26 febbraio 2021

Un procuratore a Roma, la saga continua

La realtà è che il prestigio della magistratura è ai minimi storici, è stato dilapidato quel patrimonio di fiducia di cui i magistrati godevano sino agli anni ’90.

Proviamo per un momento a porci dal punto di vista del cittadino, non di chi vive di illeciti o di piccole e grandi disonestà, ma del cittadino comune. Se i magistrati sono pronti a fare carte false per strapparsi un incarico di comando perché dovrebbero trattare poi correttamente il cittadino che capita dinanzi a loro?

Come ci si può affidare ad una corpus di funzionari pubblici che, da Palamara in poi, è tutti i giorni sulle cronaca giudiziaria dei giornali se non nera di certo grigia, per le sue lotte interne senza esclusione di colpi pur di appropriarsi di qualche posto di potere? Chi può avere fiducia di magistrati divisi in cordate i cui principali esponenti sono impegnati tutti i giorni a trafficare in raccomandazioni e anche peggio?

Questo è un punto di vista che non si assume mai, quello dal basso, per così dire verticale, del cittadino comune, non quello orizzontale del mondo politico che può avere ragioni proprie per temere i magistrati. Ma in fin dei conti quello del cittadino comune è il punto di vista decisivo.

Intanto abbiamo assistito agli sviluppi della saga per la nomina del Procuratore di Roma.

Anche se qualche giornale filo-ANM non ne ha parlato o ha cercato di parlarne il meno possibile quello che è avvenuto è enorme perché mai perché mai era stata bocciata una nomina di così alto rilievo che vale un pacchetto di Ministeri.

Il TAR del Lazio, dopo quasi un anno, ha annullato la nomina di Prestipino rimettendo in gioco Marcello Viola e Francesco Lo Voi che erano già candidati quando sono venuti a galla i traffici che circondavano la nomina strategica per la Procura di Roma. È invece uscito definitivamente di scena Giuseppe Creazzo, liquidato dall’accusa di molestie sessuali mossa da una collega, altro scandalo nello scandalo, che sia vera o no la vicenda.

Il CSM quindi, non pago dello sconquasso che ha attraversato questa nomina, è riuscito ad adottare un provvedimento che secondo il TAR non stava in piedi perché i titoli del vincitore sono stati ipervalutati e quelli degli altri due candidati non sono stati valutati o sono stati valutati per finta.

Quelle che sono servite per far vincere Prestipino e far perdere gli altri due concorrenti non erano insomma, secondo il TAR, motivazioni decenti, erano di “stile”, cioè fasulle, scritte per giustificare scelte prese altrove.

A questo punto, se anche dopo la vicenda Palamara siamo praticamente allo stesso punto di prima, ci sono solo due soluzioni.

Una, e adotto la provocazione di Jonathan Swift che consigliava ai poveri di mangiare i loro bambini per superare i periodi di carestia, è quella semplicemente di eliminare concorsi.

Si mettano d’accordo le correnti per nominare questo o quello esattamente come i partiti politici scelgono un Ministro o Sottosegretario durante gli accordi di governo senza dover motivare in un atto scritto ed impugnabile dinanzi al TAR perché quell’aspirante è migliore degli altri.

L’altra soluzione, che sostengo da tempo e che comporta poco sforzo, è quella di introdurre il sorteggio tra gli idonei.

Nei concorsi per i posti direttivi di regola i magistrati che presentano domanda sono tra i 10 e i 20 ma tra di essi ve ne è un numero limitato che effettivamente possiede i requisiti per ricoprire il posto cui aspira mentre gli altri, spesso più della metà, presentano una domanda prematura, azzardata o velleitaria. In sostanza in ogni concorso, al di là delle appartenenze, ci sono gli idonei e i molti non idonei. Infatti anche per la Procura di Roma i veri candidati erano tre o quattro.

Basterebbe affidare alla competente Commissione del CSM l’effettuazione di una prima selezione con l’indicazione di una rosa di idonei superiore al numero dei posti messi a concorso e sufficientemente ampia, ad esempio per ogni posto direttivo 4 o 5 idonei.

Tra gli idonei dovrebbe poi essere individuato per sorteggio il vincitore.

Questo sistema di scelta avrebbe molti vantaggi e nessuna controindicazione seria, se non per le personalissime aspettative di qualcuno, ma nessun effetto negativo rispetto all’efficienza del sistema giustizia. Non vi sarebbe alcuna caduta di efficienza perché tutti ci accorgiamo che le differenze di capacità tra i candidati più idonei sono in realtà minime. Del resto non ci sono super eroi in magistratura e c’è una tendenza negli ultimi anni al livellamento. I giudizi di professionalità sono poi talmente blandi ed uguali per tutti che sarebbe comunque ben difficile per un fuoriclasse, anche se ci fosse, emergere.

Cadrebbero invece le nomine rese possibili solo dai rapporti di forza tra le correnti e i consiglieri di nomina politica, cadrebbero gli accordi sottobanco, cadrebbero le differenze di valutazione artificiose finalizzati a nomine “politiche” e i sorpassi resi possibili dal peso della propria corrente, dal peso del singolo candidato nel proprio gruppo, dalle relazioni politiche e dai precedenti incarichi istituzionali. E non vi sarebbe credo alcuna violazione del dettato costituzionale.

Con il “sorteggio tra gli idonei” sparirebbe d’incanto la “militanza” finalizzata ad ottenere vantaggi per sé e per i propri amici.

Non varrebbe infatti più la pena di seguire per anni un dispendioso cursus honorum all’interno di una corrente che potrebbe rimanere improduttivo in presenza di un “sorteggio filtrato” affidato alle scelte del caso. Non ci sarebbe più bisogno di incontri notturni all’Hotel Champagne, un nome che è già di per sé un programma.

Intanto, mentre speriamo che qualcuno prenda in considerazione questa proposta illuminista, per il Procuratore di Roma confidiamo nel sequel, la terza puntata. Anche se, come sappiamo dai film, il sequel è spesso più scadente dell’inizio di una saga.

Guido Salvini (magistrato)


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