23 agosto 2024

Quando c'era la naja. Malanni fisici accentuati o inventati: «Abile e arruolato». E parte l’avventura

Confesso di aver fatto di tutto per non superare la visita militare, nella speranza di essere scartato e lasciato tranquillamente a casa; sono riuscito a farmi dichiarare rivedibile per ben due anni, dichiarando tutta una serie di malanni fisici inventati o veri, ma accentuati fino all’esagerazione. 

L’unico risultato è stato quello di aver dovuto sfilare per ben tre volte, nudo come un verme, davanti ad una commissione medica che mal sopportava i patetici tentativi di mostrarsi irrimediabilmente malati, per poi sentirmi dire un secco “abile e arruolato”. 

Così in un’uggiosa serata autunnale (era la sera del 4 novembre) ho dovuto presentarmi alla stazione di Como, dalla quale sarei stato condotto in caserma presso il Centro Addestramento Reclute. 

Sul treno da Milano a Como, semideserto, vagavano alcuni giovani ben vestiti che cercavano di apparire normali viaggiatori di ritorno a casa dopo una giornata festiva trascorsa nella grande città, desiderosi di mascherare la loro vera destinazione. 

La domanda che mi ponevo era sul come avrei potuto trovare l’incaricato che ci avrebbe portati in caserma e, parlando con un cremonese che conoscevo di vista, un elegante giovanotto della cosiddetta “Cremona bene” che vedevo di frequente durante le “vasche” sotto la Galleria in compagnia di belle ragazze, mi accorsi che anche lui si poneva lo stesso quesito. Una volta giunti a Como, appena scesi dal treno, la voce tonante di un sergente in divisa che invitava ad allinearci lungo il marciapiede della stazione, ha risolto ogni problema: eravamo perfettamente riconoscibili come reclute, anche se “in divisa” da civili. Seduti sulle panche di un autocarro militare, abbiamo attraversato la città deserta fino ad entrare nel cortile di quella che sarebbe stata la caserma per i successivi due mesi di “addestramento”. Lungo tutta una serie di locali scarsamente illuminati, siamo stati condotti in un magazzino per il ritiro delle lenzuola e di una coperta da usare per la nostra branda, posta in una gran camerata già quasi piena d’altre reclute dormienti. “Prendetene una libera, poi svelti a dormire” concluse il nostro sergente accompagnatore, lasciandoci un poco storditi in quel grande ambiente illuminato solo dalle luci esterne del cortile. 

Avevo già avuto occasione di rifarmi il letto e, senza difficoltà, ancora una volta l’ho preparato per poter dormire anche in questa nuova situazione: ma la serata non voleva finire. Il cremonese che avevo conosciuto durante il viaggio, aveva scelto una branda accanto alla mia e stava seduto sul bordo immobile, piangendo sommessamente perché, diceva, “non so da che parte cominciare con queste lenzuola”

Provai una certa compassione per lui e rifeci anche il suo letto, pur di far cessare il pianto all’elegante giovanotto della “Cremona bene”: era il 4 novembre di tanti anni fa e così era cominciata la “grande avventura” del servizio militare. (1-continua)

Giorgio Bonali


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