Il giallo dello Stradivari della mafia americana (Frank Calabrese), i delitti, la beffa e quel prete che finì in prigione
Quello Stradivari da non credere. A volte la realtà va oltre l'immaginazione e la liuteria cremonese, simbolo d'arte e del talento dell'uomo, finisce in tribunale.
Mettiamo le prove sul banco e specifichiamo subito che gente come Stradivari, Amati e loro colleghi, pur non avendo vissuto in tempi tranquilli, non erano di certo come Michelangelo Buonarroti che entrava in campo alle partite di calcio con un coltello nascosto sotto la camicia per risolvere le dispute arbitrali a modo suo. I cremonesi sono mediamente abituati nel sentir parlare in diverse parti del mondo di qualche violino cremonese finito in aula perché rubato, copiato o riciclato e, come spesso accade, l'abitudine genera un naturale e ovvio distacco da notizie simili. Sono talmente abituati a certe notizie da capire che, visto il valore di questa eccellenza cremonese, i mariuoli animati da poco oneste intenzioni spuntano come funghi nella speranza di fare il colpaccio e portare a casa qualche milione di euro o dollari grazie alla scritta “Made in Cremona”.
Questa volta, però, non seguite in maniera distratta la notizia di uno Stradivari in tribunale perché la storia di questo violino è qualcosa che farebbe impallidire Alfred Hitchcock e Robert Ludlum. Frank Calabrese Senior è morto in carcere nel 2012. Frank era un “mob”, ovvero un padrino della mafia di Chicago, padrino che imperversava nelle aree centrali della “città del vento” e che venne riconosciuto colpevole di almeno 13 omicidi compiuti con strangolamento o taglio della gola.
Frankie “Brezza” Calabrese Sr. passerà gli ultimi 20 anni circa della sua vita in una cella dopo essere stato arrestato nel 1995 insieme a molti altri boss e venir condannato a quasi 100 anni di prigione. Come “erede” della celeberrimo Sindacato del Crimine di Chicago gestito ai tempi da tale Al Capone, Frank era diventato Re del racket del gioco d'azzardo e delle estorsioni ma, dopo il suo arresto, “Brezza” era soggetto ad un regime restrittivo in carcere, dove poteva ricevere regolamene solo le visite dal cappellano della prigione, Eugene Klein. Negli anni tra i due si formerà un rapporto di rispetto reciproco nato, ovviamente, dal ruolo di confessore che il reverendo Klein aveva nei confronti del boss.
La crescente fiducia e la forza del segreto confessionale porteranno Frank ad informare il cappellano che, nella sua casa delle vacanze in Wisconsin, il boss aveva nascosto un violino Stradivari. Non era uno Stradivari “qualunque” gli raccontava Frank, ma lo Stradivarius di Valentino Liberace da milioni di dollari, esatto quel Liberace che negli anni '50 e '60 era l'artista più pagato al mondo e che, con la sua orchestra, faceva impazzire gli studi televisivi e le hall dei grandi alberghi insieme a Elvis Presley o Barbra Streisand.
Il biglietto di Frank, nascosto tra le pieghe dei fogli per la confessione, per padre Klein è chiaro, “Vai di sopra al secondo piano, la prima porta a destra ha molti letti. Quando entri in quella camera da letto vai a destra, c'è una piccola porta estraibile alta circa 3 piedi e mezzo. Assicurati di avere una piccola torcia con te così puoi vedere. Svolta a destra quando entri in quella piccola porta estraibile. Vai fino al muro. È lì che si trova il violino, lo Stradivari”.
L'atmosfera del carcere e il metodo usato per questo scambio di informazioni ricorda qualcosa che va oltre il valore di un violino cremonese, sembra di rivivere gli sguardi bassi e le occhiate d'intesa tra spie nella Berlino Est degli anni '60, quando la Stasi e il Kgb si organizzavano per poter mettere le mani su quel foglietto e far chiudere l'intera rete di spionaggio nemico. A garanzia della proposta di Frank padre Klein si ricorda che, nel 2010, in una intercapedine di una delle case del boss a Chicago, la polizia aveva trovato più di un milione di dollari tra contanti e gioielli. Un bel tesoro ma nulla in confronto allo Stradivarius di Liberace.
Padre Klein si mette all'opera, il piano è semplice e attuabile in poco tempo, contatta l'agenzia immobiliare che ha in carico la vendita di una delle case vacanza di Frank, la sua idea è quella di un sopralluogo per l'acquisto per potersi infilare in quella stanza segreta dove, in una custodia, avrebbe trovato il suo bottino. Frank è scomparso da poco e quindi il segreto, quel segreto confessabile ad un reverendo ma non ad una giuria, non poteva essere condiviso più con nessuno.
Padre Klein si presenta all'appuntamento con il venditore, entra nella casa e chiede di poter fare un giro da solo, trova la porta nascosta, ci si infila dentro ma l'intercapedine è vuota. Abbacchiato e frustrato per non poter più chiarire con Frank la nuova destinazione del pregiato pezzo cremonese esce dalla casa dove trova l'FBI che lo aspetta. Non sono bei momenti, perché le accuse nei suoi confronti diventano molto pesanti, rischia fino a 10 anni di carcere per aver fatto parte di un complotto con un capo mafia. Forse era meglio la Stasi a Berlino Est.
Parte il processo a carico del reverendo con quelle accuse che pesano parecchio, Klein verrà condannato a tre anni di libertà con condizionale sotto la supervisione federale, controllo tramite cavigliera elettronica e 200 ore di servizi sociali obbligatori. Il giudice, osservando l'imputato gli farà presente che, secondo le ricerche degli agenti federali, il violino di Frank non era una Stradivari ma un Giuseppe Antonio Artalli del 1780 circa, un violino di certo raffinato ma non paragonabile sia come valore che come qualità a quelli dell'Antonio da Cremona. Ma Hitchcock avrebbe saputo fare di meglio?
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