15 settembre 2024

Se hai smesso di farti domande stai vivendo a marcia ridotta!

Il Dio di Gesù Cristo si diverte a scardinare le nostre certezze, non perché ama seminare il dubbio, ma perché desidera che l’uomo non smetta mai di camminare, di percorrere quelle strade che lui ha tanto amato calcare, in una continua e appassionata ricerca della verità che ha certamente come protagonista la ragione, ma che ha bisogno anche di relazioni, di istinto e di grazia, di fatica e di consolazione così come di errori da riconoscere, di dubbi da superare, di equivoci da chiarire. La verità è fatta di ragione e di amore, di mente e di cuore, di cervello che analizza e di mani che servono, di teorie da modulare e di incontri da gustare!

L’Onnipotente, lo sappiamo bene, è sempre sfuggente: ogni volta che ti sembra di averlo afferrato è già un passo avanti e ti costringe a fare altri passi, a salire altri gradini, in una corsa che non ha mai fine. Se si incasella Dio nelle categorie umane non è più Dio, ma un idolo da manipolare a proprio piacimento e che non serve altro che a lisciare il pelo! 

Dio è imprevedibile e imperscrutabile. Per questo è allo stesso tempo tremendo e affascinante. È dono e mistero, è luce e oscurità, è verità e dubbio. Dio più che risposta è domanda! È paradossale, ma la Bibbia contiene più domande che risposte! 

Dio domanda perché l’uomo si interroghi, perché faccia verità in sé stesso, perché impari a scegliere! Certe domande mettono in crisi, obbligano a togliere quelle maledette maschere indossate per difendersi dagli altri, costringono ad un combattimento interiore… insomma impongono di vivere! Quando una persona afferma “ho smesso di farmi delle domande” significa che sta camminando a marcia ridotta ed ha rinunciato a guardare al futuro con coraggio e speranza perché vinta dalla sfiducia, dal pessimismo, dall’apatia forse anche dal nichilismo.

La prima grande domanda che Dio rivolge all’uomo la troviamo in Genesi subito dopo che Adamo ed Eva hanno mangiato del frutto dell’albero proibito. Il progenitore, una volta aperti gli occhi si accorge di essere nudo e si nasconde, da qui l’interpellanza dell’Altissimo: “Dove sei?” (Gen 3, 9). Dio sa bene dove è celato Adamo e che cosa ha fatto, ma attraverso queste parole spinge l’uomo a guardarsi dentro, a comprendere il male che ha compiuto, a “ritornare in sé” (cfr. Lc 15,17). Rispondendo a questa domanda egli può riguadagnare quella dignità perduta con la disobbedienza.

Ancora più straziante il quesito che Dio rivolge a Caino immediatamente dopo l’omicidio di Abele: “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9), un modo delicato, ma fermo per inchiodare il fratricida alle proprie responsabilità così che riconosca il proprio male, non si lasci divorare dal senso di colpa e inizi un cammino di redenzione. Domande che ridestano!

C’è una terza domanda importante, quella che Dio rivolge al profeta Isaia: “Chi manderò? Chi andrà per noi?” (Is 6, 8) e che permette all’uomo di scoprire quanto Dio abbia bisogno di lui per portare a compimento la sua opera di salvezza. Colui che con un semplice schiocco di dita potrebbe sistemare ogni cosa, va quasi a mendicare la libertà dell’uomo affinché la metta al servizio del bene. Domande che affascinano!

Anche Gesù fa tante domande sperando di poter scuotere la tiepidezza, il formalismo, il disincanto dei suoi uditori. Al centro del Vangelo di questa domenica c’è “la domanda delle domande”, quella che, a un certo punto, ogni credente che desidera maturare nel proprio rapporto con Cristo, deve porsi con una certa rigorosità: “E voi chi dite che io sia?”, cioè “Chi sono io per voi?”. La risposta, almeno in teoria, dovrebbe coinvolgere la vita intera. I responsi della folla sono abbastanza prevedibili: c’è chi lo identifica con il Battista, il severo moralizzatore del popolo ebraico, o in Elia, difensore strenuo del primato di Dio o in uno dei tanti profeti sorti per ristabilire la fedeltà all’alleanza. Assimilazioni certamente degne, ma parziali: Gesù non è venuta semplicemente a ristabilire una morale o a richiamare il popolo eletto all’antico patto stipulato con Dio. Gesù pretende di essere “qualcuno” di più grande. Ecco allora che la domanda costringe i suoi discepoli ad interrogarsi con serietà e profondità: “Chi è quell’uomo per me? Cosa rappresenta? Cosa sono disposto a concedergli?”. Il bello dell’esperienza cristiana è che Dio non si manifesta in un libro, in una serie di credenze o dottrine, in una stele o in una statua, ma in una persona viva, in carne ed ossa, che mi fissa negli occhi e attende da me una risposta. Una risposta che, inevitabilmente deve tradursi in fatti concreti di vita. 

Lo so, è difficile rispondere a questa domanda e forse, tanti di noi, che magari si dicono credenti e che frequentano regolarmente l’Eucaristia domenicale, l’hanno sempre evitata come la peste. Troppo complicato rispondere perché significherebbe ricapitolare tutta la propria esistenza, mettersi in gioco, prendere sul serio le parole del Vangelo e, non da ultimo, fare i conti con il male che alberga nella parte più intima di sé stessi, perché dove arriva Cristo, la luce vera, non ci può essere spazio per nessun cono d’ombra. Domande che inchiodano!

Certo non basta l’entusiasmo di Pietro che risponde in maniera sintetica, ma corretta: “Tu sei il Cristo”. L’entusiasmo, l’intuizione, il cuore sono importanti nel cammino di fede, ma ci vuole anche la ragione e ancor di più la Rivelazione. Non possiamo raggiungere la pienezza del volto di Gesù con le nostre forze e capacità: è la stolta illusione di Pietro, che pensa di aver compreso tutto con quell’arroganza e cinismo tipici di chi si crede arrivato e non cede mai allo stupore.

Pietro vuole addirittura insegnare a Gesù come fare il Messia e per questo riceve una sonora bastonatura: “Viene dietro a me”, cioè “Metti i piedi dove li ho messi io, seguimi in maniera radicale”. Egli deve ancora comprendere che Gesù salva con la debolezza e non con la forza, con l’amore e non con la potenza, con l’umiltà e non con la gloria, con la sconfitta e non con la vittoria. Perché solo perdendo la propria vita, cioè solo morendo a sé stessi, che l’uomo la ritroverà, trasfigurata, nella luce maestosa del Cielo.

Dio continua a fare domande, tocca a noi decidere se rispondere o languire nella tiepidezza e nella mediocrità. Conficcati nel cono d’ombra dei nostri peccati. 

Domande che salvano!

Claudio Rasoli


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