1938 l'architetto Paul Krucken in missione in Italia, scelse di fotografare i cittadini immersi nella Cremona storica
Venerdì 4 marzo 1938, a Cremona, aveva piovuto, forse non tantissimo, forse solo un piccolo scroscio d'acqua che aveva lasciato qualche piccola pozzanghera, niente di preoccupante sia per la viabilità che per i cittadini. L'orologio appeso all'angolo di via Solferino verso piazza del Duomo, con tanto di pubblicità sottostante, sembra fissare l'orario intorno alle quattro del pomeriggio, di solito quegli orologi fanno un lavoro molto importante, raccontano lo scorrere del tempo ai passanti, non si fermano mai di giorno come di notte, il loro lavoro è ricordare l'ora e il negozio che offre quel – sempre necessario – servizio. Sopra l'orologio un lampione sembra messo lì in maniera funzionale per illuminarlo anche nelle ore più buie, però non si capisce bene se la piccola luce serva per garantire la visibilità di quel tratto di strada o della scritta appesa sotto il quadrante. Potere della pubblicità o tutela della sicurezza cittadina poco conta, oggi quel lampioncino e quell'orologio non ci sono più, il resto è rimasto, bene o male come circa 90 anni fa. Paul Krucken girava per la città di Cremona con una macchina fotografica alla ricerca di quegli angoli di arte che, spesso, solo le città italiane sanno offrire. Aveva circa 50 anni in quel giorno di marzo il protagonista di questo piccolo racconto, un racconto che si presenta con tre fotografie tutt'altro che nuove nei contenuti, ma che di certo hanno una storia, anche loro, da raccontare. Come fotografo Paul si considerava un dilettante, nonostante da oltre 30 anni immortalasse buona parte del patrimonio artistico tedesco e venisse accreditato come un fotografo di livello; come lavoro, in realtà, era un architetto che lavorava per l'Ufficio della Conservazione dei Monumenti di Colonia, la sua città. Aveva un profilo basso come fotografo, un profilo tipico da turista seppur esperto, in Germania fotografava palazzi, statue, insomma quelle immagini da cartolina dove le emozioni che dovrebbero trasmettere sembrano perdersi in confronto con la precisa geometria che devono rappresentare. Le istantanee di Paul, scattate fin dal primo decennio del XX secolo, sembravano più idonee, debitamente ingrandite, soltanto per venir appese nello studio di qualche burocrate o nelle case di quei cittadini tedeschi i quali, mediamente, amavano il patrimonio artistico che li circondava. Un perfetto mix tra anonimato da macchina fotografica e la possibilità di poter proporre un buon motivo di discussione sulla architettura quando una persona si mette ad osservare una delle immagine ingrandite. Ad inizio febbraio del 1938 Krucker viene convocato in ufficio a Colonia, la Germania e l'Italia stavano vivendo una alleanza che, oltre ad essere politica, doveva essere rappresentativa del percorso storico di entrambi i paesi. La bilancia, in questo caso, pendeva tutta a favore dell'architetto tedesco; lui aveva già fotografato buona parte della storia architettonica tedesca, dal Tirolo a Brema, da Berlino a Colonia, per l'Italia, però, era ancora ai blocchi di partenza. Gli affidarono una missione quelli del suo Ufficio, una missione semplice e piacevole, una missione che doveva essere in linea con la crescente alleanza tra i due paesi. Paul avrebbe passato 18 giorni in Italia per visitare e fotografare tutti i monumenti che riteneva interessanti, il suo compito era preciso, va bene Venezia o Firenze ma vanno meglio anche Cremona, Brescia o i castelli in Val d'Arda. 18 giorni, 180 fotografie in totale, non una di più non una di meno, nessuna proroga e nessuna eccezione. Il viaggio di Paul doveva essere una scoperta, un qualcosa di nuovo un qualcosa da poter mostrare agli studenti di architettura come a chiunque, in Germania, fosse interessato alla bellezza storica italiana, cioè praticamente quasi tutti i cittadini. Krucker prende alla lettera la sua missione, gira, corre, fotografa, arriva a Cremona e si rende conto che, da quasi un secolo, architetti e storici tedeschi hanno immortalato piazza del Duomo o altro da ogni angolazione possibile. Paul è in minoranza, rischia di tornare a Colonia con un doppione cremonese poco utile rispetto a quelli che l'avevano preceduto, decide così di concentrarsi sui cittadini cremonesi presi a caso, cittadini immersi con naturalezza in piazza del Duomo. Verranno fuori 3 immagini che raccontano moltissimo di Cremona; l'occhio cade su una signora, quasi protetta dai due leoni, che sta entrando in Duomo seguita da una ragazzina con le calze bianche arrotolate, dai cappelli con la tesa degli uomini che osservano il fotografo fino ai passanti che percorrono, quasi di fretta come ogni tipica giornata cremonese, via Solferino. Dalle immagini di Krucker spariscono il Torrazzo ma appare una macchina sta sbucando in piazza del Duomo passando sotto l'orologio e il lampioncino, sparisce una Cremona da propaganda per trovare una città abitata da coloro che la vivevano con semplicità giorno per giorno, forse il modo migliore per poterla apprezzare. Il viaggio di Paul non verrà mai raccontato per un decennio almeno, l'architetto rientrerà a Colonia il 12 di marzo, il giorno dopo Hitler annuncerà, in pratica, l'inizio della Seconda guerra Mondiale annettendo i Sudeti alla Germania. L'escalation verso lo scontro armato è ormai inevitabile e il lavoro di Paul rimane parcheggiato negli archivi per lustri, una escalation allora evitabile ma che dovrebbe servire come monito anche nel 2024, perché tornare indietro è sempre possibile, basta osservare la vita quotidiana con o senza una guerra.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
commenti
Vittorio Foderaro
15 agosto 2024 18:32
Ben interpretato il significato di "istantanea". Bel manifesto storico.
ennio serventi
16 agosto 2024 16:53
La macchina è sicuramente una FIAT "Topolino".Il lampioncino potrebbe far parte della illuminazione-richiamo esterna del bar. Di questo si vedono le due vetrine. Il nome non lo ricordo ma potrebbe essere lo stesso della via