Quando c'era "La Provvida" sulle rotaie: lo spaccio mobile dei ferrovieri
Nei primissimi anni del dopoguerra, ricordo come periodicamente mia madre, prendendomi per mano, mi volesse con lei per far spesa alla “Provvida”; nell’andare ero io a portare la vecchia borsina di tela grezza, di un colore indefinito, con dentro una bottiglia vuota di quelle con tappo a leva e col gommino che ne permetteva una chiusura ermetica, uguale a quella che si usava a quei tempi per preparare la cosiddetta “acqua di Vichy”, l’acqua mineralizzata con le polverine; per me era anche l’ennesima occasione di “vedere i treni”.
Debbo spiegare cosa fosse questa Provvida; si trattava dell’antica cooperativa dei ferrovieri che vendeva generi di ogni tipo, sia cibo che bevande che articoli per la pulizia della casa. Questa cooperativa era presente negli scali ferroviari più importanti (forse la nostra stazione era fra questi per la presenza, durante il fascismo, del “ferroviere” Farinacci) con uno spaccio come quello di Cremona, riforniti periodicamente da carri grigi con la grande scritta gialla ombreggiata “La Provvida delle rotaie”; questi carri venivano usati anche per il rifornimento e la vendita diretta nelle piccole stazioni. In quegli anni lo spaccio si trovava nel fabbricato della stazione ferroviaria, all’estrema sinistra guardandone la facciata, ed all’interno non dava l’impressione di un grande assortimento, ma nello stesso tempo, secondo quanto sentivo dire in casa, si trattava di prodotti di qualità a prezzi vantaggiosi per i bassi stipendi dei ferrovieri del tempo.
Credo che mia madre acquistasse quasi tutta la varietà disponibile: innanzitutto faceva riempire la bottiglia di un olio d’oliva molto denso e verde scuro proveniente dalla Liguria; poi da un grosso cartoccio di zucchero incartato nella carta che aveva preso il nome dal prodotto, carta che ogni tanto si rompeva, per cui dovevamo raccogliere parte dello zucchero nel sacchetto di tela; poi ancora una confezione di spaghetti lunghi, quelli doppi col giro ad anello, voluto per poterli appendere ad essicare, provenienti dal napoletano, confezionati anche loro in una ruvida carta blu; infine un sacchetto di detersivo per facilitare il bucato a mano. Il ritorno prevedeva il trasporto della borsina da parte di mia madre, sia per il peso che per il rischio di rottura che la bottiglia di olio presentava e che io, bambino, non davo garanzie sufficienti che potesse arrivare a casa indenne.
Dopo alcuni anni lo spaccio venne spostato in una bottega di fronte alla stazione, migliorato nell’arredo ed arricchito di altri prodotti che forse non dipendevano più dal solo rifornimento diretto della cooperativa; ma i tempi stavano cambiando e l’esperienza della Provvida a Cremona, finì: aveva perso la particolare attrattiva avuta negli anni “difficili” del primo dopoguerra. Rimane, però, un esempio importante dello spirito di corpo che per tanti anni ha pervaso i ferrovieri, una categoria di lavoratori che, pur nelle ristrettezze economiche di quei tempi, ha saputo gestirsi dignitosamente con sobrietà e nella solidarietà...e lo dico da figlio di ferroviere, con tanta riconoscenza per mio padre e per tutti i suoi colleghi che ho avuto modo di conoscere.
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