Tommaso è stato visto ed ha creduto!
“Io credo non perché vedo, ma perché sono stato visto”, questa frase dello scrittore e poeta Erri De Luca in maniera molto efficace e diretta riassume tutta l’esperienza cristiana. Lo stesso concetto è espresso, forse con uno stile più enfatico e solenne, sull’architrave del portale di ingresso dall’antica basilica del Santuario di Oropa – luogo a me molto caro -: “O quam beatus, o Beata, quem viderint oculi tui” ovvero “O quanto è beato, o Beata, colui sul quale si posano i tuoi occhi”. Il Cristianesimo, infatti, non è anzitutto conquista, ma è sorpresa, non è ricerca, ma è incontro, non è sforzo umano, ma è dono. Il primo passo è sempre di Dio! È Lui che si rivela per primo accostandosi all’uomo in modo graduale e discreto, come fa Gesù con i discepoli di Emmaus. Tutto parte sempre da Dio: saremmo degli illusi se pensassimo di essere giunti alla fede per uno nostro impegno intellettuale o per un nostro moto interiore. Dio non lo si raggiunge attraverso la ragione o la volontà, Dio lo si accoglie in maniera insperata e inaspettata. L’apostolo Giovanni nella sua prima lettera è estremamente chiaro: “Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio…” (1Gv 4, 10). È pura illusione, dunque, poter vantare crediti nei confronti di Dio o pensare di poter meritare la sua benevolenza attraverso una vita coerente e adamantina: il cristiano si comporta “evangelicamente” non perché vuole guadagnare meriti con il Cielo o peggio ancora perché teme l’inferno – triste è una fede alimentata dalla paura -, ma unicamente perché toccato anzi contagiato dall’amore; perché non c’è forza tanto travolgente, tanto appagante, tanto totalizzante come l’amore di Dio!
In questa seconda domenica di Pasqua, nella quale gustiamo la misericordia infinita di un Padre mite e buono, ci viene incontro la figura dell’apostolo Tommaso: un uomo concreto, determinato, per certi versi esigente. Alla prima apparizione di Gesù è assente: non sappiamo se si sia allontanato dal gruppo per paura di un agguato degli avversari o per ribellione di fronte alla pavidità dei suoi amici che invece di cercare il loro Maestro hanno sprangato le porte del loro rifugio. Sta di fatto che egli non fa esperienza del Cristo Risorto! Giovanni sembra volerci dire che si può incontrare Gesù vivo solo nella comunità, insieme agli altri e non importa se questa comunità è imperfetta, incoerente, traditrice, incredula. Gesù attraversa le porte chiuse del peccato e del dubbio e con estrema pazienza e delicatezza si mette al centro, sta in mezzo, e il suo sguardo di amore si posa su tutti. Gli apostoli gioiscono quando sono raggiunti dall’amore del Risorto, plasticamente rappresentato dai segni della passione ancora vivi nelle sue mani e nel suo fianco: quelle ferite, infatti, sono ancora aperte perché il suo amore per l’umanità non si esaurisce, ma si perde nell’eternità.
Certo, questa gioia è ancora effimera, non si è radicata profondamente in loro da vincere la paura, da spronare all’azione, da spingere ad una testimonianza corale e indomita. Tant’è vero che quando Tommaso torna non crede al racconto dei suoi amici: se davvero Pietro e compagni hanno visto il Signore, se sono stati raggiunti dal Suo sguardo, se hanno contemplato i segni dei chiodi perché sono ancora rintanati in questo spazio angusto e oscuro? Perché non sono andati ad affrontare il Sinedrio di Gerusalemme, il tentennante Pilato, gli altalenanti uomini e donne del popolo che prima aveva cantato gioiosi l’Osanna e subito dopo avevano gridato feroci il Crucifige? Perché le porte e le finestre sono ancora serrate?
Tommaso è incredulo perché, forse, è esigente con i suoi condiscepoli! Così come sono esigenti gli uomini di oggi che non si accontentano più di belle prediche o di slogan banali e logorati, ma vogliono dei segni concreti, pretendono – ed hanno ragione – di vedere uomini e donne che sono stati guardati con amore da Dio e che guardano con amore l’umanità! Desiderano incontrare dei credenti che manifestano una fede che non si esaurisce in una serie di cose da fare, di divieti da ottemperare, di precetti da osservare, ma che si concretizza nell’incontro con una persona vera, reale, che non giudica, non obbliga, non comanda, ma che semplicemente ama e che desidera unicamente la felicità dell’amato.
Tommaso prorompe in una delle più belle professioni di fede del Vangelo – “Mio Signore e Mio Dio” – quando si sente avvolto da questo sguardo di amore del Risorto, quando può fare esperienza concreta di questo amore. Tommaso è stato visto ed ha creduto!
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti
Stefano
9 aprile 2024 13:49
L impressione attuale tuttavia è che Dio sia diventato un po'miope o distratto. Che dire alle vittime innocenti della guerra infinita in Ucraina, in Medio Oriente.? in quanto alle comunità,van bene anche se imperfetto,ma poi però si pretende da loro un esempio di carità. Ma non basta x convincere della attenzione Amorosa di Dio. Quello che quotidianamente si sperimenta è esattamente il contrario