Festeggiare l’ultimo dell’anno alla cooperativa Donati in Ceresole
Chi è stato giovane alcuni decenni fa, può capire questo racconto, relativo ai fine d’anno di un tempo: i più giovani, nel caso mi leggano, sono invitati a sorridere con moderazione.
Erano allora di moda le “festine”, che si svolgevano sempre a casa della ragazza con i genitori meno permissivi, quelli che preferivano ospitarci e poter tenere sott’occhi la figlia, piuttosto che lasciarla uscire, per andare in un’altra casa meno controllabile.
Molte volte il giochetto di finire ospiti, non funzionava; così bisognava inventare qualche altro trucco.
Uno dei più diffusi, nel mio gruppo di amici, era quello di dichiarare, parecchi giorni prima, che non si sarebbe partecipato ad alcuna festa, perché si era deciso di andarcene a dormire presto, senza nemmeno aspettare la mezzanotte per brindare al nuovo anno.
E si infiorava questa dichiarazione, con profonde motivazioni ideali, di contrasto radicale alle mode imperanti, che obbligavano tutti ad agire alla stessa maniera.
Quasi sempre il trucco reggeva e, all’ultimo minuto, arrivava ad ognuno dei “ribelli”, un gentile invito a sacrificarsi, per evitare che ad una delle feste già organizzate, i partecipanti risultassero spaiati. Con lo spirito di sacrificio che ci muoveva, si verificava che non rimanesse a casa alcun amico tra quelli che avevano dichiarato la loro ribellione all’ultimo dell'anno: in caso contrario era facile pretendere che l’invito venisse allargato. Così ci si vestiva il meglio possibile, si prendeva velocemente una stecca del torrone che era stato regalato in famiglia, tanto per non presentarci a mani vuote, e si arrivava a festa iniziata, accolti come salvatori della patria. Infine, qualche volta, ci si impegnava seriamente, per far sì che la festa assumesse un carattere nettamente diverso dalla solita parata di musiche lente, da ballare osando deliziosi cheek to cheek, e dal botto dello spumante a mezzanotte: per questo ci si dava appuntamento, senza impegno, in piazza (per noi allora era sufficiente questa indicazione per ritrovarci al freddo di piazza del Duomo) dove, chi aveva più fantasia o autorità sul gruppo, inventava come arrivare lietamente a superare la fatidica mezzanotte. Due volte si provò ad improvvisare e di una, in particolare, mi rimane uno splendido ricordo. Quell’anno, chi sapeva strimpellare uno strumento musicale, venne invitato a portarlo: ci trovammo con una fisarmonica, una chitarra, un flauto e una coppia di tamburelli.
Dopo aver improvvisata un po’ di musica sotto i portici del Comune, l’importante era far sentire che c’eravamo, capimmo che il gelo era così intenso, da non permetterci una lunga resistenza.
Ci ricordammo allora della “Donati”, una cooperativa in via Ceresole, proprio dietro al Duomo, una vecchia osteria molto spaziosa. Entrammo, facendo molto rumore, in un gruppo di quasi trenta tra ragazzi e ragazze, creando un po’ di scompiglio nella ventina di anziani, uomini e donne, che in religioso silenzio, aspettavano la mezzanotte, con davanti un bicchiere e un mezzo litro di rosso. Quando capirono che eravamo entrati per festeggiare assieme a loro, questi “nonni” presero vita e, stimolati da noi, cominciarono a ballare valzer e mazurche tra di loro e, dopo un po’, facendo coppia con noi giovani. Da quel momento andarono a gara ad offrirci da bere e noi, scarsamente abituati al vino, rischiammo una solenne sbornia collettiva. Ricordo quella notte, per una sana allegria che ci coinvolse tutti: credevamo di essere andati per portarne agli anziani, ma poi ci accorgemmo, che loro ne avevano procurata altrettanta a noi, forse ancora di più. È un bel ricordo quello che vi ho raccontato: a volte mi viene il dubbio che sia stato un sogno. Buon anno a tutti.
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