25 giugno 2022

Siccità e terrorismo mediatico: quando la paura è tardiva e controproducente

Una siccità come non si vedeva da 70 anni. Almeno così dicono i media, che da alcuni giorni hanno sostanzialmente abbandonato la guerra in Ucraina per dedicarsi quasi esclusivamente al caldo. La monotematicità ormai sfrenata dei media comincia ad aver un che di patologico: per due anni non si è parlato che di Covid, per sei mesi che di guerra, e ora non si fa che parlare della fine della civiltà per mancanza di acqua, cosa che per la verità ha tenuto banco in tutte le ultime estati fino all’arrivo del Covid, biennio nel quale il caldo pareva essere sparito dalle agende e dalle nostre vite, anzi venendo benedetto perché col caldo e stando all’aria aperta il virus non circolava.

Non è praticamente nevicato per tutto l’inverno, non è piovuto per tutta la primavera, ma non si aveva tempo di parlarne perché dovevamo per forza essere incollati, volenti o nolenti, ad una guerra che si svolge a migliaia di kilometri da qui, che non è finita, le cui conseguenze soprattutto energetiche continuano, ma alla quale ormai i media stanno facendo il tradizionale callo…spingi spingi su un tema, arriva il momento che quel tema non interessa più molto, tocca trovarne uno nuovo. E per fortuna il Po è secco come non mai…e dagli col terrorismo climatico h 24. Non sono un meteorologo, ma ogni volta che nei mesi scorsi vedevo le foto delle montagne senza un dito di neve, pensavo rabbrividendo a quanto quest’estate avremmo patito. Non lo si sapeva? Non se ne poteva almeno parlare seriamente anche al di fuori del giro degli sciatori incazzosi della domenica?

Per come sono impostati i media nazionali, verrebbe da aver caldo e sentirsi soffocare perfino stando in montagna col pile addosso. Chi scrive odia il caldo come poche altre cose, ne soffre e ne sta perfino male fisicamente: l’arrivo dell’estate per me coincide ogni anno con bronchiti e botte di caldo che mettono a dura prova la giornata lavorativa e il riposo del week end. Eppure, se devo essere sincero, non avverto un caldo assai diverso da quello del 2017, o del 2003, annate che furono feroci come belve.

Ciò che avverto invece come differente, è ahimè l’incapacità di farvi fronte, sia istituzionale che personale.

Da anni veniamo terrorizzati dal climate-change e dalle siccità estive, eppure siamo credo l’unico paese al mondo in cui si fa la doccia e si tira lo sciacquone con l’acqua potabile. Ma vi sembra normale? 

L’Homo Sapiens marcia sulla terra pare ormai da 300.000 anni, e fino ad oggi è sopravvissuto anche senza aria condizionata per circa 299.900 di quegli anni: l’idea di “asciugare” l’aria facendola passare attraverso l’acqua venne all’ingegnere americano Will Carrier agli inizi del ‘900, ma l’utilizzo globale della sua intuizione inizia solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Utilizzo che ahinoi, ha purtroppo mutato radicalmente anche il nostro modo di costruire case e uffici, sempre in adorazione del Dio Profitto, tanto che ormai tra vetrate e cartongessi al posto dei mattoni non possiamo più fare a meno del climatizzazione. Che costa energia e produce calore: una sorta di perverso circolo vizioso che produce caldo per sfuggire al caldo.

A questo dobbiamo sommare il nostro progressivo rammollimento: non sopportiamo più nulla, né il freddo in inverno né il caldo in estate. Guai se al chiuso non ci sono sempre 22 gradi cascasse il mondo, sia che fuori ci siano -10°C sia che fuori ci siano +40°C, al punto che spesso ci tocca stare, al chiuso, con le finestre aperte  in inverno e con la giacca in estate.

In questi giorni in tutta la mia via sono praticamente l’unico con le finestre aperte. Ho dei vicini che accendono il climatizzatore a maggio e imperturbabili, a prescindere da quanto accada nel terribile mondo fuori dalle loro ovattate mura, lo spengono a  settembre, con il risultato che nel cavedio del cortile ci sono almeno 10 gradi in più che per strada. Dico, ma è possibile?

Che il clima muti non è una novità del nostro tempo, è sempre accaduto e sempre accadrà. In archivio custodiamo dei manifesti di fine ‘800 nei quali addirittura il Comune promuove processioni e messe propiziatorie per invocare una pioggia che manca e contro una siccità devastante, che peraltro all’epoca coincideva con la fame per un anno intero, non come oggi che al massimo salgono i prezzi delle zucchine e probabilmente molto più per le speculazioni degli avidissimi mercati che per la mancanza di acqua.

Vero è che purtroppo mai sulla Terra siamo stati tanti come oggi: quando ero alle elementari ricordo benissimo che eravamo 3 miliardi e mezzo di persone, e oggi Wikipedia mi dice che siamo quasi 8 miliardi.

E se tutti hanno diritto di mangiare bere lavarsi e crescere sani e robusti (con la prospettiva però, sia ben chiaro, che tra 30 anni saremo 15 miliardi…) beh è ora che sulla questione dell’acqua ci mettiamo seriamente di buona volontà. Comincia ad essere sempre più chiaro che le generazioni future mangeranno sempre meno carne, perché la carne costa milioni di litri di acqua per dissetare i vari mammiferi da macello: essere vegetariani, è ora che ce lo diciamo, da vezzo per eletti progrediti diventerà una probabile necessità, così come la spinta al digitale servirà a viaggiare di meno e risparmiare risorse.

Ma il chissenefrega, io sto al fresco, non tiene veramente più. E nemmeno il terrorismo mediatico da quattro soldi, tardivo e controproducente. O sopravviviamo come collettivo, o siamo destinati a scomparire come individui, dice Al Pacino in Any Given Sunday.

Sono da sempre convinto che sono i comportamenti individuali che fanno le grandi rivoluzioni, non il terrorismo eterodiretto: ne è prova il fatto che appena passata la paura dal Covid tutti sono tornati alle abitudini di prima, anche a quelle sbagliate, e che all’allarme siccità corrispondono i black-out per l’eccessivo uso deli climatizzatori.

Nell’attesa che governa il mondo ci imponga, come ormai accade regolarmente, una soluzione calata dall’alto che ci costringa a cambiare vita radicalmente, io rimango convinto che se sprechiamo un po' meno acqua per lavarci e teniamo i condizionatori un po' più spenti, e se i media si preoccupano della siccità qualche mese prima che sia incontrovertibile, beh magari ne usciamo un po' meglio, o almeno ci abbiamo provato.

Sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

Docente di archivistica all'Università degli studi di Milano

(la foto del professor Martelli è di Irina Mattioli) 

 

Francesco Martelli


© RIPRODUZIONE RISERVATA




commenti


Patrizio

25 giugno 2022 13:33

Buongiorno Prof. Martelli, ma cosa intende quando afferma che: "siamo l'unico paese al mondo in cui si fa la doccia e si tira lo sciacquone con l' acqua potabile?" Che "tipo" di acqua usano i cittadini degli altri Paesi? A parte questa mia curiosità, condivido quanto da lei scritto e vorrei anche sottolineare che in molte regioni italiane la rete di tubi che portano acqua alle cade è un colabrodo, un Paese normale con delle Istituzioni normali dovrebbe sistemare una situazione del genere. Grazie.

Martelli

27 giugno 2022 20:49

Gent.mo

Mi riferivo, ma per brevità ho dovuto usare quel termine, alla questione che si si dibatteva già quando ero in consiglio comunale a Crema oltre 10 anni fa, della separazione delle reti tra quelle con acqua trattata come purissima che possiamo tranquillamente bere e che dovrebbe uscire solo dai rubinetti e invece l'acqua trattata diversamente e che dovrebbe passare per docce e servizi igienici.

Martelli

27 giugno 2022 20:53

A corollario, può essere utile questo articolo

https://www.habitante.it/casa-attenta-alla-salute/habitante-a-tavola-italia-primo-paese-europeo-per-consumo-di-acqua-potabile-come-migliorare/