5 febbraio 2023

Vangelo antidoto contro una vita “sciapa” e incolore. L’esempio di Elena!

Per dire che un individuo è vero, trasparente, empatico, carico di positività e ricco di buoni propositi si afferma “Ma guarda che persona luminosa!”, così per sottolineare l’intelligenza, l’acume, la scaltrezza si sottolinea: “Quello lì ha proprio sale in zucca!”. Definizioni forse un po’ grossolane, ma che dicono come nel gergo popolare la luce e il sale siano elementi primari della vita dell’uomo e siano portatori di immagini positive. E non potrebbe essere altrimenti! Senza luce non c’è vita, non ci sono i colori, non ci sono volti, non ci sono spazi, tutto è avvolto nelle tenebre, nell’oscurità, nell’anonimato. Oggi il buio fa meno paura di una volta: grazie all’energia elettrica si può vivere e lavorare tranquillamente anche oltre il tramonto. Al tempo di Gesù non era così, quando calava la sera, a parte le lampade ad olio e le torce, c’era solo la luna ad illuminare la notte, che, solitamente era dominata dai briganti e dalle bestie feroci. L’alba era salutata come il ritorno alla vita e alle attività. La luce era, quindi, un bene prezioso che si attendeva con ansia!

Così come il sale che era un alimento importante non solo per dare sapore – quanto è triste una ministra insipida! – ma soprattutto per conservare il cibo. In Medio Oriente, dove il caldo è implacabile, il sale serviva a far sì che gli alimenti non andassero a male, non si decomponessero. Ancora oggi la retribuzione di un lavoratore dipendente viene chiamata “salario”, antica reminiscenza del fatto che i legionari romani venivano remunerati dall’Imperatore proprio con una razione di sale.

Utilizzando, dunque, queste due elementi – la luce e il sale – Gesù invita i suoi discepoli a vivere una vita scevra da ogni banalità, superficialità, bruttura, volgarità.

Una vita “luminosa e gustosa”, cioè appetibile e conveniente, è ciò che Cristo garantisce ai suoi seguaci. Il bello, infatti, dell’esperienza cristiana è che Gesù non ci promette solo – e scusate se è poco! – un futuro di beatitudine e di gloria nel suo Regno, ma già qui, ora, ci assicura che, se seguiamo la sua Parola, la nostra vita è subito trasformata, o meglio trasfigurata, nel bene. 

Egli, cioè, ci aiuta a vincere quell’ancestrale illusione che il peccato possa davvero renderci felici, che il peccato, cioè, sia l’unica risposta adeguata rispetto alla fragilità e alla finitudine della vita… alla morte! È, infatti, il terrore della morte che ci spinge tra le braccia del peccato: esso ci illude di poter anestetizzare questa paura depredando fino alle midolla la vita che viviamo, cercando un godimento immediato a scapito di tutto e di tutti, ingurgitando cose, cariche, onori, potere, gloria come se il presente fosse eterno e senza mai accontentarci perché il cuore non potrà mai saziarsi fino in fondo delle cose del mondo, lui che è fatto di Cielo… 

Cristo ci offre la soluzione contro questa maledetta tentazione di abbuffarci della vita: l’amore. Anzitutto il suo verso di noi: un amore immeritato e che quindi meraviglia e stupisce proprio perché inatteso, infinitamente grande e che mai sarà ritirato! E poi l’amore che ci invita a seminare attorno a noi nella consapevolezza che è l’unica forza in grado di realizzare appieno la nostra interiorità e a darci quella libertà che uno dei presupposti fondamentali per vivere una vita degna di questo nome.

Alcuni giorni fa ho partecipato, nella sempre bella chiesa di Sant’Ilario, al funerale di una giovane donna, Elena, madre di due figli che ebbi come ministranti durante i miei anni di vicario in questa parrocchia “popolare e popolosa” della città di Cremona.

Elena, solare e positiva, da diverso tempo combatteva contro un male incurabile cercando di non far pesare la sua sofferenza, lei che da sempre era il perno, il “motore” della famiglia! L’anno scorso il figlio più piccolo si è sposato con una festosa celebrazione sempre in S. Ilario: Elena era lì, il foulard in testa per coprire la testa martoriata dalle chemio, il passo stanco, i gesti un poco allentati, ma gli occhi pieni di gioia e commozione! Il suo desiderio era di vedere il suo ragazzo all’altare e di non far pesare per nulla la sua condizione sulla festa che Paolo e la sua sposa Ilaria meritavano in quel giorno. E fu una grande festa!

Elena ha lottato ancora circa un anno poi la mattina del 10 gennaio, alle 6.15, ho ricevuto un triste messaggio: “Ciao don volevo avvisarti che alle 4.50 di questa mattina mamma ci ha lasciati. Ti chiedo di ricordarla nella preghiera”.

Quelle poche parole mi hanno scaraventato indietro di vent’anni, nei ricordi di giovane e inesperto prete che si divideva tra “La Vita Cattolica” e la vita di parrocchia. Nei ricordi di Elena, che ha sempre avuto una marcia in più rispetto a tanti altri: un entusiasmo innato per la vita, una capacità di vedere sempre il bene, di trovare il positivo anche nelle situazioni negative, di smorzare gli angoli, una generosità sempre pronta e mai avara. Atteggiamenti naturali che nascevano da una fede semplice, mai ostentata, ma radicata nel cuore!

Al funerale mi hanno fortemente colpito e commosso le parole che i figli le hanno dedicato al termine della funzione, parole vere che dicono in maniera chiara, senza tanti fronzoli o teoremi filosofico-teologici - cosa vuol dire essere oggi “luce del mondo e sale della terra”. Parole che credono possano fare bene a tutti.

Quando eravamo piccoli, le rarissime volte che ti prendevi una febbre e ti assentavi per rimanere mezza giornata a letto, la situazione a casa si fermava: tutto sembrava quasi congelato, pendente, in attesa che tu tornassi a prendere in mano il timone domestico. Come quando da bambini, giocando all’oratorio, si spediva il pallone fuori in strada e tutto rimaneva sospeso finché qualcuno tornava dalle operazioni di recupero trionfante, con il grande assente sotto al braccio.

La tua capacità di essere motore discreto di qualsiasi gioco di cui entrassi a far parte è quasi mistica: una dedizione coinvolgente, un esempio stimolante, un sorriso trascinante che tramuta la titubanza altrui in azione efficace verso gli altri.

Potremmo parlare del percorso, del dolore, della tua forza che sorprendentemente superava di gran lunga quella di tutti noi, ma non renderebbe minimamente onore striminzire questi pensieri all’epilogo di un’esistenza così energica ed intraprendente, volta al bene collettivo o del prossimo.

In questo ultimo periodo il tuo oratorio, il tuo quartiere, i tuoi amici, i tuoi colleghi e tutta la tua gente sicuramente hanno avvertito la mancanza della tua dinamicità solerte, ma senza dubbio nessuno potrà mai dire di aver smesso di avvertire la tua energia inesauribile.

Ci hai trasmesso tanto, non potremo mai racchiuderlo in poche righe.

Ma quando vedrai i tuoi figli tirarsi matti spendendo tempo ed energie in qualcosa in cui credono, nello sviluppo di progetti rivolti alla propria comunità, dovrai metterti il cuore in pace e riconoscere che tutto questo ce lo hai trasmesso tu con la tua vita. 

Essere a disposizione. Stare in prima linea, facendo. Spendere sempre sé stessi, per gli altri.

Guardando noi, vedranno te. Ne siamo tanto orgogliosi. Ti vogliamo bene. I tuoi bambini”.

 

Claudio Rasoli


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