28 agosto 2021

Sempre più burocrazia, mistificazione della realtà e scomparsa dell'individuo

Occuparsi di archivi significa occuparsi anche molto di burocrazia, o meglio dei sistemi attraverso i quali una burocrazia opera. La cosiddetta “gestione documentale” è di fatto il sistema attraverso il quale un grande apparato, pubblico o privato, trasforma in atti concreti delle strategie attraverso dei passaggi amministrativi, che posso essere cartacei o digitali. Si potrebbe dire che l’archivistica, studiando suo malgrado i sistemi e i meccanismi della documentazione burocratica, è in un certo senso anche “burocraziologia”. Badate bene che tutto questo è molto più cruciale e fondamentale di quanto possiamo immaginare, soprattutto nel mondo di oggi. Noi siamo presi in una manovra “a doppia tenaglia”: da un lato la inarrestabile pressione del marketing ovunque, per cui esistiamo solo se spendiamo, dall’altro la inesorabile garrota delle mille burocrazie, per cui anche se non spediamo i soldi ci vengono estorti giocoforza, con all’orizzonte la nostra inconsistenza fisica di individui. E tutto ormai, dalla nostra salute ai nostri denari, fateci caso, dipende solo ed esclusivamente da sistemi, protocolli, procedure, moduli. 

Per la verità dovremmo distinguere tra la gestione documentale, che è un circolo virtuoso di sistemi e strumenti che consentono alle nostre necessità quotidiane di venire rapidamente ed agevolmente soddisfatte, e la burocrazia che è invece un circolo vizioso nel quale la soluzione dei nostri problemi si arena senza speranza.

La burocrazia, il potere deli uffici ( bureau – kratòs) ha sempre come peculiare caratteristica una infrangibile macchinosità procedurale, e come deformazioni conseguenti la deresponsabilizzazione dell’individuo e la mistificazione della realtà. 

La mistificazione della realtà.

Nel 1971 la scrittrice ebrea americana Hanna Arendt tenne una conferenza sui cosiddetti “Pentagon Papers”, ossia quella serie di enormi dossier governativi sul disastroso andamento della guerra nel Vietnam volute dall’allora Segretario alla Difesa USA Robert MacNamara e che vennero pubblicati sul New York Times proprio durante il conflitto. A scatenare la polemica non vi furono strepitose rivelazioni su misfatti guerreschi, ma il fatto che nei dossier si percepisse una sistematica sostituzione delle teorie dei consulenti del Governo, formatisi nella esclusivissima Ivy League, al reale andamento della guerra. Una sorta di approccio ideologico alla realtà con delle teorie, che dovevano per forza funzionare perché provenivano dalla élite delle università americane (ivy significa edera, la Ivy League è l’insieme dei più prestigiosi college dell’establishment americano, i cui edifici storici sono ricoperti di edere come quelli inglesi). Teorie che non solo non funzionavano, ma anzi peggioravano esponenzialmente l’andamento delle realtà bellica. Secondo la Arendt, il disastro fu generato dal fatto che gli intellettuali del Pentagono sostituissero pedissequamente le loro teorie alla realtà: “ciò che è realmente pericoloso non è la contrapposizione tra vero e falso, ma tra reale e fittizio. Ossia la sostituzione della realtà con una generica verità costruita”, che finisce per diventare finzione alla quale si crede senza porsi domande ma modificando i propri comportamenti. Chissà se vi ricorda qualcosa di recente… 

Nel 1964 Mao ordinò ai cinesi di estirpare erba e fiori dai giardini, in quanto la loro coltivazione era dal Grande Timoniere ritenuta borghese e feudale. Trasmise il verbo al Partito e da esso, attraverso la burocrazia partitica, a tutti i remoti angoli dell’immenso limbo della Cina maoista. La scrittrice Jung Chang, ricordando quei momenti, nota che anche se tra i cinesi la coltivazione dei fiori era amatissima e diffusissima, fecero senza piega quello che diceva il Regime perché “non eravamo stati educati a trarre le conclusioni dai fatti, ma a partire dalle teorie marxiste o dalle parole di Mao o dalla linea del partito”. Come nell’America dei bureau del Pentagono, l’intenzione elitaria prevale sul bisogno reale.

Questa contrapposizione che ha condizionato il mondo per 50 anni, tra l’approccio leninista sovietico, che era l’uso della violenza sulla realtà per renderla come la vuole l’ideologia, e quello americano piuttosto calvinista, che è sempre stato la costruzione di una realtà edulcorata, edonista e fittizia, ha come peculiarità che si addiviene alla medesima condizione: la mistificazione della realtà appunto.

Oggi che questa contrapposizione è finita, ci è rimasta solo la mistificazione della realtà, che avviene attraverso la globalizzazione mediatica del pensiero unico delle nuove élite, i social network, che hanno come unico scopo la vendita commerciale ma attuata attraverso una graduale mutazione di abitudini, bisogni, comportamenti indotta da opinioni collettive eterodirette. 

La deresponsabilizzazione dell’individuo.

Sempre Hanna Arendt seguì tutto il processo israeliano al più grande criminale nazista sopravvissuto a Norimberga, Adolf Heichmann, e lo definì “un uomo banale, mediocre, imbevuto di una ideologia cui aderiva senza porsi alcuna responsabilità individuale”, un grigio burocrate che eseguiva pianificava e trasmetteva ordini (cose che peraltro affermò con un candore orrorifico Heichmann stesso al processo), insomma un burocrate dello sterminio, per il quale eliminare gli ebrei era una procedura come un’altra. 

C’è un film polacco del 1990, con un ottimo Donald Sutherland, che si chiama “L’esercizio del potere”: un altissimo membro del Politburo polacco degli anni ’70 viene destituito da ogni carica e potere, privato degli affetti e mandato sull’orlo del suicidio salvo poi essere promosso addirittura a Vice Presidente della Polonia perché ha superato il “test” delle disgrazie senza tradire il Partito. La figura per me più emblematica del film è la guardia del suo ufficio che senza battere ciglio lo saluta per anni ogni giorno da eroe della Rivoluzione, poi lo tratta da sconosciuto intruso il giorno della epurazione e poi di nuovo da eroe il giorno della riammissione: non si pone la minima domanda, non fa trascende nè antipatia nè empatia, sa solo che il Sistema funziona così, e il Sistema non si discute.

Sono due esempi molto netti di come la preponderanza della burocrazia abbia come esisto finale la deresponsabilizzazione dell’individuo, ma anche la sua sostanziale inconsistenza fisica e ontologica: egli è solo spettatore di una serie di meccanismi che lo riguardano ma che lo inghiottono trasformando anch’egli in un mero passaggio burocratico.

Credo che a nessuno di noi sfugga quanto oggi la mistificazione della realtà e la scomparsa dell’individuo siano fenomeni in ascesa inarrestabile, complice una sempre più invadente burocratizzazione delle procedure in ogni campo della nostra vita. Chi scrive teme che non vi sia rimedio, ma è certo che accorgersene è almeno il primo passo da compiere.

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

 

Francesco Martelli


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


anna maramotti

28 agosto 2021 09:02

perfettamente condivisibile

Martelli

28 agosto 2021 18:38

Grazie mille.

Annamaria Menta

29 agosto 2021 09:23

Ha tradotto in parole scritte il "brivido" che corre lungo la mia spina dorsale......