6 febbraio 2022

Siamo vasi di creta che contengono un tesoro straordinario

Qualche giorno fa, terminata la catechesi settimanale degli adulti, una persona mi ha rivolto una domanda difficile: “Come è nata la sua vocazione? Mi piacerebbe sapere quando e come ha scoperto di essere chiamato al sacerdozio!”. Gli inizi hanno sempre qualcosa di affascinante perché parlano di entusiasmo, di passione, di freschezza, di novità, di coraggio, ma anche di ingenuità, di idealità, di utopia e perché no pure di avventatezza. Il tempo che passa, le abitudini che si ingenerano, i fallimenti e le delusioni che si incontrano, la fatica di essere sempre coerenti e limpidi, le aspettative che non si avverano, il peccato che tenta inesorabilmente di sporcare tutto… sono tutti aspetti che offuscano la bellezza degli inizi e conducono spesso ad un disincanto, ad un cinismo e ad una fiacchezza riprovevoli.

Credo che di fronte a certe crisi vocazionali – sacerdotali, religiose o matrimoniali – sia assai salutare riandare agli inizi, ricordare come tutto è nato, tornare ad assaporare quei momenti dove l’amore aveva preso il sopravvento e sembrava una energia così potente da annientare ogni ostacolo e paura, così pervasiva da riempiere tutto di significato, così nobile da non lasciare spazio a meschinità e compromessi.

D’altra parte l’invito a “ricordare” è profondamente biblico: quante volte, nell’Antico Testamento, Dio sprona il popolo a “ricordare”, a trovare nel passato le ragioni per credere che il futuro non sarà poi così nero come si prospetta e che il suo amore non verrà mai meno. Ad Israele nei momenti di crisi, dove la tentazione della mormorazione e della ribellione si fanno sempre più forti, è consigliato proprio questo esercizio di memoria!

Nel Vangelo di questa domenica si racconta proprio degli inizi della vocazione di Pietro e Andrea e poi di Giacomo e di Giovanni.

Gesù, dopo aver ricevuto una cattiva accoglienza nella sua patria, Nazareth, va a Cafarnao e prima di buttarsi a capo fitto nella predicazione del Vangelo, compie un gesto significativo: crea una comunità di persone attorno a Lui. Il Regno di Dio più che con le parole si annuncia con la fraternità, con la gioia dello stare insieme, del condividere tutto, dell’amore: il Cristianesimo è sempre una esperienza di popolo, l’intimismo e l’individualismo sono realtà estranee e dannose!

Ed è oltremodo significativo che Cristo chiami anzitutto due coppie di fratelli: come a dire che Lui è venuto ad instaurare una fraternità nuova, che nasce non dal sangue, ma dalla fede, dall’adesione alla sua persona che è il fondamento di ogni fraternità vera!

Pietro conosce già Gesù perché il giorno prima era entrato in casa sua e aveva guarito sua suocera; il rozzo pescatore aveva già ascoltato le parole del Rabbi di Nazareth e apprezzato la ricchezza della sua umanità: come tanti era rimasto incantato dalle sue attenzioni e dalle sue premure soprattutto verso i poveri e i malati. Forse anche per questo non fatica ad accoglierlo sulla sua barca affinché possa evangelizzare la folla senza essere travolto e a prendere il largo per gettare le reti, un gesto, come sappiamo, assai avventato dato che si pesca solo di giorno.

Che cosa ha spinto Pietro ad acconsentire a salpare nuovamente proferendo anche una tra le più sublimi professioni di fede: “Sulla tua Parola getterò le reti”?

Pietro è abbattuto e umiliato per i risultati miserabili della sua pesca: sente il peso dell’insuccesso, per questo si affida! Non c’è forza o strategia umana a cui possa aggrapparsi, l’unico che gli dà speranza e fiducia è Gesù! Egli ha già sperimentato che la sua Parola è efficace, che la sua premura verso l’uomo è autentica, che la sua umanità è ricca e contagiosa. Pietro si sente valutato e amato, proprio nel momento tragico del fallimento. Dio è così: si manifesta in tutta la sua potenza d’amore quando l’uomo tocca il fondo, quando il peccato sembra soffocarlo inesorabilmente. Il peccato, paradossalmente, lungi dall’essere un ostacolo, un muro che separa l’uomo dal suo Signore, può diventare un trampolino di lancio che conduce l’uomo direttamente tra le braccia del Padre! Riconoscere che il peccato si annida nel proprio cuore e rende la vita arida e insignificante è il primo passo della conversione!

E quando l’uomo si fida, rischia e obbedisce a Dio, nonostante le apparenze dicano tutto il contrario, i risultati sono straordinari: di fronte ad un pescato che minaccia di rompere le reti Simone non può far altro che stupirsi, commuoversi! “Allontanati da me che sono un peccatore”: è il grido di chi ha consapevolezza di non poter meritare tanto amore, di non esserne all’altezza! Pietro si sente indegno di tanta attenzione e benevolenza. Egli ha paura di non poter reggere ad un rapporto così intenso e vero con il Maestro! Egli fa ancora conto delle sue forze! A Cristo, però, non interessano le nostre forze, ma solo il nostro desiderio di essere salvati. A lui basta che ci fidiamo della sua parola, anche quando sembra che tutto dica il contrario! “Non temere” è l’invito che Gesù fa a Pietro: “Non temere perché proprio la tua fragilità, la tua indegnità, il tuo essere peccatore, io li utilizzerò per mostrare la potenza della misericordia di Dio”.

Non c’è annuncio del Vangelo più bello: testimoniare al mondo quanto il perdono di Dio sia sanante e liberante. Siamo vasi di creta che, però, contengono un tesoro straordinario!

E quando siamo stanchi e sfiduciati torniamo all’inizio, quando per la prima volta abbiamo sentito la chiamata di Dio, la chiamata di quell’amore così appassionato, spontaneo, contagioso!

Claudio Rasoli


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