Se l'uomo invece di coltivare, distrugge
L’intervento dell’architetto Marco Ermentini dal titolo Cremona sott’acqua mi ha immediatamente suggerito una domanda: ma nel 2786 ci sarà ancora l’uomo sulla terra?. Roberto Vacca faceva riferimento ad un Medioevo prossimo venturo. Quanto riferisce Ermentini è ben altra situazione. La teoria delle catastrofi s’impone e a questa non sembra sottrarsi neppure Papa Francesco. Non a caso il Pontefice è uscito con l’espressione: “Dio perdona sempre, gli uomini qualche volta, la natura mai”. Non si entra qui in merito ad una interpretazione teologica che sembrerebbe far leva sull’antitesi Dio e natura. Quello che sembra imporsi è il monito di Francesco che dovrebbe far pensare credenti e atei, ma soprattutto chi è agnostico. La natura si ribella al comportamento dell’uomo che la vuole asservire a sé senza averne minimamente cura. L’indifferenza che coinvolge ogni aspetto dell’esistenza sembra essere supportata da due considerazioni. La prima nasce dall’amara constatazione che nessuno sia in gradi d’incidere su un meccanismo che la tecnologia ha posto in essere. L’avvertimento, che ormai da più di cinquant’anni, Emanuele Severino rivolgeva all’uomo contemporaneo purtroppo è rimasto lettera morta, o meglio lo si è ritenuto rivolto solo ai filosofi.
Ma cos’è la filosofia? “È quella cosa con la quale senza la quale tutto rimane tale e quale”. Il presupposto che ragionare ed argomentare sia inutile ci ha portato all’attuale situazione. Gli slogans hanno preso il posto della riflessione. Qui s’innesta una seconda considerazione. Tale situazione è indotta dall’inedia intellettuale che si radica, non solo nel pressapochismo, ma prevalentemente in un atteggiamento che è attento solo all’immediatezza del qui/ora. La conseguenza è che posizioni contrastanti e contraddittorie sono completamente equivalenti. Da qui lo scetticismo imperante che approda al qualunquismo, osservazioni che condivido in particolare con Marco Pezzoni rispetto all’attuale situazione politica. Corre infatti l’obbligo di far riferimento a chi lascia sulle pagine di Cremonasera riflessioni che tentano d’indurre nel lettore un atteggiamento intellettuale in grado di contrastare la superficialità.
Ma si riprenda il tema principale. L’ accelerazione impressa all’esistenza, non solo turba i tempi della natura sconvolgendoli, ma le imprime un’altrettanto forte accelerazione che ha come conseguenze il caos e l’irrazionale. Se la cultura, nel suo significato più vasto, di per sé costituisce la dimensione propria dell’uomo (l’uomo è animale che fa cultura), nel momento in cui essa si scontra con la natura diviene necessario ripensare dove l’uomo stia andando. Non a caso il termine cultura etimologicamente ha nella sua radice il riferimento all’atto di “coltivare”. In vero, l’uomo, invece di coltivare, distrugge. Va ripensato quel rapporto spazio – temporale che necessariamente ci pone a confronto con la natura e, conseguentemente anche con nostro territorio. Pensare che Cremona si riduca alla sommità del Torrazzo dovrebbe innescare comportamenti virtuosi, ma si sa questo accadrà solo nel 2786!, c’è tempo! La voluptas moriendi, il desiderio di annichilimento, sembra sovrastare e tradire una generale indolenza. La tecnologia è ritenuta un inarrestabile meccanismo senza freni. Così, la perdita d’identità fa il paio con l’uomo d’oggi “uomo senza qualità”, come ben lo ha definito Robert Musil.
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commenti
Ada Ferrari
10 luglio 2021 14:20
Parole lucide e totalmente condivisibili