3 dicembre 2023

Senza sussulti o emozioni la passerella di Cucinella e il suo ospedale delle meraviglie

Noiosa e sciatta. Scontata e banale.  Una delusione.  Non un guizzo. Non un colpo d’ala. E il finale con Aurelia Macovei, bravissima con il violino Vesuvio 1727, non ha riscattato la tristezza che ha contraddistinto uno degli appuntamenti pubblici più attesi degli ultimi mesi.

Uno di quelli  dove fanno notizia i personaggi assenti.  Un assist alla fantasia di dietrologi e gossipari.  Un via libera alla caccia al tesoro sulla causa della defezione: mancato invito o scelta personale di bigiare la cerimonia?  Festa grande per il taglia e cuci del pettegolezzo politico-amministrativo. 

La premiazione dell’archistar Mario Cucinella, vincitore del concorso per il progetto del nuovo ospedale, doveva essere un concerto di Bruce Springsteen & The E Street Band, invece si è rivelata una performance non eccelsa della locale New healthcare & The E Politics Band. 

Alla grintosa Born in Cremona, è stata preferita un’indisponente Casetta in Canada (Sanremo, 1957) di Carla Boni e Gino Latilla.

 «Aveva una casetta piccolina in Canada/Con vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà/ E tutte le ragazze che passavano di là /Dicevano: che bella la casetta in Canada».  

Definire l’incontro autocelebrativo non è una bugia.

Sostenuta in maniera massiccia e compatta dai media di regime, trasmessa in differita da Cremona 1, l’elevazione al cielo dell’ego dei promotori si è scontrata con un recital non all’altezza delle aspettative. Esibizione buona per una sagra di paese.  Show per la festa dello gnocco fritto. Per la giornata della pesca con la mosca. Per il «mamma sono contento d’essere arrivato primo». Per La balera di Davide Van de Sfroos.

Al posto dello champagne, un bianchino corretto con il Campari. Poi tre valzer, due mazurke e quattro polke. E vai con il liscio, nonostante Giuseppe Rossi, direttore generale dell’Asst, vanti un passato da discreto chitarrista nei Distretto 51. Nel suo repertorio, cover doc di Van Morrison e Marvin Gaye. Roba fine, giusta. Cazzuta.  Non sfigato karaoke di Patty e Mirko o di Marianna e l’orchestra dei Tigrotti.   

Il lancio dell’astronave progettata per traghettare il territorio nello spazio intergalattico della sanità del futuro, non è stato tra i migliori. Non pessimo. Neppure sgarrupato. È stato un ossimoro. Perfetto da piangere. 

Cartelle stampa, assegnazione dei posti, brochure, impeccabili. Giornalisti piazzati nel loggione. Almeno un paio in difficoltà a vedere lo schermo. In castigo dietro la lavagna, dimostrazione dell’alta considerazione a loro riservata dall’Asst di Cremona. 

L’inizio del gran ballo all’auditorium del museo del violino non è da raccontare con orgoglio. È da segnalare e segnare per non ripeterlo in altre occasioni simili.

Giovanni Palisto, giornalista e volto di Cremona 1, conduttore dell’ambaradan, prende la parola. Invita all’applauso i presenti.  Il gotha dell’establishment cittadino e provinciale, impreziosito dal presidente regionale Attilio Fontana e dalla sua ombra Attilio Superti, esegue. È uno scroscio di battimani.  

Tra i plaudenti, seduto nel settore vippissimi, Luciano Pizzetti. Sostenitore dichiarato e convinto del nuovo ospedale, sponsor politico dell’intervento è il quarterback della squadra favorevole all’operazione. Regista non tanto occulto.

Terminata la claque.  Palisto apre le danze.  Pronuncia una mezza frase. Viene immediatamente stoppato. Ferma il biroccio. Chiede di ripetere l’applauso. Lo esige la televisione.

La platea obbedisce. Nessuno protesta.  Neppure un belato. È la dittatura mediatica.  E per capirlo non è necessario aver letto Marshall McLuhan e Noam Chomsky.

Indignarsi sarebbe velleitario.  Commentare temerario.  Porre la questione con implicazioni annesse, fatica sprecata.  Invitare alla riflessione, autolesionismo con subitaneo inserimento tra gli intellettuali pipparoli e inconcludenti. Tra i contestatori per partito preso. Tra i comunisti e i veterocomunisti. Tra gli anarchici e i blackbloc. Tra i no global. Tra gli scassaminchia di professione.  Quasi certa l’iscrizione alla comunità magmatica ed eterogenea delle teste di cazzo irrecuperabili, che non capiscono una mazza, senza diritto alle attenuanti generiche e di nessun altro tipo.

Incontestabile resta il fatto che il presidente della Regione e gli altri partecipanti all’evento hanno eseguito un ordine.  Non del capo del governo. Non del vescovo, oppure del sindaco, entrambi presenti. Hanno ubbidito a uno sconosciuto, preoccupato di un applauso registrato male o non registrato affatto.

Difficile distinguere la riunione di giovedì da un meeting aziendale, concentrato di marketing e di ottimismo. Di comunicazione emozionale e subliminale. Di stimolazione di desideri. Di creazioni di bisogni, in cima l’ottava meraviglia del mondo, soluzione ai problemi della sanità locale, compresa quella territoriale. Panacea. Avanguardia. Il domani, oggi. Di tutto di più, tranne inviti e stimolazioni alla riflessione. All’analisi.

Storytelling rigido e senza sbavature.  Domande ai relatori concordate.  Intesa tanto evidente e smaccata da imbarazzare. Da provocare fastidio e calo di attenzione. 

Al contrario delle interviste scomode, che creano interesse e permettono all’intervistato di dimostrare la propria preparazione e abilità. Di essere convincente.

A Fontana non è stata posta l’unica domanda che tutti attendevano: come procede il cammino per accreditare l’ospedale di Cremona della Dea di secondo livello? 

Gli è stata fatta a manifestazione terminata, quando il pubblico aveva già lasciato l’auditorium e davanti a microfoni dei media amici. Una pezza per coprire il buco. 

Il sit-in del movimento per la riqualificazione dell’attuale ospedale è stata la variabile che ha animato il piattume. Che ha stimolato quelle riflessioni impossibili all’interno dell’auditorium.

Esclusi dalla presentazione ufficiale, alla quale avevano chiesto di partecipare con una delegazione di loro rappresentanti, i contestatori hanno organizzato un presidio in piazza Marconi, a cento metri dall’ingresso dell’auditorium. 

Blindati dalle forze dell’ordine, hanno espresso la contrarietà all’ottava meraviglia del mondo secondo il format tradizionale di queste proteste.  Tazebao, megafono, fischietti ironia. Rabbia. In dote tremilacinquecento firme.  E il messaggio non tanto nascosto: noi ci siamo. È solo l’inizio. Ma tranquilli, non è più il tempo di Ce n’est que un debut, del maggio francese. 

It's only rock'n'roll, e vai con i Rolling Stones che probabilmente anche il direttore generale Rossi  preferisce a valzer, mazurke e polke. 

Per le istituzioni non un giovedì da leoni.   Da ricordare non per la presentazione del nuovo ospedale, non per un’organizzazione tanto ridondante quanto povera di fascino. Fredda. Inutile.  Da ricordare per l’emozione trasmessa dall’abilità di Aurelia Macovei in coppia con il violino Vesuvio 1727. Dieci minuti straordinari, eccellenti, unica nota stonata in un paio d’ore di mediocrità.

Antonio Grassi


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commenti


Innominato

3 dicembre 2023 15:06

Pizzetti sostenitore bene! Uno schifo generale del gruppo di potere una vergogna infinita incapaci disinformati o peggio ? Questo il problema e politici di ogni specie questo che aumenta il dubbio !!!