21 febbraio 2021

Segreti militari dimenticati sul treno, guai per un cremonese nel 1941

L'ispettore Hercule Poirot aguzzava gli occhi e l'ingegno mentre si spostava tra le carrozze per cercare di mettere a fuoco il misterioso delitto che legava i viaggiatori del celeberrimo Orient Express. La penna della impareggiabile Agatha Christie che diede vita al best seller “Assassinio sull'Orient Express” raccontava, tra i ritmici saltelli del treno sulle rotaie e il ristorante di prima classe, di come i protagonisti del suo libro dipanavano la matassa che aveva come punto centrale un crimine commesso all'interno dell'elegante e romantico treno che attraversava i Balcani.

La versione cinematografica del “libro giallo per eccellenza” è stata, a sua volta, un'eccellenza della celluloide con Albert Finney che ascoltava o interrogava Lauren Bacall, Ingrid Bergman, Michael York e Sean Connery impegnati a raccontare o a giustificare tempi e azioni durante la loro permanenza sul treno. Come in ogni libro giallo che si voglia definire tale la trama deve seguire sempre un filo logico senza mai far trasparire la soluzione, ma se Agatha Christie diede alla luce la sua opera nel 1934 possiamo fare un salto in avanti al 9 marzo 1941 e trovare un treno e una trama che potrebbe far impallidire la “regina” dei gialli.

Nel 1941 l'Italia è in guerra: soldati al fronte, segreti da mantenere tali, propaganda in ogni angolo e l'OVRA, la polizia segreta, pronta ad arrestare e a denunciare al Tribunale Speciale chiunque andasse contro i dettami del periodo bellico. Nel 1941 il treno Torino – Milano del pomeriggio non era, verosimilmente, romantico come l'Orient Express ma tra i vagoni autarchici del periodo si svilupperà un crimine che vedrà protagonista un cittadino della provincia cremonese che chiameremo A.A. Questo cremonese ha 35 anni, è impiegato negli uffici tecnici presso l'acciaieria Cogne di Aosta che, come, tutte le aziende italiane di allora, è impegnata a sostenere lo sforzo bellico. A.A. è un uomo “di stato libero” come appare sui documenti dell'inchiesta aperta dal Tribunale Speciale, ovvero non è sposato e quindi senza particolari legami da giustificare tra le mura domestiche o in un tribunale. Il nostro protagonista porta con sé una valigetta che contiene segreti militari, fogli delicati e segreti con calcoli balistici riguardanti un nuovo tipo di pittura protettiva per proiettili di grosso calibro che stanno sviluppando alla sede della acciaieria Cogne.

La sua missione? Portare la preziosa valigetta a Milano e consegnarla agli uffici preposti, niente scorte, niente permessi speciali o licenza di uccidere, solo una missione sullo stile di quelle che portano James Bond a viaggiare in tutto il mondo incontrando su spiagge assolate ragazze come Ursula Andress. Agatha Christie, Ian Fleming o Ellery Queen, a questo punto, avrebbero trasformato quel viaggio in treno in un libro dai contorni fantastici in grado di tenere incollato per ore il lettore alle pagine dell'opera. Ma siamo nella Pianura Padana nel 1941 non ai Caraibi e A.A. non riuscirà a portare a termine la missione anzi, alla stazione centrale di Milano sarà costretto a rivolgersi al commissariato di Polizia per denunciare la scomparsa della preziosa valigetta per finire nelle mani dell'OVRA e del Tribunale Speciale. Le accuse nei suoi confronti diventano pesantissime, spionaggio, tradimento, scambio di segreti militari, accuse per le quali l'OVRA vuole vederci chiaro. A.A. viene interrogato a Milano, interrogatorio riservato ai sospettati di tradimento, lui racconta la sua versione dei fatti, tanto incredibile da diventare credibile, versione che però verrà omessa dai documenti del Tribunale Speciale. Dove ha fallito l'agente cremonese “molto poco speciale” A.A.? Dimentichiamoci i servizi segreti inglesi o americani, lasciamo perdere barbe finte e documenti falsificati, non pensiamo a feroci combattimenti corpo a corpo, anzi no, il cremonese un corpo a corpo tutt'altro che feroce lo aveva avuto ma con una affascinate ragazza, verosimilmente una adescatrice, che lo aveva invitato nella toilette del treno mentre una complice svuotava lo scompartimento dell'impiegato portandosi via, ahimè per lui, anche la preziosa valigetta.

Non siamo a conoscenza se quella ragazza fosse dotata dello stesso fascino di Ingrid Bergman o di Lauren Bacall, di certo aveva quel tanto che bastava per portare A.A. dallo scompartimento di un treno alle mani dell'OVRA e poi davanti al Tribunale Speciale. Il dibattimento in aula fu magnanimo, gli omissis celano il racconto del cremonese che, più che una spia, è stato capace di cadere nella classica “trappola di Venere”, trappola che Ian Fleming o Elley Queen consideravano già vetusta ai tempi degli antichi romani. Il verdetto sarà una timida tirata d'orecchie giustificata da “un colpo di sonno e una distrazione” avuti dallo sventurato cremonese, cittadino esemplare sempre ligio al dovere, con il giudice in grado di asserire con certezza che la borsa venne presa da “persone insospettabili e per nulla intenzionate alla conoscenza del documento in essa contenuto”. Di certo la adescatrice con la complice avranno avuto una paura tremenda trovando nella borsa documenti e calcoli con la scritta “Segretissimo” invece di qualche oggetto da rivendere ma, di certo, avranno pensato bene di distruggerli donde evitare di trasformarsi da ladre a spie con tutti i problemi del caso. Il crimine non paga, racconta il vecchio adagio, ma almeno A.A. poteva evitare di lasciare la valigia nello scompartimento.

Marco Bragazzi


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