Quelli nel limbo delle vaccinazioni
In questa campagna vaccinale anti-Covid ci sono due categorie di persone che, a mio avviso, non sono state sufficientemente prese in considerazione dai media e dall'opinione pubblica. Sono "i dimenticati della campagna vaccinale", quelli che appunto restano nel limbo delle vaccinazioni, senza sapere bene che pesci pigliare.
I media influenzano l'opinione pubblica e servono a puntare i riflettori su determinate problematiche; pertanto, vorrei che si occupassero maggiormente di queste due distinte categorie di persone. Invece sui giornali, nei vari TG e in tutte le trasmissioni di approfondimento ancora non si parla abbastanza di loro, o meglio, si parla magari di loro, ma non della soluzione per i loro problemi.
La prima categoria di persone è costituita da tutti coloro che hanno completato il ciclo delle due vaccinazioni anti-Covid all'estero con vaccini non approvati EMA (es. Sinovac, Sputnik, Sinopharm, CoronaVac, EpiVacCorona, KoviVac, ecc.).
Tutte queste persone sono escluse dal green pass pur essendo state correttamente vaccinate. Non è infatti possibile ottenere un certificato di equipollenza per nessun vaccino non autorizzato EMA.
Non tutti però sanno che lo scorso novembre è uscita una nuova Circolare Ministeriale - per la precisione si tratta della Circolare del Ministero della Salute Prot. N. 50269 del 04/11/2021 - in cui sono fornite le indicazioni utili per “la dose di richiamo in soggetti vaccinati all’estero con un vaccino non autorizzato EMA”.
Il portale per le prenotazioni in Lombardia è stato dunque aggiornato in tal senso:
“I cittadini vaccinati all’estero con un vaccino non autorizzato EMA, maggiori di 18 anni, possono accedere ai centri vaccinali con accesso diretto (senza prenotazione) e ricevere una dose di richiamo (booster) con vaccino a m-RNA (Comirnaty – Pfizer; Spikevax – Moderna).”
In parole povere: chi si è vaccinato all'estero, basta che vada senza prenotazione in un covid hub qualsiasi e avrà diritto alla dose booster di vaccino Pfizer o Moderna e solo così potrà finalmente ottenere il green pass.
Solo il ciclo vaccinale integrato è infatti riconosciuto come equivalente e consente di avere diritto al green pass. La soluzione c'è, esiste, anche se forse è stata poco divulgata.
La seconda categoria di persone di cui non si parla abbastanza, ma soprattutto per le quali ad oggi non si trova alcuna soluzione valida, è costituita da tutti quei soggetti pluripatologici e pluriallergici che hanno paura a fare il vaccino anti-Covid per le conseguenze che potrebbe avere sulle loro condizioni di salute già precarie.
Non si tratta quindi di “no vax”, bensì di tutte quelle persone che temono che la vaccinazione scompensi il loro già precario equilibrio di salute.
Le loro legittime paure, preoccupazioni e diffidenze meritano la comprensione di tutti. Mi riferisco in particolare a persone affette da malattie autoimmuni, in cui il sistema immunitario gioca un ruolo fondamentale, ma penso anche a tutti gli asmatici gravi e a tutti i pluripatologici in generale, per i quali basta un nulla per scombussolare un delicato equilibrio di salute.
In un mondo perfetto tutti questi soggetti particolarmente a rischio potrebbero essere tutelati ed esonerati dalla vaccinazione purché tutti gli altri si vaccinassero e si potesse pertanto sperare dell'immunità di gregge.
Ma sappiamo benissimo che nel mondo reale ciò non accade e quindi trovo giusto e doveroso che il SSN di ogni paese civilizzato degno di chiamarsi tale si faccia carico di questi pazienti con problematiche complesse e istituisca un percorso dedicato di vaccinazioni ospedalizzate.
Questa è la soluzione che io auspico e che nessuno ha il coraggio di proporre. Ciò potrebbe comprendere la redazione di un elenco di pazienti idonei a questo tipo di percorso (in base a determinati criteri di valutazione rischio); tempistiche snelle; assunzione di farmaci in preparazione alla vaccinazione (es. Ibuprofene e antinfiammatori) e, laddove fosse consigliabile, una premedicazione prima della somministrazione del vaccino. Tutto ciò in ambiente protetto.
Queste persone vanno ospedalizzate e va loro garantito tutto ciò che è possibile mettere in atto per evitare le reazioni avverse, per non avere effetti collaterali troppo invalidanti, soprattutto sul lungo termine, e per attenuare gli effetti collaterali nel breve termine. È forse chiedere troppo?
Questo argomento mi sta particolarmente a cuore in quanto coinvolta in prima persona. La mia storia infatti si inserisce in questo filone: io, soggetto ex oncologico pluriallergico e pluripatologico, con un equilibrio di salute molto precario, ho chiesto che mi venisse somministrato il vaccino in ambiente ospedalizzato, ma l'Allergologia dell'Asst di Cremona ha addotto le sue buone motivazioni per negarmi questa possibilità, che viene riservata solo a pochissimi casi e con tempi biblici. Il risultato è che mi sono trovata combattuta al classico bivio: rischio di più a vaccinarmi o a non vaccinarmi?
Rischio di più se mi dovessi beccare il covid, oppure rischio di più a fare una vaccinazione senza le dovute tutele? Questo è un dubbio amletico che attanaglia molte moltissime persone.
Alla fine, dopo aver ponderato tutti i pro e i contro, dopo aver visto persone care morire di covid, ho deciso - non a cuor leggero - di vaccinarmi. La prima dose di vaccino anticovid mi è stata fatta il 31 luglio presso il Covid Hub e, su un fisico debilitato come il mio, ha avuto un effetto abbastanza devastante: sono stata talmente male che mi sono rovinata mezza estate (difficoltà di deglutizione, faringite, febbre, mal di testa, dolore ovunque, ecc.). Sono stata talmente male e così a lungo da non voler più fare la seconda dose.
A questo punto è intervenuto il mio medico di base, il quale mi ha consigliato una premedicazione da assumere la settimana precedente la seconda vaccinazione per cercare di prevenire gli effetti collaterali più devastanti della volta precedente e devo dire che la cosa ha funzionato: ho infatti ricevuto la seconda dose di vaccino il giorno 9 settembre sempre presso il Covid Hub e sono stata male i canonici 2/3 giorni successivi, senza strascichi significativi. Poi sono tornata alla normalità.
La morale di tutta questa faccenda (e la cosa che più mi rattrista) è che il nostro SSN sia talmente scalcinato e messo male da non riuscire a prevedere dei percorsi ospedalizzati e protetti per tutelare tutte le persone pluripatologiche che desiderino vaccinarsi. Manca proprio la volontà.
Ovviamente chi ha le possibilità economiche trova magari la possibilità di farlo da qualche parte privatamente, ma si tratta di eccezioni. Tutti gli altri devono arrangiarsi.
E si parla magari spesso del problema, ma mai della soluzione. Sulle possibili soluzioni, dovunque, silenzio assordante.
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commenti
Annamaria
11 dicembre 2021 11:39
Purtroppo ha ragione da vendere, a cominciare dai mezzi di informazione che non svolgono correttamente il proprio compito. Per molti è più comodo e forse "redditizio" a livello mediatico alimentare il "daje al no-vax" dei talebani del vaccino (che personalmente temo più della minoranza no-vax) mettendo tutti nello stesso calderone.
Questo sarebbe un fatto forse trascurabile se non fosse per il disastro del nostro sistema sanitario, prosciugato da tangenti e tagli indiscriminati (ma raramente a livello "alto"). Ho avuto a che fare con la sanità pubblica a privata nel corso degli ultimi 17 anni in veste di paziente con una patologia seria (e la "liaison" prosegue ancora). Non aggiungo altro, c'è già (de)scritto tutto nell'intervento della signora Torri....