di cui faremmo volentieri a meno. Più si toglie alle persone il piacere di guardarsi intorno in città, di uscire la sera per fare due passi, di incontrarsi per caso o per precisa volontà e, giocoforza, coloro che sono disinteressati ad uno sviluppo armonico della società si arrogheranno il diritto di occupare spazi e tempi sempre maggiori. Il degrado cittadino è prima di tutto quello di non ascoltare quel cicerone o i suoi concittadini, il fatto di dimenticarsi di intere aree sia dal punto di vista culturale che commerciale della città, soprattutto nei giorni di festa cittadina, significa una sola cosa, lasciare spazio ad altri, spazio che – come più volte ripetuto – tenderà sempre più ad allargarsi andando comunque a sostituirsi a quelle aree lasciate chiuse e vuote. Lasciare alla deriva intere aree cittadine per concentrarsi solo su poche zone non porta mai ad un miglioramento diffuso, per carità ogni città che si rispetti – o anche che non si rispetti – ha sempre zone con equilibri più delicati, ci mancherebbe altro, ma la consapevolezza di abbandonare e lasciare a marcire parti di storia secolare di una cittadina e di ignorare persone che cercano di dare lustro a zone sempre più ampie è un limite enorme sia nella visione futura come nella vita attuale. E' un errore destinato a segnare e raccontare una città diversa da quella in cui vorremmo vivere, perché destinato ad allargarsi e a fagocitare quella storia e quella bellezza che meriterebbero una attenzione maggiore, mica per nulla ma perché sono il risultato di una società che, con tutti i difetti possibili, guardava al futuro. Un vetro arancione rotto non vuole dire nulla, è il frutto di semplice noncuranza, di un cretino che voleva saggiare le sue capacità balistiche con un sasso o qualsiasi altra cosa, ma è sintomo di un abbandono che non si riflette solo negli edifici ma soprattutto colpisce le persone, vedersi progressivamente ma quasi inesorabilmente allontanati dalla vita cittadina crea un senso di abbandono mentale difficile da recuperare. I bambini hanno finito di correre e si dirigono con i familiari verso il centro storico, due turisti mi chiedono se i parcheggi siano a pagamento anche la domenica, una coppietta fa una foto alla statua di Antonio e si domanda perché io fotografo quell'esagono di metallo verde. Per il vetro rotto ma non solo per quello, gli rispondo, la coppia va via perplessa senza capire ma prima fa una foto anche all'edicola, magari più avanti si chiederanno cosa rappresenti nella storia di Cremona.
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commenti
Rosalba
18 novembre 2024 07:36
Ha espresso pienamente il senso di tristezza che provo nel vedere la nostra bella città abbandonata,sporca ed ultimamente anche violenta
François
18 novembre 2024 12:47
Ogni piazza ha il suo Totem, questo potrebbe essere trasformato utilmente in un Vespasiano, omaggio al "Genius Loci"