7 gennaio 2022

Dopo le feste con un po’ di tristezza arriva l’ora di disfare il presepe

Giorgio Bonali, poco prima del ricovero in ospedale, ci aveva inviato questo scritto del "suo" Baule dei ricordi. Con commozione lo pubblichiamo ricordandone la sua sensibilità e amicizia. La foto è quella dello splendido presepio realizzato quest'anno a Sant'Agata, la sua parrocchia. 

Nei giorni che seguono l’Epifania, giunge regolarmente il momento di disfare tutti gli addobbi che, con tanto entusiasmo, si erano preparati negli ambienti di gioco e lavoro, ma soprattutto in casa, nei giorni appena precedenti il Natale.

Ma ancora di più, bisogna disfare il presepe, che aveva segnato la particolare sacralità dei giorni appena passati e donato, perché no, un tocco di “magia”. 

Si prova il disagio di chiudere un periodo che è stato per tutti - almeno si spera -, ricco del piacere di ritrovarsi più disponibili verso gli altri, famigliari ed estranei, con la possibilità di godere un momento di riposo, o almeno di pausa, per il nostro essere.

Quando ero bambino, ricordo che cercavo sempre di ritardare il momento nel quale distruggere l’opera d’arte, che mia sorella più grande, “l'artista di famiglia”, aveva saputo realizzare col mio contributo rivolto a scartare le statuine e scegliere le più adatte alla dimensione del paesaggio. Ed era un’operazione delicata perché le statuine, quasi tutte ereditate da vecchi presepi di famiglia, risultavano molto fragili, col rischio sempre in agguato, di romper loro un braccio o, ancor peggio, staccare qualche testa. 

Ricordo che, nell’aprire i piccoli involucri, venivo attratto da ciò che era scritto 

sui pezzi di giornale dell’anno prima, usati per avvolgerle, e dovevano richiamarmi perché accelerassi nello svolgimento del mio compito. 

Pian piano, in quella vigilia che ormai sembrava lontana, la costruzione prendeva forma e si concludeva con l’accensione delle piccole luci, che avevamo distribuito nei punti più “animati”, e la posa, sul piccolo mucchietto di paglia, del Bambino Gesù.

Così, anni dopo, quando con i miei figli sono diventato io “l 'artista di famiglia”, si sono ripetute le stesse scene; loro mi sollecitavano a ritardare il più possibile il momento di disfare il presepe. Poi, con un po’ di tristezza, ci decidevamo a prendere giornali freschi, a tagliarli in rettangoli più o meno regolari, ed una ad una, si incartavano le statuine, lasciando per ultime quelle presenti nella grotta ed i Re Magi che, gradualmente, avevano percorso tutto lo spazio, fino a giungere davanti alla grotta, il giorno dell’Epifania. 

In un sacchetto si raccoglieva tutta l’erba finta e, in una cassetta, si conservavano i pezzi di legno e di “marogna” che sarebbero sicuramente serviti l’anno successivo. 

Questo era il rito che segnava la fine di tutte le feste, che avevamo tanto attese; ora potevamo solo sperare ritornassero l’anno successivo, portandoci altrettanta serenità di spirito. Oggi non so se questi intimi e magici momenti famigliari si ripetano con gli stessi sentimenti di allora; me lo auguro di tutto cuore, e dico ai miei figli che vorrei tanto avere il tempo per verificarlo con i miei nipotini.

Giorgio Bonali


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commenti


Anne-Marie

9 gennaio 2022 12:21

bellissimo testo di Giorgio Bonali (mio cognato), pieno di sensibilità e di nostalgia del tempo passato