Quel S.Omobono del '46, la solenne processione con 50mila fedeli
O Padre, o tutela gentil di Cremona,
festoso il tuo nome fra gli inni risuona
scampati i tuoi figli da mille perigli
degli imi, del grandi ti acclaman i cor.
Discordie ed errori
ne sgombra dall'alma,
ridona la calma, la pace, l'amor.
La nuova cittade rendesti
all'antica
Cessando lo scempio
d'ogni ira nemica;
nell'orrida guerra
fa salva la terra del santo
tuo regno da piede invasor.
Discordie ed errori ne sgombra
dall'alma,
ridona la calma, la pace, l'amor.
Queste le prime di cinque strofe che il sacerdote prof. Giuseppe Ravasi ha scritto per l'inno a S. Omobono, musicato dal maestro di cappella della Cattedrale Federico Caudana ed eseguito per la prima volta all'inaugurazione dell'arca per il corpo del Santo: era il 25 aprile 1922 e i cremonesi potevano compiere quanto promesso dopo la disfatta di Caporetto del 1917 quando, riuniti nel Duomo in preghiera, si erano impegnati a realizzarla "se avesse consentito alle armi italiane di riprendersi".
Così racconta il fatto Luciano Dacquati nel suo prezioso libro: "Ròbe de 'na volta" ricordando anche come il testo dell'inno a S. Omobono sarà poi modificato nella versione generica, senza specifici riferimenti alla guerra, che viene usata ancora oggi.
Interessante era anche il contenuto della seconda strofa che ricordava come l'intervento diretto di Omobono era riuscito ad evitare la guerra civile tra i Guelfi con sede in palazzo Cittanova e Ghibellini che avevano come centro il Palazzo Comunale.
La bella foto che ci è stata regalata e che riproduciamo oggi (purtroppo non ne conosciamo l'autore) ricorda la solenne processione del 13 novembre 1946 per le strade cittadine alla presenza di circa 50.000 persone, come riferiscono le cronache, e rappresenta il momento del ringraziamento da parte della città al suo santo protettore.
Abbiamo un personale ricordo di quella mattinata essendo anche noi, bambini della parrocchia Cattedrale, chiamati da monsignor Carlo Boccazzi a precedere il corpo del Santo cremonese e ricordiamo ancora l'entusiasmo della gente, sia di quella in processione che di quella ancora più numerosa assiepata lungo il percorso, nel canto a piena voce dell'inno "O Padre, o tutela". E' interessante notare l'abbigliamento dei giovani chiamati a spingere il carrello predisposto per il trasporto della pesante urna, tutti con il cappotto lungo, magari ereditato dal loro padri: erano tempi di ristrettezze ed un indumento del genere, solitamente di un robusto tessuto di lana, era destinato a vestire, tra aggiustamenti, tessuti rivoltati e tinture di rinfresco, più generazioni della famiglia.
Del resto era tradizione, fino a qualche decennio fa, mettere in fondo a molte chiese di città e campagna un grande paniere dove i fedeli potevano depositare indumenti caldi per l'inverno, da distribuire ai poveri nella metà di novembre quando il clima comincia a diventare rigido; non per niente viene ancora usato il detto in puro cremonese, come lo è questo nostro Santo, che ricorda come "Per san Mubòon töti i stràs i sèent de bòon".
Ci sono anche gli scout, solennemente impettiti nella loro divisa, a fare guardia d'onore al corpo di sant'Omobono: sono i giovani del Reparto Esploratori Giovanni Cazzani (il vescovo aveva autorizzato che prendesse il suo nome) del Gruppo Cremona 1 di Borgo Loreto fondato nel maggio 1946 da Umberto Cariani.
La fotografia è scattata al passaggio dell'urna davanti alla porta centrale di accesso della Cattedrale e ci mostra il protiro da poco liberato del muro di sostegno che era stato eretto negli ultimi anni di guerra a protezione da azioni aeree.
Per noi è l'occasione di ricordare questo laico che è stato considerato dai cremonesi già santo in vita, cremonesi che alla sua morte nel 1197, avvenuta mentre era in preghiera nella chiesa di S.Egidio, ne hanno richiesto la proclamazione di "santo subito" costringendo il vescovo Sicardo a recarsi a Roma dal Papa Innocenzo III il quale, dopo aver ascoltato i testimoni, proclamò Omobono santo con la bolla ufficiale "Quia pletas" del 13 gennaio 1199 nella quale il nostro patrono viene definito "Pacificus vir".
Ancora oggi possiamo con orgoglio citare una frase di una vita del Santo scritta nel 14° secolo in lingua volgare che dice: "Godi, alegrate, o ciptà cremonese, la qual ay meritato tal ciptadino nel supremo regno aver per avocato".
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