11 febbraio 2021

Il diario di Adriano Zana nelle miniere del Belgio tra lacrime e grisou

Quando soffriamo deve esserci un istinto ad accostare i contrari, come il buio e la luce, è il bisogno di sperare sempre”. Adriano Zana è un ragazzo cremonese che ha 21 anni nel 1948, 21 anni un diploma di scuola media superiore e la voglia di mettersi in gioco dopo aver vissuto il dramma e la distruzione della guerra. Adriano, come tanti altri, cerca un'opportunità, una possibilità per potersi trasformare da adolescente a uomo maturo che si fa carico delle proprie responsabilità.

Di certo coloro che hanno vissuto la loro adolescenza durante la guerra hanno dovuto imparare alla svelta cosa significa la parola “responsabilità”, hanno imparato a sopravvivere tra le avversità peggiori e a far tesoro di quei piccoli ma importanti avvertimenti che, volente o nolente, le privazioni dei un conflitto spaventoso si portano dietro. Adriano non riesce ad aspettare che il suo diploma di Scuola Superiore lo aiuti a trovare un lavoro, sa bene che la situazione economica italiana è disastrosa, ha capito che rischia di far passare mesi alla ricerca di un lavoro che lo sostenga e che gli faccia fare quel grande passo tra l'adolescenza e la giovinezza, passo che spesso neanche un diploma riesce a far fare.

La scelta di Adriano sarà quella che in quegli anni molti adolescenti o uomini già maturi faranno per non aspettare un lavoro che forse non sarebbe mai arrivato: quella di mettersi pazientemente in fila davanti all'ufficio Emigrazione per il Belgio dove li attendeva un lavoro in miniera ma, come spesso capita agli ultimi arrivati, sul fondo della miniera, il posto peggiore. Il ragazzo cremonese si prepara e ci riflette sopra per alcuni giorni, per capire cosa aspettarsi da quel mondo buio, pieno di fatica e polvere legge il Germinale di Emile Zola, un'opera dedicata agli uomini e al loro devastante lavoro in miniera che li porterà a ribellarsi compiendo azioni estreme. Adriano racconta nel suo breve diario il pianto che lo assalirà dopo tre giorni nelle viscere della terra a scavare carbone, un pianto immotivato, un pianto che racconta di come il repentino cambiamento della vita dalla tranquilla Cremona al buio di una miniera in Belgio rappresenti quel passaggio tra adolescenza e età matura che a volte molte persone si rifiutano di fare. Quella avventura all'estero, quella possibilità di vedere posti nuovi e di fare nuove conoscenze viste con gli occhi di un ragazzo di 21 anni si scontra con i rischi di un lavoro devastante tra gli enormi rischi di crolli e il pericolo rappresentato da quel silenzioso gas, il grisou, che nelle miniere porta esplosioni ed incendi spesso fatali per i lavoratori. I primi giorni di Adriano sono il pianto, quel lento sgorgare immotivato di lacrime che raccoglie la tensione nervosa per i pericoli delle miniere, pericoli per i quali i tuoi sensi devono sempre essere affinati; i rumori, gli odori ma anche i silenzi rappresentano un pericolo costante in una miniera, per cui i pochi momenti di riposo diventano l'unico istante in cui le tue gambe, le tue braccia e i tuoi sensi non sono rivolti al lavoro ma a cercare di capire e riconoscere i pericoli che le viscere dense di carbone portano con loro.

L'abitudine quotidiana alle profondità e a quel lavoro renderà più facile fare quella scelta, quella sorta di rito di passaggio tra l'adolescenza e l'età adulta, passaggio che non ammette la possibilità di tornare indietro, passaggio che lega i pensieri di Adriano – e di migliaia di italiani in quegli anni – alla speranza di poter rivedere e rivivere i colori di Cremona e del fiume Po.

Marco Bragazzi


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