Serve un nuovo modello di medicina
“Ne usciremo migliori”. Lo abbiamo ripetuto come un mantra, lo scorso anno. Nel vortice di sofferenza e terrore, suonava più come un’autoassoluzione che come un impegno. Come l’allenatore della squadra di calcio sotto di cinque pappine, sprona i suoi all’89°, come se ci fosse ancora margine. La politica locale, anzi la Politica, ha cercato di mettere insieme i pezzi, anzi la polvere, di un modello demolito da un virus fatto di 8 geni, ma tanto bastardo quando raffinato; s’è parlato di medicina di comunità, medicina di prossimità, medicina territoriale, medicina domiciliare. Riflessioni portate ai tavoli, schiette e promettenti, veicolate alle Istituzioni superiori da Sindaci tenaci, con mail, consegnate a mano, apparse sulla stampa e col piccione viaggiatore. Peccato che la caccia fosse aperta e il piccione caput.
Le risposte degli Enti superiori? Scontate, come il rutto dopo il bicchiere di coca cola.
Ad oggi nel solo distretto Cremasco mancano all’appello 32 Medici di Medicina Generale e spesso gli incaricati declinano l’invito come quando esci con gli amici ma nel gruppo c’è la tua ex morosa. Meglio di no, meglio aspettare. Così, professionisti rispetto ai quali spesso si deve solo abbassare il cappello, restano mortificati da un modello che pensa a rimborsare le protesi d’anca o aortiche e che se ne catafotte del cronico, del paziente “quotidiano”, del malato che attende come manna dal cielo l’esame di screening per scongiurare il tumore. Accessi ambulatoriali limitati, diagnostica con tempi così lunghi che se ti metti in marcia a piedi fai prima ad arrivare a Pechino che da Borghetti a fare un’ecografia addominale. Agende aperte, anzi mezze aperte, forse semichiuse. E la gente attende.
Così i Pronto Soccorsi si intasano, gli ambulatori vengono popolati (quando possibile) da gente disperata che è lasciata in balia di se stessa da tempo. Basta vedere la spesa sanitaria della nostra Regione degli ultimi dieci anni, pubblicata da Milena Gabanelli sul Corsera per accorgersi che quel modello decantato ed esportato (per fortuna non ovunque) scarica a dritta e manca prestazioni poco redditizie sul groppone del pubblico e ingrassa il PIL di gruppi che in Italia sono una potenza più di Bankitalia.
S’è perso di vista il paziente, s’è persa di vista la persona, si sono dimenticate riforme che avevano l’obiettivo di formare e informare, di promuovere prima di ogni rimborso DRG la salute globale. Certo: prevenzione ed educazione sanitaria sono processi lunghi, ma alla lunga danno il loro risultato. Riducono l’ospedalizzazione, centrano l’appropriatezza clinica e diagnostica.
E qui si torna a bomba sul tema fondamentale. La Medicina ambulatoriale ed ospedalocentrica hanno fallito. La rivalità tra i Medici di Medicina Generale e Ospedalieri è esistita, esiste e crea disagio. Inutile fingere che non ci sia, come tra Italiani e Francesi. Il modello misto ha creato ulteriori distanze: quella parola magica, coniata da Formigoni e che ha permeato anche le cellule staminali di molta parte di politica, il cavallo di battaglia della “libertà di scelta” è lì da vedere e il Corsera ne ha dimostrato una parte significativa. Deve rifondarsi un modello, disciplinato da leggi dello Stato Italiano e recepito dalle Regioni, non “ad minchiam” ma coerentemente con le indicazioni del Parlamento: i livelli medio-bassi di assistenza devono stare fuori dagli ospedali, gestiti in forma aggregata da Medici di Medicina generale E specialisti, anche al domicilio (e il centro servizi COVID a Crema ci ha insegnato che questa interlocuzione funziona, riduce disagio, ospedalizzazione e costi); i livelli complessi entrano in ospedale, col tappeto (non solo il codice) rosso, con un approccio multidisciplinare serio e bidirezionale che riceve e da ai Colleghi della “bassa intensità” ritorni utili e preziosi per la ripresa in carico.
Il modello dei DRG ha fallito, il Medico solo (intendiamoci, dentro e fuori i muri degli ospedali) ha fallito, l’accreditamento allegro pure. O si pensa ad un modello nuovo, radicalmente nuovo o il sistema involve.
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