Tornano gli Stalloni, facciamo a chi la spara più grossa così tutto resta come prima
E’ passato più di un decennio dalla pubblicazione di “Giù le mani dal mercato. Storia della battaglia per la salvaguardia degli Stalloni”. Quel libro che scrissi incoraggiato dall’amico e collega Antonio Grassi che aveva seguito dalle pagine de “La Provincia” la lotta degli ambulanti per la difesa del mercato di Crema, non lo prendevo in mano da parecchio tempo. Dev’essere finito nelle polverose librerie delle biblioteche, negli archivi del Comune e in quelli dei partiti ma racconta un pezzo di storia che è rimasto un nervo scoperto nella politica cremasca.
Da quarant’anni, gli Stalloni di Crema e il contesto urbano che li circonda fanno parlare, discutere; smuovono gli interessi; rianimano figure che si credevano scomparse; riportano a galla i mal di pancia dei commercianti; irritano i volti di chi sembra essere immortale nella scenografia del teatro politico della città.
Nel 1982 fu un comitato di cittadini sotto lo slogan “La città è un corpo facciamo che il suo cuore sia verde” a chiedere l’apertura degli Stalloni per renderli fruibili alla popolazione di Crema. Un sogno che è rimasto nel cassetto. L’idea che camminava solo sulle gambe di uomini e donne della città che puntavano a fare diventare gli Stalloni patrimonio di tutti, è stata trasformata dalla miopia della politica in un’utopia.
Nel 2021 ancora manca un progetto partecipato, condiviso che sia in grado di pensare in maniera nuova un’area della città rimasta immobile, irrigidita in uno schema che ci riconsegna una foto in bianco e nero degli Stalloni e del mercato.
Sfoglio il libro scritto nel 2010. I volti protagonisti degli scontri di allora non sono spariti. Magari hanno cambiato casacca; qualcuno ha conquistato ambite poltrone; altri sono stati costretti a cedere il passo ai moderni colonizzatori delle istituzioni ma non si sono rassegnati a star lontani dal potere. Pochi si sono ritirati nelle retrovie.
Ci sono i protagonisti politici principali della messa in scena: Gianni Rossoni (allora vice presidente della Regione oggi sindaco di Offanengo) e Giuseppe Torchio (allora presidente della Provincia, oggi sindaco di Bozzolo) entrambi “compagni” della Democrazia Cristiana dei tempi. C’è Franco Bordo passato dai banchi del consiglio comunale a quelli del Senato. C’è Stefania Bonaldi che da consigliera comunale ha scalato la vetta arrivando alla poltrona di sindaco. E poi gli intramontabili, sempre con il culo su una poltrona: ne cito due di aree avverse (perlomeno sulla carta) tanto per capirci, Simone Beretta e Matteo Piloni.
Gli unici ad aver scelto di lasciare il palco della politica sono l’allora sindaco Bruno Bruttomesso, Gianni Risari e pochi altri tra cui nomi che nessuno più ricorda come l’ex barista leghista Walter Longhino (era assessore al commercio) o il karateka Fulvio Lorenzetti.
Tra il pubblico: i volti di via Verdi, quelli degli ambulanti che hanno condotto una stoica battaglia rimasta nella storia della città quanto le tre guerre Puniche tra Romani e Cartaginesi. Senza di loro (e la stampa) gli attori della politica avrebbero fatto quel che volevano portando forse a compimento la loro commedia.
A fermare l’opera è stato proprio il pubblico, quegli ambulanti che non ne hanno voluto sapere di sedersi a teatro e applaudire agli attori. Anzi. Hanno interrotto lo spettacolo sul più bello, sono saliti sul palco e hanno preso in mano la situazione. Nessuno può scordare la loro rivolta, il serpentone dei loro furgoni sfilare per la città; l’assedio all’ufficio del sindaco; la presenza costante ai consigli comunali. Crema non ha mai conosciuto una lotta di questo genere. E alla fine ce l’hanno fatta: sono stati gli unici vincitori.
A perdere è stata la politica che ha dovuto fingere di abbracciare la causa degli ambulanti (indimenticabile Rossoni che abbraccia fisicamente i rivoltosi); ha dovuto rimettere nel cassetto ogni tentativo di speculazione; è stata incapace di condividere un percorso progettuale che avrebbe potuto trasformare davvero quell’area nel cuore verde della città.
Dopo più di dieci anni non è cambiato niente. I volti che blaterano sono sempre quelli. Le idee in campo sono a senso unico, senza coinvolgimento dei cittadini.
L’intramontabile Beretta a febbraio scorso se n’è uscito con un “Chiediamo a Regione Lombardia di ottenere in comodato d’uso gratuito l’area degli ex Stalloni. Oggi mi interessa sostenere che i tempi sono maturi per diventare gli attori del recupero del complesso degli ex Stalloni. La condizione è che la Regione Lombardia si faccia interprete di questa esigenza attraverso il comodato d’uso gratuito degli ex Stalloni alla città di Crema ed al territorio cremasco”.
Immediatamente si è riaperto il balletto del “chi la dice più bella” tra Centro Destra e Centro Sinistra lasciando presagire un’altra fumata nera sulla vicenda Stalloni.
Mi viene un dubbio: forse dobbiamo cambiare compagnia teatrale? I nostri attori puntano al successo dei “Legnanesi” senza avere probabilmente le stesse doti. Unica cosa in comune: l’uso del dialetto, la miopia provinciale.
maestro e giornalista
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